Le indagini, coordinate dalla Procura distrettuale di Palermo diretta dott.
Francesco LO VOI (coadiuvato dai magistrati: Dott. Leonardo AGUECI, Dott.
Maurizio SCALIA, Dott.ssa Caterina MALAGOLI, Dott.ssa Francesca MAZZOCCO, Dott.
Antonino DI MATTEO) ed eseguite dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di
Palermo, venivano riaperte a seguito di nuove intercettazioni e collaborazioni,
terminando con l’emissione di un ordinanza di custodia cautelare a carico di 6
persone.
Nei mesi di luglio 2013 e gennaio 2014, all’interno del carcere di Parma,
venivano intercettati due distinti colloqui tra l’allora reggente del mandamento di
Porta Nuova, Giuseppe DI GIACOMO, e il fratello ergastolano Giovanni DI
GIACOMO. Durante tali conversazioni emergeva chiaramente come i due mafiosi
fossero a conoscenza che gli autori dell’omicidio dell’Avvocato FRAGALÀ erano
affiliati al mandamento mafioso di Palermo Porta Nuova e, in
particolare, alla famiglia mafiosa di Borgo Vecchio.
In data 27.04.2015, Francesco
CHIARELLO, affiliato alla famiglia mafiosa di Borgo Vecchio,
manifestava la volontà di collaborare con la Giustizia. Durante il primo
interrogatorio, il neo collaboratore dichiarava di essere a conoscenza delle
modalità esecutive dell’omicidio dell’avvocato FRAGALA’ confermando che gli
autori dell’agguato erano stati ARCURI, ABBATE, SIRAGUSA e INGRASSIA. In
aggiunta, specificava che all’esecuzione del delitto avevano partecipato due
ulteriori soggetti mai emersi nella precedente attività di indagine: COCCO
Paolo, genero di INGRASSIA, e CASTRONOVO Francesco.
In particolare:
- Francesco
ARCURI emergeva come colui che pianificava la spedizione punitiva, senza
tuttavia parteciparvi di persona;
- Antonino ABBATE
emergeva come partecipante sia alla fase organizzativa sia alla fase esecutiva
dell’aggressione e, nell’ambito di quest’ultima, con funzioni di individuazione
della vittima e di copertura degli aggressori;
- Salvatore
INGRASSIA e Antonino SIRAGUSA emergevano come partecipanti sia alla fase
organizzativa sia alla fase esecutiva dell’aggressione e, nell’ambito di
quest’ultima, con funzioni di copertura degli aggressori;
- Paolo COCCO
emergeva come partecipante alla fase esecutiva e, in specie, come colui che
trasportava sul luogo del delitto la mazza utilizzata per l’esecuzione, dando
ausilio a Francesco CASTRONOVO nell’aggressione;
- Francesco
CASTRONOVO emergeva come partecipante alla fase esecutiva e, in specie, come
esecutore materiale dell’aggressione, unitamente a Paolo COCCO;
Le accuse di CHIARELLO nei confronti degli indagati risultavano assistite
da molteplici e significativi riscontri di varia natura.
Infatti, lo sviluppo delle attività investigative consentiva di acquisire
indiscutibili fonti di prova in ordine alle responsabilità dell’omicidio
FRAGALÀ. In particolare:
- COCCO
Paolo veniva intercettato mentre:
· confessava
alla moglie di aver partecipato anch’egli all’omicidio;
· dopo
aver trovato una microspia installata all’interno della sua abitazione,
rassicurava TANTILLO Domenico, in quel momento rappresentante della famiglia
mafiosa di Borgo Vecchio, di non aver mai parlato in casa sua di un
omicidio in cui erano coinvolti sia lui che il suocero INGRASSIA;
- CASTRONOVO
veniva intercettato mentre, parlando dell’omicidio, riferiva alla cugina che
fino a quel momento se l’era “scansata”.
Le indagini facevano emergere, con profili di stringente contemporaneità rispetto
all’aggressione, una linea professionale intrapresa con convinzione dal
penalista in relazione alla quale i suoi assistiti, soprattutto quelli
coinvolti in procedimenti di mafia, erano indirizzati ad assumere un
atteggiamento di sostanziale apertura verso la magistratura. Pertanto in ordine al
delitto rilevava la finalità di agevolare l’organizzazione mafiosa cosa
nostra, sia nello specifico, nell’ottica di piegare la condotta
professionale dell’avvocato FRAGALÀ a maggior rispetto nei confronti
dell’organizzazione mafiosa e dei suoi esponenti, sia in generale, per
l’implicito messaggio intimidatorio nei confronti dell’intera Avvocatura
palermitana.
Lo stesso Francesco CHIARELLO
dichiarava che l’ordine di aggredire FRAGALA’ era stato impartito perchè “… chistu era ‘un curnutu e
sbirru” e “doveva parlare più
poco” “non ci toccate se, né soldi e se ha oggetti, perché lui deve capire
che non è una rapina, deve capire che deve parlare poco”.
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