Emanuele Macaluso |
di Guido
Iocca e Ilaria Romeo
Cgil, Cisl e
Uil commemorano unitariamente il 70° anniversario dell’eccidio di Portella
della Ginestra. Macaluso: “Proprietà terriera, baronaggio, mafia e potere
politico decisero di utilizzare la banda Giuliano a difesa dei propri
interessi”
“Per
capire Portella della Ginestra bisogna conoscere con precisione gli
avvenimenti che in quegli anni prepararono il clima in cui maturò la strage del
Primo maggio 1947”. Emanuele Macaluso inizia con questa premessa la sua
intervista a Rassegna Sindacale, a 70 anni dai tragici fatti di sangue
culminati con la morte di 11 persone e con il ferimento di altre 30 per mano
della banda criminale di Salvatore Giuliano. Una ricorrenza speciale e per
tradizione molto sentita dal movimento sindacale, che quest’anno Cgil, Cisl e
Uil hanno deciso di commemorare unitariamente alla presenza dei segretari
generali Susanna Camusso, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo.
Dall’alto
delle sue 92 primavere, l’ex dirigente del Pci (di cui è stato parlamentare dal
1963 al 1992) e della Cgil (dal 1947 al 1956 nel ruolo di segretario generale
della confederazione siciliana) ricorda nei minimi dettagli quei momenti. E
precisa: “L’anno precedente, il 1946, è quando si registrarono le più
importanti occupazioni delle terre. Dopo l’emanazione dei decreti Gullo, che
risalgono all’ottobre del ’44, i contadini avevano intrapreso una lotta per la
prima volta in nome della legalità. Alla base dei provvedimenti, la volontà di
rimuovere le cause del sottosviluppo del Mezzogiorno e delle condizioni di
povertà di chi vi abitava”.
Rassegna La messa in discussione di un
potere secolare, quello del latifondo, a cui i proprietari terrieri risposero
con la violenza e le intimidazioni.
Macaluso È così. All’assegnazione ai
contadini delle terre incolte, prevista dai decreti Gullo, aveva fatto seguito
un altro provvedimento con cui si modificava la ripartizione dei prodotti
agricoli: dal tradizionale 33% si era passati a più del 60% di spettanza del
contadino. Se a tutto ciò si aggiunge la conseguente lotta per espellere dal
feudo i gabelloti, mafiosi del luogo chiamati dai proprietari a garantire la
guardiania dei loro possedimenti, si può facilmente comprendere fino a che
punto fosse diventato duro in quegli anni lo scontro sociale nelle zone rurali
della Sicilia e dell’intero Meridione.
Rassegna Alcuni giorni prima dell’eccidio di
Portella, il 20 aprile, si erano svolte in Sicilia le prime elezioni regionali,
che avevano fatto registrare un successo della sinistra. Si può tracciare un
qualche nesso tra quel risultato scaturito dalle urne e la successiva strage?
Macaluso La sinistra in quell’elezione ebbe
una grande affermazione: su 90 deputati, il Blocco del Popolo ne pigliò 30, la
Democrazia Cristiana 20, il resto se lo divisero monarchici, liberali,
separatisti e altre forze minori. Un esito che aveva preoccupato molto i poteri
forti dell’isola, anche perché giungeva a pochi mesi dalla formazione di un
nuovo governo di unità nazionale all’indomani del referendum istituzionale e
dell’elezione della Costituente. I comunisti e i socialisti erano ancora al
governo, e questo fatto non poteva che dare un nuovo e potente respiro alla
sinistra meridionale e siciliana in particolare. È in questo quadro, segnato
dall’intreccio tra lotta politica, lotta sociale e grandi lotte per
l’occupazione delle terre, che matura la strategia stragista. Portella della
Ginestra è voluta dalla proprietà terriera, dal baronaggio, dalla mafia, da un
certo potere politico corrotto: tutti insieme pensano di utilizzare la banda
Giuliano a difesa dei propri interessi. Perché ormai è acclarato, Salvatore
Giuliano fu solo lo strumento: l’organizzazione, tutta l’organizzazione della
strage fu della grande mafia e dal grande sistema di potere che imperava in
quegli anni in Sicilia.
Rassegna A poche settimane dai fatti di
Portella della Ginestra, lei viene chiamato alla guida della Cgil siciliana…
Macaluso Sì, all’epoca dei fatti io ero il
segretario della Camera del lavoro di Caltanissetta. A Portella della Ginestra
andai a fare da segretario generale della Cgil regionale il Primo maggio del
’48, quando tutti pensavano che nessuno sarebbe più andato lì, nel luogo del
massacro, a celebrare la Festa del Lavoro. E invece, la Camera del lavoro di
Palermo e la Cgil regionale fecero una scelta che ancora oggi considero
coraggiosa: alla manifestazione vennero in tantissimi, anche da Piana degli
Albanesi, da San Giuseppe Jato e San Cipirello, i tre comuni che convergevano
storicamente a Portella della Ginestra. Vennero anche molti di quelli che
avevano subito l'attentato e che, dunque, avevano assistito all’uccisione e al
ferimento di tanti loro compagni. Lo ricordo come un episodio particolarmente
commovente e, allo stesso tempo, e per ragioni evidenti, molto significativo,
perché servì a dimostrare che i lavoratori e le organizzazioni sindacali non si
facevano intimorire da certe iniziative criminali. Non era del tutto scontato.
A questo proposito, è bene ricordare che, anche prima della strage di Portella,
era già cominciata l’eliminazione lenta e spietata dei capilega contadini, che
continuerà anche dopo il 1° maggio del ’47.
Rassegna Si riferisce a Placido Rizzotto
e alle altre decine di sindacalisti uccisi, tutti impegnati nelle lotte per la
distribuzione delle terre?
Macaluso Non sono in molti a ricordarlo, ma
dall’inizio del 1947 e fino a prima dell’attentato erano stati ammazzati già
tre sindacalisti: tutti uomini di valore, dirigenti e militanti del calibro di
Accursio Miraglia, Pietro Macchiarella, Nunzio Sansone. Anche se va detto che
le intimidazioni, quando non addirittura gli atti terroristici contro il
movimento sindacale e i suoi leader erano cominciati nell’immediato dopoguerra,
con l’attentato del 16 settembre ’44 a Girolamo Li Causi, all’epoca segretario
del Pci siciliano, avvenuto durante un comizio a Villalba. Quel giorno io mi
salvai per miracolo: ero al suo fianco e ricordo per filo e per segno gli attimi
che fecero seguito alla sparatoria scatenata dagli uomini di don Calogero
Vizzini, dove risultarono ferite 14 persone e in occasione della quale lo
stesso Li Causi fu colpito a una gamba, un fatto che lo renderà claudicante per
il resto della sua vita.
Rassegna A cadere sotto i colpi della
mafia erano soprattutto sindacalisti della Cgil…
Macaluso Esclusivamente. Della Cgil unitaria
fino al 1948, della Cgil post-scisione in seguito. Andrea Raja, Gaetano
Guarino, Nicolò Azoti, erano tutti sindacalisti della Cgil e, in particolare,
dirigenti del movimento contadino e bracciantile. E del resto furono compiuti
soprattutto tra i capi delle lotte per la terra i primi omicidi della
criminalità organizzata agli inizi del Novecento, da Luciano Nicoletti a Bernardino
Verro, e nel tragico marzo-aprile del 1948, con gli efferati assassini di
Epifanio Li Puma, Placido Rizzotto e Calogero Cangelosi.
Rassegna
sindacale, 28 aprile 2017
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