Papa Francesco |
ROSARIO GIUE’
Per decenni abbiamo visto mettere al centro i “valori non negoziabili” e ci
si è presentati al mondo come “Chiesa del NO”, legati a pesi ormai disumani o
ingiustificabili. Ma non ci si accorgeva che così non si era più capaci di
“lavare i piedi” (Giovanni 13) agli uomini e alle donne di questo tempo
post-cattolico?
La svolta di papa Francesco per alcuni, perciò, è stata spiazzante ma non
hanno chiuso la porta. Anche il cardinale di Milano Angelo Scola, che certo non
passa per riformista, ha affermato che il Papa sta dando un «pugno nello
stomaco» alla Chiesa per scuoterla dal si è fatto sempre così. Altri stanno ad
aspettare per vedere come vanno a finire le cose. Pensano: se dopo papa
Francesco tutto ritorna come prima a che vale impegnarsi nella riforma?
E se in Vaticano c’è chi (anche quattro cardinali) solleva dubbi e tenta di
frenare l’azione di Francesco, è nell’ordine delle cose che anche a Palermo vi
sia chi interpreti il ministero del Papa (e di chi qui lo rappresenta) come una
fastidiosa parentesi e spera che finisca al più presto! Non manca una limitata
frangia reazionaria dell’area cattolica e della destra politica che addirittura
biasima Francesco e sente nel suo linguaggio centrato sulla Misericordia odore
di eresia! Ci si professa obbedienti e paladini dei romani pontefici, ma di
quelli del passato e che piacciono. Infatti costoro non difendono la
“Tradizione” della Chiesa universale dal tempo degli Apostoli fino ad
oggi. No, la si fa coincidere con le recenti scelte di altri pontefici a loro
graditi. Per esempio, nel caso della pastorale familiare, si fa coincidere la
“vera dottrina” con l’enciclica Familiaris consortio di Giovanni Paolo II del
1981. Perciò il linguaggio del discernimento spirituale e pastorale del caso
per caso indicato dal Sinodo dei vescovi e ripreso da Francesco nel documento
Amoris laetitia appare sconcertante e da rifiutare. Per questo parlano,
addirittura, di Chiesa che si prostituisce. Ma, in verità, la Chiesa non ha
venduto davvero la propria libertà quando ha intessuto alleanze politiche
scandalose per un piatto di lenticchie?
Lo sappiamo: discernere è difficile, usare il linguaggio della condanna è
più facile! Giovanni XXIII convocò il Concilio Vaticano II affinché la Chiesa
si aggiornasse e non già per condannare. I problemi oggi non vengono dal
Concilio Vaticano II o dal fatto che è stato attuato male; vengono, semmai, dal
fatto che è stato sviluppato e attuato poco. Ma vorrei, con tenerezza e
rispetto, domandare: vi rendete conto che una Chiesa pietrificata diventerebbe
una setta oramai muta, incapace di comunicare il Vangelo ai giovani e alle
donne in un mondo post- moderno? Vi rendete conto che se non si traduce il
Vangelo, come si è fatto nei secoli passati (non è una novità!), la Chiesa
rischia di diventare, ancor di più, un’organizzazione potente ma
insignificante, senza umanità? L’ evoluzione teologica e pastorale, lo si
voglia o no, è un dato della storia ed è necessario, anzi urgente, anche
oggi La verità è che il cambiamento, la «conversione pastorale» che papa Francesco
pazientemente vuole far vivere alla Chiesa dal basso, è qualcosa di scomodo per
tutti noi. Perché mette in questioni abitudini, poteri, privilegi e
clericalismi. La questione reale è che, dietro l’apparente difesa della “vera
Chiesa”, ciò che in profondità dà più fastidio e fa paura è l’aprire le porte
ad una società più inclusiva, più giusta e pluralista. Chi è consapevole anche
a Palermo che l’essere «Chiesa in uscita», a partire dalla Misericordia, sia la
sola via possibile per essere credibili sa bene che sostenere lo sforzo di papa
Francesco è un compito, è un’opportunità.
La Repubblica Palermo, 5 aprile 2017
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