ALL'INIZIATIVA DI CORLEONE, ORGANIZZATA DALLA CGIL, PARTECIPA IL COMUNE DI CORLEONE, L'ARCI, L'ANPI, LIBERA, LEGACOOP, IL CENTRO PIO LA TORRE, LE SCUOLE. CONCLUDE IL SEGRETARIO NAZIONALE GIUSEPPE MASSAFRA
Palermo 9
marzo 2017 – Domani la Cgil ricorda a Corleone il 69° anniversario dell'uccisione
di Placido Rizzotto, segretario della Camera del Lavoro di Corleone, rapito
nella serata del 10 marzo 1948,
mentre andava da alcuni compagni di partito, e ucciso dalla mafia per il suo
impegno a favore del movimento contadino per l'occupazione delle terre. Alle ore 9,30,
al cimitero comunale sarà deposta una corona sulla sua tomba. Alle 10,00 in
piazza Garibaldi si terrà la commemorazione, aperta dal saluto della d.ssa
Maria Cacciola, componente della commissione straordinaria del Comune di
Corleone. Saranno lette le poesie ed esposti i lavori degli alunni delle scuole
elementari e medie. Intervengono il segretario della Camera del Lavoro di
Corleone Cosimo Lo Sciuto, il responsabile dipartimento legalità Dino
Paternostro, il segretario generale Cgil Palermo Enzo Campo e il segretario
della Cgil nazionale Giuseppe Massafra.
“Ricordare
oggi Rizzotto nella Corleone le cui istituzioni cittadine sono state sciolte
per mafia ha un valore enorme - afferma Dino Paternostro - Significa ricordare
che il movimento dei lavoratori si è sempre battuto per la democrazia e la
giustizia sociale, contro i prepotenti di ieri e di oggi. Come ha fatto
Rizzotto. e come vogliamo continuare a fare oggi nel suo nome, per aiutare
Corleone a rialzarsi e a riprendere con forza la strada dello sviluppo nella
legalità”.
E aggiunge il
segretario della Cgil Corleone Cosimo Lo Sciuto: “È importante che tante
organizzazioni, tutte le scuole e il comune di Corleone si ritrovino assieme
alla Cgil per rendere omaggio a Placido Rizzotto. Una seria e attenta
riflessione sulla figura di Rizzotto – continua Lo Sciuto - deve servirci ad
affrontare con più coraggio e speranza i problemi che attanagliano il nostro
tempo. Placido Rizzotto venne torturato e ucciso dalla mafia per rivendicare la
dignità dei contadini. Quindi il suo ricordo ci obbliga ad interrogarci sulle
condizioni del lavoro nel nostro tempo, che troppo spesso si basano sullo
sfruttamento dei lavoratori, sia italiani che stranieri. Una lezione da
prendere a esempio, continuando a rivendicare diritti e dignità per ogni
lavoratore, e per chi un lavoro non ce l’ha o lo ha perso”.
Scheda a cura di Dino Paternostro
Placido Rizzotto, partigiano e dirigente contadino.
Placido Rizzotto, prima di partire per la guerra, era un semplice contadino semi-analfabeta. Dopo l’8 settembre del ’43, buttata la divisa militare, scelse di salire sulle montagne, con i partigiani delle Brigate “Garibaldi”, per combattere contro il nazi-fascismo. Per mesi aveva vissuto tra le montagne innevate della Carnia, nel Nord-Est, dividendo il pane e la paura con altri giovani come lui, convinto di battersi per la causa giusta. In Carnia aveva imparato tanto. Aveva imparato che gli uomini non nascono ricchi o poveri, padroni o schiavi, ma tutti uguali e tutti liberi. Aveva imparato, però, che per affermare il diritto all’uguaglianza e alla libertà bisognava organizzarsi e lottare, anche a rischio della vita. Quanti giovani vide morire accanto a lui, su quelle montagne! Tanti. Troppi. E fu per loro il suo primo pensiero quando la guerra finì e l’Italia ebbe il suo 25 aprile. A Corleone Rizzotto era tornato nel 1945. Insieme a questi ricordi, aveva portato nuove idee, quelle imparate nei mesi trascorsi sui monti, al fianco di quei giovani con i capelli biondi e i fazzoletti rossi. Lo chiamavano “il vento del nord”. Il suo soffio faceva paura ai padroni ed ai gabelloti mafiosi, ma riempiva di libertà i polmoni dei contadini, perché insegnava a non abbassare la testa davanti ai “signori”.
Ma che i contadini rialzassero la testa non piaceva per niente ai grandi proprietari terrieri di Corleone. E non piaceva neppure alla mafia. Inizialmente, avevano pure ironizzato su Gullo e i suoi decreti, facendo finta di non conoscerli. Qualcuno di loro si era pure illuso di non farli applicare in Sicilia. I contadini e i loro dirigenti, però, la pensavano diversamente. E, in corteo e con le bandiere rosse, sempre più spesso “calpestavano” quelle terre, rivendicandone la concessione. Avevano già ottenuto in concessione 50 ettari di terra del feudo Donna Giacoma per la cooperativa “SACLA” ed altri 50 del feudo Drago ne avrebbe ottenuto, il 17 novembre 1947, per la cooperativa “B. Verro”. A galvanizzare ulteriormente i contadini contribuirono anche una serie di successi elettorali. Nelle elezioni amministrative del 6 ottobre 1946, infatti, la sinistra conquistò il comune col 63.11% dei voti, eleggendo sindaco il socialista Bernardo Streva e portando per la prima volta in consiglio una donna, Biagia Birtone, militante comunista. Ma il successo più esaltante la sinistra corleonese l’avrebbe ottenuto un anno dopo, alle elezioni regionali del 20 aprile 1947. La lista del “Blocco del Popolo” conquistò 3.413 voti, pari al 44.41%. Una percentuale ancora più alta di quella ottenuta a livello regionale, dove pure aveva avuto la maggioranza relativa.
Fu allora che la controffensiva degli agrari e della mafia contro il movimento contadino e la sinistra si scatenò rabbiosamente in tutta la Sicilia, nel quadro di un disegno di normalizzazione del Paese. Tra i socialisti corleonesi, chi inquietava di più il capomafia Michele Navarra era quel giovane appena tornato dal Nord, Placido Rizzotto. Aveva provato ad avvicinarlo, ma non c’erra stato niente da fare. Allora, cominciò a far spargere la voce che questo Rizzotto «non si faceva i fatti suoi». Ma Placido non ci badava. «Dopo che mi ammazzano non hanno risolto niente. Dopo di me quanti ne spunteranno di segretari della Camera del lavoro! Non é che ammazzando me, finisce...», ripeteva agli amici, che gli consigliavano prudenza.
La sera del 10
marzo 1948 fu l’ultima sera per Placido Rizzotto. L’incarico di “chiudere” la
partita col giovane sindacalista don Michele Navarra lo diede al suo uomo di
fiducia, a quel Luciano Liggio, che, con la sua ferocia, incuteva paura agli
stessi picciotti. Il compito di attirarlo in trappola fu affidato a Pasquale
Criscione, gabelloto del feudo Drago, che del sindacalista era vicino di casa.
Infatti, quella sera di marzo, Criscione si avvicinò a Rizzotto, che stava in
compagnia di Ludovico Benigno, suo amico e compagno di partito, trovando un
pretesto per attaccare discorso. Insieme, accompagnarono Benigno nella sua casa
al Ponte Nuovo, poi scesero per via Bentivegna a fare due passi. Fino
all’altezza di via San Leonardo. Qui fu sequestrato, cacciato a forza sulla
1100 di Liggio e portato in contrada “Malvello”, dove venne pestato a sangue e
assassinato. Per farlo scomparire per sempre, il suo corpo venne buttato in una
“ciacca” di Rocca Busambra. Nessuno avrebbe mai più saputo niente di Rizzotto,
se, nell’estate del ’49, a Corleone non fosse arrivato un giovane capitano dei
carabinieri, che assunse il comando delle squadriglie antibanditismo. Si
chiamava Carlo Alberto Dalla Chiesa e, come Rizzotto, aveva fatto il
partigiano. Dopo alcune battute, proprio lui e i suoi uomini riu scirono ad
arrestare Pasquale Criscione e Vincenzo Collura, che, il 4 di cembre 1949,
interrogati nella caserma di Bisacquino, fecero clamorose rivela zioni.
Ammisero, cioè, di aver parteci pato al sequestro di Placido Rizzotto, in
concorso con Luciano Liggio, che poi avrebbe ucciso la vittima con tre colpi di
pistola. Ma, davanti ai giudici, entrambi ritrattarono, sostenendo che quelle
confessioni erano state estorte dai militari con la violenza. E quindi, il 30
dicembre 1952, la Corte d’Assise di Palermo assolse tutti gli imputati per
insufficienza di prove.
Per tanti anni
a Corleone non si parlò più di Rizzotto. Sarebbe toccato alle generazioni
studentesche degli anni ’70, ai figli e ai nipoti dei contadini degli anni ’50,
che, grazie alla scolarizzazione di massa, avevano potuto imparare a leggere e
a scrivere, ricordare il sindacalista assassinato dalla mafia. Nel marzo 1983,
infatti, la Camera del lavoro di Corleone e il gruppo giovanile di “Corleone
alternativa”, organizzarono insieme alla segreteria della Federbraccianti-Cgil
siciliana una manifestazione significativa per ricordare il 35° anniversario
dell’assassinio di Rizzotto. Erano decenni che a Corleone non si parlava più
del sindacalista assassinato dalla mafia nel marzo del 1948. Un silenzio colpevole,
rotto finalmente dall’entusiasmo e dalla voglia dei giovani di riappropriarsi
della memoria storica, che la Cgil subito incoraggiò e sostenne. L’iniziativa
si svolse in due giornate (il 26 e 27 marzo) con lo slogan «La nostra memoria
per il nostro futuro» e fu una tappa fondamentale per far riscoprire alle
giovani generazioni il significato delle lotte contadine e il tributo di sangue
pagato da alcuni loro dirigenti.
Negli anni
successivi, la memoria non è stata mai più cancellata. Nel 2000, anzi, il
regista siciliano Pasquale Scimeca ha potuto realizzare il film “Placido
Rizzotto”, che riscosse ovunque un successo di critica e di pubblico.
Dal 2009 in
poi, su invito della Camera del lavoro, i bambini della Scuola elementare di
Corleone hanno dedicato delle poesie a Placido Rizzotto, che il 10 marzo di
ogni anno hanno letto ad alta voce, in piazza Garibaldi, davanti al busto del
sindacalista assassinato dalla mafia. Definire un eroe Placido Rizzotto e dei
criminali Totò Riina e Bernardo Provenzano potrebbe sembrare semplice, ma a
Corleone ancora non lo è. Che abbiano cominciato a farlo i bambini delle
elementari, col sostegno dei loro insegnati e delle loro famiglie, è il segno
di una piccola rivoluzione culturale in atto.
Grazie alla legge Rognoni-La Torre del
13 settembre 1982, che ha consentito di confiscare ai mafiosi i beni
illecitamente accumulati, integrata dalla legge di iniziativa popolare n. 109
del 1996, promossa dall’associazione “Libera”, che ha reso possibile l'uso
sociale dei beni confiscati alle mafie, nell’ultimo decennio sono nate diverse
cooperative sociali di giovani, a cui i comuni hanno assegnato terreni e
fabbricati da gestire. Una significativa esperienza nel campo dell’uso sociale
dei beni confiscati è in corso tra i comuni della zona del Corleonese, i quali,
d’intesa con la Prefettura di Palermo, hanno costituito nel 2001 il Consorzio
“Sviluppo e Legalità”, per avere uno strumento che da più forza ai singoli
comuni aderenti e garantisce trasparenza nell’assegnazione dei beni confiscati.
A Corleone, una delle cooperative assegnataria di beni confiscati è stata
intitolata a “Placido Rizzotto”. Grazie a questa cooperativa e alle cooperative
“Lavoro e non solo” e “Pio La Torre”, da alcuni anni decine di giovani
contadini di questo territorio hanno un lavoro dignitoso ed una giusta
retribuzione, riuscendo a produrre beni alimentari biologici, come il grano, la
pasta, l’olio, la passata di pomodoro e le lenticchie, che hanno in più la
vitamina "L" della Legalità. Oggi i giovani delle cooperative sociali
assegnatarie di beni confiscati… rappresentano gli eredi più autentici del
movimento contadino siciliano e dei suoi martiri. L’antimafia sociale che loro
praticano, fondata su interessi concreti e legittimi (contrapposti agli
interessi illegittimi della mafia), è molto simile a quella praticata dal
movimento contadino del secolo scorso.
In
questi ultimi anni, la Cgil e i familiari di Rizzotto hanno chiesto
ripetutamente allo Stato di fare di tutto per ritrovare i resti del
sindacalista assassinato, sia cercandoli negli archivi del tribunale dove
probabilmente sono stati smarriti (o trafugati?), sia effettuando nuove
ricerche nella foiba di Rocca Busambra. Nel 2009, la stessa Procura della
Repubblica ha autorizzato il Commissariato di Polizia di Corleone a recuperare
altri resti umani dal fondo di un’altra foiba di Rocca Busambra, che si ritiene
sia quella dove effettivamente la sera del 10 marzo 1948 fu buttato il corpo di
Rizzotto. I resti recuperati sono stati inviati al laboratorio della polizia
scientifica di Roma. La Procura ha pure autorizzato la riesumazione del
cadavere di Carmelo Rizzotto, padre del sindacalista assassinato, deceduto nel
1967, da cui è stato prelevato il materiale organico necessario per effettuare
un’attendibile comparazione del Dna. E finalmente, lo il 9 marzo 2012 è
arrivata la notizia tanto attesa. In una conferenza stampa, svoltasi presso la
Questura di Palermo, la Polizia ha potuto confermare che quelli recuperati a
Rocca Busambra sono davvero i resti di Placido Rizzotto. Un avvenimento
straordinario, che ha dato un significato particolare al 64° anniversario del
suo assassinio. Grazie alle forze di polizia e alla caparbietà con cui la Cgil
e i familiari di Rizzotto non hanno mai smesso di chiedere allo Stato verità e
giustizia, finalmente il capolega corleonese ha una tomba nel cimitero di
Corleone, dove possiamo portare un fiore, versare una lacrima e rinnovare il
nostro impegno contro la mafia, per il lavoro e lo sviluppo nella legalità.
Sull’onda di un’emozione che ha percorso l’Italia intera, centinaia e centinaia
di cittadini (noti, meno noti e sconosciuti) hanno chiesto che a Rizzotto
fossero concessi i funerali di Stato. E il Consiglio dei Ministri, nella seduta
del 16 marzo scorso, ha deliberato di concederli. Sono stati celebrati il 24
maggio del 2012, nella Chiesa Madre di Corleone, alla presenza del Capo dello
Stato Giorgio Napolitano e di migliaia di cittadini e di lavoratori provenienti
da tutt’Italia.
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