lunedì, aprile 17, 2017

Mariano Cuppuleri: "Grazie di tutto, Salvatò..."

Salvatore Giacopello
MARIANO CUPPULERI*
Vorrei dire due cose su Salvatore. La prima, di carattere generale, che riguarda tutti noi. Sia chiaro, e dobbiamo esserne tutti consapevoli, che oggi stiamo salutando una persona infinitamente buona, ma soprattutto una figura estremamente positiva per la comunità Corleonese. Lo è stato e deve continuare ad esserlo. La seconda considerazione è di carattere prettamente personale, perciò legata ai miei tanti e personalissimi ricordi di Salvatore. "Salvatò", come ti chiamavo io, per me sei stato come un fratello. "Me frati Marià", come amavi chiamarmi tu, sia in mia presenza, sia quando parlavi di me con gli amici. Come tra fratelli, quelle volte che c'erano incomprensioni, screzi tra di noi, non gli davamo poi tanto peso. Tanto, proprio come avviene tra fratelli, sapevamo che tutto sarebbe stato perdonato. "Va be', ma Mariano è fattu accussì, cu mia su po' pirmettiri" amavi dire, quasi a volermi giustificare e a proteggere.
amico fraterno di Salvatore Giacopello
(Discorso pronunciato durante i funerali celebrati in Chiesa Madre lunedì 17 aprile 2017)

Come fratelli "nì spartevamu u sonnu". Il più delle volte a casa tua dove con la tua famiglia, sempre pronta ad accogliere, era ogni volta una festa. La tua casa era sempre aperta, e quando non c'eri e mi serviva qualcosa: "te cà i chiavi, trasi e ti pigghi 'nsoccu ti servi". Questo era Salvatore.
Mi piace ricordare che anche quella notte in cui in Paese c'è stato il terremoto, dopo uno dei nostri concerti, non sazi di aver condiviso una serata di baldoria, si dormiva assieme. e nonostante a casa mia non ci fossero i miei e tutte le stanze erano libere, sempre per quella sete inesauribile di stare insieme, tipica dell' età adolescenziale, decidiamo di dormire nella stanza delle mie sorelle: perché lì ci sono due lettini; perchè fino all' ultimo momento, fino all' ultima parola si doveva stare assieme, ridere e scherzare. Adolescenti, e come spesso accade a quell'età, ci sentivamo invincibili. Infatti, all'arrivo della scossa di terremoto, sirene, tante auto in strada in piena notte. "Che succede, che cos'è questa confusione" ci diciamo nel dormiveglia, forse perché ancora carichi dell'adrenalina del palco, forse perché incoscienti ci diciamo sempre sonnecchiando una frase senza senso: "Chisso è u burdello chi facemu niatri!" e noncuranti ripiombiamo nel sonno come nulla fosse, salvo poi essere buttati giù dal letto dalle nostre rispettive famiglie.
Hai fatto sempre tutto presto, precocemente, prima degli altri. Era tipico del tuo modo di essere bruciare le tappe.
Quando tuo padre è stato male, sei corso a lavorare ed ad aiutare quando ancora tutti noi amici eravamo studentelli.
Quando mi hai comunicato la tua intenzione di sposarti, nessuno degli amici ancora aveva fatto questo grande passo. E io: "Salvatò, ma perché così presto?", forse avevo paura di perdere un amico. Così non è stato. "Ma tu mi farai da testimone" esclamasti. Il giorno del tuo matrimonio è stata un'enorme ubriacatura di gioia e festa. Come poi lo è stata la tua vita con Myriam e l'arrivo della piccola Giulia. Anche lì, quando ancora noi nemmeno pensavamo lontanamente di avere figli tu, boom, "diventerò papà".
Però di andartene prima non dovevi farlo.  Forse avevi fretta proprio per questo, per provare, anche se per poco, la gioia di essere padre.
Infine voglio ricordare quando anche io ti ho comunicato che sarei diventato papà; eri quasi più contento di me. Non sapevi più a chi dirlo. Sicuramente più consapevole, perché già tu sapevi quanto era bello. Il tuo ultimo messaggio è di qualche giorno fa per i tuoi 30 anni. Io ti faccio gli auguri, ma tu subito mi chiedi: "comu sta u purpitteddu?" riferendoti a mio figlio.
Io rispondo "è qui in braccio a me".
Allora tu mi dici "dagli un bacio da parte mia". L' ho fatto ed è stato bellissimo. Da adesso ogni volta che bacerò mio figlio ti penserò.

Grazie di tutto, Salvatò.
Mariano Cuppuleri

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