Giuseppe Rizzo, nipote di G. Puntarello |
Giuseppe Rizzo
nipote di Giuseppe Puntarello
Il contesto storico dell’Italia del
dopoguerra, dopo il ventennio fascista, è quello di un Paese sconfitto sul
campo e devastato dai combattimenti. A questo si aggiunge una tragica
spaccatura fra nord e sud. In particolare il periodo che va dal 1943, anno in
cui gli alleati sbarcano in Sicilia (nella notte tra il 9 e il 10 luglio), e il
1945 (25
Aprile 1945) anno della
liberazione, è uno
dei più drammatici della storia italiana, con una popolazione stremata dai bombardamenti
alleati e stretta tra i due fuochi degli occupanti nazisti e delle truppe
alleate. Le distruzioni causate direttamente
dalle operazioni belliche, innanzi tutto, avevano colpito duramente l’arretrata
agricoltura nazionale: posto 100 il 1938, l’indice della produzione agricola
era precipitato a 67,3 nel 1945. L’indice della produzione
industriale era calato drasticamente: posto a 100 nel 1938, aveva raggiunto
29,1 nel 1945.
La Sicilia fu la prima regione in
cui si sviluppò, nel secondo dopoguerra, un movimento di lotta contadino Nella Sicilia del 1944, occupata
dagli alleati, era entrata in vigore la legge Gullo (comunista, ministro dell’agricoltura del governo
Badoglio), che riconosceva ai contadini riuniti in cooperative il diritto di
ottenere in concessione le terre incolte o mal coltivate degli agrari. Quasi
una rivoluzione, in un territorio in cui, secondo il censimento del 1936, i quattro quinti degli addetti all’agricoltura
non possedevano neanche un pezzo di terra o ne possedevano talmente poca da
potersi considerare poveri.
Dall'autunno del 1944, i coltivatori dell'isola si ribellarono alla mancata attuazione dei
cosiddetti Decreti Gullo, dal nome del ministro dell'Agricoltura del Governo
Badoglio Fausto Gullo, che li emanò ad ottobre di quell'anno, che deliberavano
la concessione delle terre incolte e mal coltivate ai contadini, la modifica
dei contratti agrari, le procedure dello scioglimento degli usi civici e la
quotizzazione dei demani. Questi rivoluzionari Decreti erano boicottati con
cavilli giuridici o con prove di forza dai latifondisti, che non volevano
rinunciare ai loro secolari privilegi, provocando la ribellione dei contadini.
Le agitazioni per l'applicazione dei decreti Gullo durarono fino al 1946 e
innescarono un processo politico che portò alle riforme agrarie sia in Sicilia
(Regione a Statuto Speciale che legifera in modo autonomo) che nel continente.
E’
in questo contesto storico che il movimento sindacale, che si trova a combattere
e lottare contro due fronti: I latifondisti che continuavano a negare i diritti
sociali, e la mafia, che negava i diritti individuali, diventa bersaglio
privilegiato degli uni e degli altri e che matura anche l’omicidio di Giuseppe
Puntarello. Fra il 1944 ed il 1948 vengono
assassinati più di quaranta sindacalisti. L’elenco è lungo ma fra questi vi
sono i delitti di Nicolò Azoli, (21 dicembre 1946) Segretario della
Camera del Lavoro di Baucina (Pa), di Accursio Miraglia (4 gennaio
1947), sindacalista, Segretario della Camera confederale circondariale di
Sciacca, la Strage di Portella della Ginestra: 11 morti e 56 feriti (1° maggio 1947), contadini celebranti
la festa del lavoro. Epifanio Leonardo Li Puma (2 marzo 1948), Sindacalista
ed esponente del Partito Socialista Italiano, capolega della Federterra e di Placido
Rizzotto (10 marzo 1948) ex partigiano, dirigente del Partito Socialista
Italiano e Segretario della Camera del Lavoro di Corleone e del piccolo Giuseppe
Letizia, che fu ucciso dal mandante del delitto Rizzotto, il medico Michele
Navarra, con un’iniezione letale.
Giuseppe Puntarello nasce a Comitini il 14 agosto del 1892, figlio di Carmelo e Alfonsa
Alaimo. Nel 1932 si stabilisce a Ventimiglia di Sicilia dove aveva trovato
lavoro e una casa in via Garibaldi. Dalla moglie, Vincenza Samperi, ebbe cinque
figli: Carmelo, Alfonsa, Giuseppe, Matteo e Vincenzo. Nel 1939 dovette emigrare
ad Asmara (Eritrea), tornò due anni dopo.
Nell'immediato dopoguerra si
distinse per il coraggioso impegno in difesa del movimento contadino di
Ventimiglia. Puntarello. Lavorava come autista della ditta INT e da diversi
anni ormai conduceva l'autobus che collegava il paese con Palermo, alternandosi
nella guida con un compagno di lavoro.
All'alba del 4 dicembre 1945 il suo
collega, trovandosi “si disse” nell'impossibilità di andare a prelevare l'autobus
dall'autorimessa determinò la tragica e fatale sostituzione; di conseguenza
Giuseppe Puntarello recandosi all'autorimessa al posto del collega fu colpito
alla testa, a colpi di lupara, da dietro (notizia appresa da mia mamma, ovvero
l’unica figlia femmina di mio nonno). Molti in quei giorni dissero che
l'obiettivo dei killer non era Puntarello, ma il suo compagno di lavoro. La
verità venne a galla qualche anno dopo. Era stato ucciso per il suo impegno di
dirigente del partito Comunista e Segretario della Camera del Lavoro. Si era trattato,
di uno dei tanti omicidi che in quegli anni la mafia compiva contro il movimento
dei lavoratori agricoli.
Quando venne assassinato il figlio
più piccolo (mio zio Vincenzo) aveva dieci anni, la moglie Vincenza 48 rimase senza
pensione perché allora non c'era la legge sulla reversibilità. Dopo una ventina
di giorni la mamma di Puntarello Giuseppe (Alfonsa Alaimo), recatasi a
Ventimiglia di Sicilia per il tragico evento, morì di crepacuore. Il marito (Carmelo
Puntarello) a quel punto rimasto solo, si trasferì a Napoli dove viveva il
figlio Giacomo Puntarello, (che accompagnò mia mamma all'altare in occasione
del suo matrimonio - 27/10/1955, avvenuto a Ventimiglia di Sicilia, con mio
padre Filippo Rizzo, anch'egli di Ventimiglia di Sicilia). Il figlio Matteo,
che era sordomuto, venne portato in collegio: Il figlio Giuseppe, dopo qualche
anno venne assunto al posto del padre, ma successivamente venne licenziato.
Qual è l’importanza di
questo Riconoscimento postumo che tutti noi abbiamo voluto tributare alla
figura di mio nonno? Quale lezione trarre
dal suo sacrificio?
Innanzitutto il ricordo
della figura di mio nonno, fino a ieri vivo solo nella sfera intima e
familiare, oggi si trasforma in memoria collettiva, in memoria condivisa. Da
questa diversa prospettiva nasce la risposta al secondo quesito, ovvero che la
memoria collettiva, al di là della solennità del momento commemorativo, chiama
a raccolta tutti noi ad un rinnovato impegno contro ogni forma di sopraffazione,
senza tentennamenti, non esitando a stare dalla parte dei più deboli, che oggi
più che mai sono i disoccupati e gli immigrati che fuggono dalle guerre. E’
questa, credo, la lezione etica e morale che possiamo trarre dal sacrificio di
mio nonno e dei tanti valorosi sindacalisti che sono caduti per affermare i
principi della democrazia, dei diritti e delle tutele dei lavoratori e che, con
il loro sacrificio, hanno mobilitato le coscienze dei cittadini restituendogli
la consapevolezza e la forza di continuare a lottare, preparando il terreno per
le successive conquiste sindacali. Vorrei concludere questo mio breve
intervento condividendo con Voi il messaggio di chiusura dell’intervento di Don
Ciotti a LOCRI in occasione della XXII Giornata della Memoria e dell’Impegno in
Ricordo delle Vittime Innocenti delle mafie “La terra promessa, su questa terra, è l’impegno di tutti noi a
costruirla”.
Giuseppe Rizzo
nipote di Giuseppe
Puntarello
Nessun commento:
Posta un commento