Salvatore Giacopello |
MARIANO CUPPULERI*
Vorrei dire due cose su Salvatore. La prima, di carattere generale, che riguarda
tutti noi. Sia chiaro, e dobbiamo esserne tutti consapevoli, che oggi stiamo
salutando una persona infinitamente buona, ma soprattutto una figura
estremamente positiva per la comunità Corleonese. Lo è stato e deve continuare
ad esserlo. La seconda considerazione è di carattere
prettamente personale, perciò legata ai miei tanti e personalissimi ricordi di Salvatore. "Salvatò", come ti chiamavo io, per
me sei stato come un fratello. "Me frati Marià", come amavi chiamarmi
tu, sia in mia presenza, sia quando parlavi di me con gli amici. Come tra fratelli, quelle volte che c'erano
incomprensioni, screzi tra di noi, non gli davamo poi tanto peso. Tanto,
proprio come avviene tra fratelli, sapevamo che tutto sarebbe stato perdonato.
"Va be', ma Mariano è fattu accussì, cu mia su po' pirmettiri" amavi
dire, quasi a volermi giustificare e a proteggere.
* amico fraterno di Salvatore Giacopello
(Discorso pronunciato durante i funerali celebrati in Chiesa Madre lunedì 17 aprile 2017)
Come fratelli "nì spartevamu u
sonnu". Il più delle volte a casa tua dove con la tua famiglia, sempre
pronta ad accogliere, era ogni volta una festa. La tua casa era sempre aperta,
e quando non c'eri e mi serviva qualcosa: "te cà i chiavi, trasi e ti
pigghi 'nsoccu ti servi". Questo era Salvatore.
Mi piace ricordare che anche quella notte in
cui in Paese c'è stato il terremoto, dopo uno dei nostri concerti, non sazi di
aver condiviso una serata di baldoria, si dormiva assieme. e nonostante a casa
mia non ci fossero i miei e tutte le stanze erano libere, sempre per quella
sete inesauribile di stare insieme, tipica dell' età adolescenziale, decidiamo
di dormire nella stanza delle mie sorelle: perché lì ci sono due lettini; perchè
fino all' ultimo momento, fino all' ultima parola si doveva stare assieme,
ridere e scherzare. Adolescenti, e come spesso accade a quell'età, ci sentivamo
invincibili. Infatti, all'arrivo della scossa di terremoto, sirene, tante auto
in strada in piena notte. "Che succede, che cos'è questa confusione"
ci diciamo nel dormiveglia, forse perché ancora carichi dell'adrenalina del
palco, forse perché incoscienti ci diciamo sempre sonnecchiando una frase senza
senso: "Chisso è u burdello chi facemu niatri!" e noncuranti ripiombiamo
nel sonno come nulla fosse, salvo poi essere buttati giù dal letto dalle nostre
rispettive famiglie.
Hai fatto sempre tutto presto, precocemente,
prima degli altri. Era tipico del tuo modo di essere bruciare le tappe.
Quando tuo padre è stato male, sei corso a
lavorare ed ad aiutare quando ancora tutti noi amici eravamo studentelli.
Quando mi hai comunicato la tua intenzione di
sposarti, nessuno degli amici ancora aveva fatto questo grande passo. E io: "Salvatò,
ma perché così presto?", forse avevo paura di perdere un amico. Così non è
stato. "Ma tu mi farai da testimone" esclamasti. Il giorno del tuo
matrimonio è stata un'enorme ubriacatura di gioia e festa. Come poi lo è stata
la tua vita con Myriam e l'arrivo della piccola Giulia. Anche lì, quando ancora
noi nemmeno pensavamo lontanamente di avere figli tu, boom, "diventerò
papà".
Però di andartene prima non dovevi farlo. Forse avevi fretta proprio per questo, per
provare, anche se per poco, la gioia di essere padre.
Infine voglio ricordare quando anche io ti ho comunicato
che sarei diventato papà; eri quasi più contento di me. Non sapevi più a chi
dirlo. Sicuramente più consapevole, perché già tu sapevi quanto era bello. Il
tuo ultimo messaggio è di qualche giorno fa per i tuoi 30 anni. Io ti faccio
gli auguri, ma tu subito mi chiedi: "comu sta u purpitteddu?"
riferendoti a mio figlio.
Io rispondo "è qui in braccio a me".
Allora tu mi dici "dagli un bacio da parte
mia". L' ho fatto ed è stato bellissimo. Da adesso ogni volta che bacerò
mio figlio ti penserò.
Grazie di tutto, Salvatò.
Mariano Cuppuleri
Nessun commento:
Posta un commento