Francesca Serafino, moglie di Cangelosi |
“Gli baciavo le ferite, ho conservato la sua cravatta
crivellata di proiettili. La legge non ha fatto giustizia”
"Il sangue di mio marito, le ferite, guarda
quanti buchi! Quando è morto gli cambiavamo le camice e lui buttava sempre sangue…
le ferite le baciavamo tutte io e mia suocera, il sangue usciva, usciva,
passava a fiumi il sangue… Questa cravatta la portava il giorno che morì:
guarda quanti buchi! Uno, due, tre, quattro, cinque!". Ha rievocato così Francesca Serafino le
strazianti ore drammatiche, immediatamente successive alla morte del marito, Calogero
Cangelosi nella intervista che rilasciò a Gabriella Ebano il 24 maggio del 2003. Adesso la signora Serafino è morta. Si era sposata con Calogero il 19 settembre del 1935, e non dimenticò quei
terribili momenti in cui ha tenuto il corpo del marito morto in casa per quattro
giorni, fin quando la Procura di Trapani non si decise a mandare un magistrato,
come non ha dimenticato che il parroco cercò di impedire le esequie in chiesa. Ha conservato per tutta la vita la sua cravatta piena dei buchi dei proiettili, sparati dai suoi assassini che non ha mai perdonato. "Come si può perdonare… forse il Signore può perdonare! Legge non ne hanno fatta. Il processo per mio marito non l'hanno fatto! Io sono andata al mio paese, dalla legge, e ci ho detto così: "A mio marito lo hanno ucciso e io voglio giustizia! A mio marito lo hanno ucciso e io voglio giustizia!". Mi rispose il maresciallo: "Signora, se ne vada a casa, a noi si comanda! Comanda la mafia! A chi ha ucciso suo marito gli hanno dato quattro tumuli di frumento". Quattro tumuli di frumento per ammazzare una persona! Allora io, non contenta, con i miei fratelli… andai ad Alcamo a ripetere la stessa cosa: "Voglio la legge, che a mio marito l'hanno ucciso!". La stessa cosa che a Camporeale: "Signora, a noi si comanda. Comandano loro, la mafia! Suo marito l'hanno ucciso per quattro tumuli di frumento". Come mi dissero al mio paese, mi dissero ad Alcamo".
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