ALESSANDRA ZINITI
Morvillo. Il fratello della moglie di Falcone spiega perché la sua famiglia
è uscita dalla Fondazione
PALERMO - Da quando la salma di Giovanni Falcone, nel 2015, è stata
traslata tra i “grandi” nel Pantheon, quella di Francesca Morvillo riposa nel
cimitero dei Rotoli in una cappella che era stata requisita dal Comune per
ospitare le salme di immigrati grandi e piccini. Sulla semplice lapide “Qui
giace Francesca Morvillo” chiunque passa, stupito, lascia un fiore. «Giovanni e
Francesca sono stati uniti nella vita e nella morte, ma non lo sono stati nel
ricordo ». Il procuratore Alfredo Morvillo, fratello di Francesca, è uomo e
magistrato schivo. Rifugge da interviste e riflettori. Ma, davanti alle polemiche
suscitate dalla formalizzazione dell’uscita della sua famiglia dalla Fondazione
Falcone attribuita al malumore per la decisione delle sorelle del magistrato
ucciso di autorizzare la traslazione delle spoglie nel Pantheon, non ci sta a
passare per quello «che alimenta l’immagine deprimente di due famiglie che
litigano ». E, così alla fine di una giornata segnata dalle parole di Maria
Falcone che si dice «stupita e addolorata» per la decisione di togliere il nome
di Francesca dalla Fondazione proprio alla vigilia delle celebrazioni del
venticinquesimo anniversario della strage di Capaci, decide di parlare.
Dottore Morvillo, perché questa scelta
tardiva? Le spoglie di Giovanni Falcone sono state traslate a San Domenico
ormai da due anni.
«Nonostante io avessi deciso di tacere, mi rendo conto che è necessario un
chiarimento. La mia famiglia non ha inteso innescare una polemica né accusare
qualcuno. Il discorso è molto semplice. Nella vita ognuno fa le sue scelte: la
Fondazione ha fatto le sue scelte, Maria e Anna Falcone hanno fatto le loro. A
me e alla mia famiglia non si può negare l’ugual diritto di prendere atto di
tali scelte, non condividerle e adottare le opportune conseguenziali iniziative».
La sua intenzione di lasciare la
Fondazione dopo la mancata citazione di sua sorella nella commemorazione del
2011 è nota. Perché ora questa rottura definitiva?
«L’inserimento del nome di mia sorella Francesca nella Fondazione era
legato ad un apprezzabilissimo obiettivo: fare in modo che Giovanni e
Francesca, uniti in vita dal loro sentimento, uniti nella morte in quel
tragico 23 maggio, fossero uniti anche nel ricordo. Era ovvio che la Fondazione
nascesse per ricordare Giovanni Falcone e tutto ciò che egli aveva fatto in
vita, i cui benefici effetti ancora oggi sono presenti in tutta la loro
importanza nell’azione giudiziaria di lotta alla mafia ed era giustissimo che
le commemorazioni fossero rivolte a ricordare tale fondamentale eccezionale
attività. Si riteneva che i due obiettivi fossero compatibili, potessero coesistere,
seppur ovviamente con le dovute proporzioni».
Insomma, lei dice che nelle tante
manifestazioni della Fondazione la figura di sua sorella non è mai stata
ricordata, mentre lo hanno fatto tante associazioni private e scuole e
quest’anno lo farà l’Anm di Palermo e dunque la Fondazione ha fallito il
suo obiettivo.
«L’obiettivo era questo: tenerli uniti anche nel ricordo. Tutto ciò negli
anni non è accaduto. Sono accadute, invece, tante cose, tutte in perfetta
sintonia con le “dimenticanze” della Fondazione, fino ad arrivare al
trasferimento del dottor Falcone alla chiesa di San Domenico, con la
conseguente separazione da Francesca. Quest’ultimo accadimento costituisce una
definitiva conferma della mancanza di una ferma volontà, al di là delle solite
belle parole di circostanza, di mantenere vivo il ricordo di due persone sempre
unite, in vita, nel momento della morte e del ricordo. Conseguentemente io e la
mia famiglia non troviamo alcun motivo di mantenere il nome di Francesca nel
logo della Fondazione».
Per Maria Falcone sua sorella rimane
Francesca Falcone.
«Resta immutato, ovviamente, il nostro rispetto verso la famiglia di
Giovanni e il nostro legame affettivo con Giovanni».
La Repubblica, 19 aprile 2017
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