Pio La Torre |
La nipote del sindacalista che divenne parlamentare del Pci e morì
assassinato dalle cosche ricorda l’uomo conosciuto attraverso i racconti
familiari e i libri: «Il suo coraggio è una lezione per tutti contro disonestà
e prevaricazione»
di MARTA LA TORRE
Si sono svolte ieri a Palermo, alla presenza del Capo dello Stato
Sergio Mattarella, le commemorazioni ufficiali per i 35 anni dalla morte del
deputato e segretario regionale del Pci Pio La Torre (nella foto
l’inaugurazione del busto in suo ricordo) e del suo collaboratore Rosario Di
Salvo, assassinati dalla mafia il 30 aprile 1982. Tra i tanti giovani giunti ad
assistere alla cerimonia, c’era anche la nipote Marta, vent’anni, iscritta alla
facoltà di Psicologia a La Sapienza, che ha scritto per il Corriere questo
intervento:
Il francobollo commemorativo |
"Pio La Torre, un uomo, mio nonno, strappato alla sua famiglia,
brutalmente, senza umanità. Perché è questo ciò che rappresenta la mafia per
me: disumana brutalità. Non sono di certo l’unica, tra i miei coetanei, a non
avere più il proprio nonno con sé, ma la ragione differisce. Non è semplice
accettare, anzi impossibile, il fatto che la sua morte sia stata una decisione.
Qualcuno ha deciso che io non avrei potuto avere un nonno, questo nonno, che a
oggi avrebbe potuto trasmettermi i suoi principi e i suoi valori, stringendomi
la mano, guardandomi negli occhi — quegli occhi che in molti dicono io abbia
ereditato da lui —, mentre ho dovuto costruire con lui un rapporto basato
sempre su racconti.
Invisibile ma presente: l’Impegno con la I maiuscola
Nonno per me, è sempre stato invisibile ma presente ogni giorno,
il mio punto di riferimento. Sono nata 69 anni dopo di lui, e non ho mai dovuto
affrontare le sfide e le situazioni difficili che lui ha dovuto affrontare in
quegli anni, ma nella mia quotidianità, nelle piccole cose, mi chiedo sempre
come è giusto comportarsi, e per me il giusto è come avrebbe agito lui. Nonno
mi ricorda cosa vuol dire l’Impegno. L’Impegno con la I maiuscola, quello che
lo ha portato a divenire deputato nonostante la provenienza contadina, con
tutte le difficoltà che questo ha comportato. E una volta assunto questo ruolo,
non ha mai messo davanti ai suoi principi e ai suoi valori il proprio
benessere: si è sempre preoccupato prima di quello degli altri.
Dai campi alla rivolta contro l’omertà
Mio nonno, Pio La Torre, è stato un genitore presente, come mi
racconta mio padre. Ma nella sua vita, comunque, ci fu sempre il partito, e con
il partito la lotta. La lotta ai soprusi, la lotta alla mafia. La mafia era la
ragione per la quale i latifondisti, la classe contadina — quella di nonno —,
così come altri gruppi sociali, erano nella condizione tragica in cui versavano
in quegli anni. Pio La Torre lo sapeva. La ragione di questa situazione a quei
tempi non si poteva dire, ma lui la disse ad alta voce in un’epoca in cui i più
tacevano. Della mafia si parlava sotto voce, finché mio nonno, e con lui tanti
altri uomini, di cui tutt’oggi ricordiamo il coraggio, ruppero questo omertoso
silenzio, che fu il manto della mafia da quando nacque.
I media sbagliano a sottolineare la forza delle cosche
Durante tutto il tempo della sua lotta, nonno è sempre stato
consapevole del pericolo che correva, ma questo non lo fermò mai. La sua causa,
per lui, valse sempre più della propria vita. Molti miei coetanei non hanno
però presente il valore che queste lotte — costate la vita a tante persone come
mio nonno — hanno avuto, e soprattutto hanno ancora. I media hanno una
influenza non sottovalutabile sugli adolescenti. Ma ho l’impressione,
purtroppo, che non riescano a far trapelare il messaggio più importante: la
mafia in nessun caso è accettabile, e il suo aspetto di «forza» — quella che fa
sentire, a guardarla, i più insicuri protetti — non andrebbe mai sottolineato,
bensì affiancato sempre all’altra faccia della medaglia, quella più importante:
la mafia è prevaricazione, disonestà e per nulla al mondo può e deve essere
giustificata.
Non rendiamo vano il sacrificio di tanti uomini giusti
La mia generazione è nata dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio.
Falcone e Borsellino sono figure — come quella di nonno — che abbiamo imparato
a conoscere attraverso libri e giornali. Ma il sangue di Pio La Torre è lo
stesso che scorre nelle mie vene e questo in qualche modo mi rende più
sensibile. Quando leggo di un crimine o di un sopruso, che sia commesso in
Sicilia o altrove, non è mai così lontano dal mio orizzonte quanto lo è,
invece, da quello di tanti miei coetanei. A loro vorrei ricordare che la mafia
è la piovra che prova a strozzare il nostro Paese, e l’impegno degli uomini
come mio nonno, che non si sono piegati davanti a minacce e morte, perseguendo
piani politici lucidi e lungimiranti, ha permesso al nostro Stato di
difendersi, di respirare. La loro morte, il loro sacrificio, sono serviti a
dare il via ad un percorso che oggi sta a noi continuare. Non arrendiamoci mai
davanti alle mafie. Non rendiamo la morte delle sue vittime vana (e tantomeno
la loro vita).
Corriere della sera, 29 aprile 2017
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