I funerali di Calogero Cangelosi nel 1948 |
Palermo
31 marzo 2017 - Domani 69° anniversario dell'uccisione di Calogero Cangelosi,
dirigente della Cgil, assassinato dalla mafia il 1° aprile del 1948 all'età di
41 anni. La Cgil e l'amministrazione comunale del paese lo ricorderanno presso
il cimitero di Camporeale, alle 10,30, e deporranno una corona di fiori presso
la sua sepoltura. Interverranno: Dino Paternostro, responsabile dipartimento
Legalità Cgil Palermo, Rosalia Bonura, responsabile Lega Cgil di Camporeale,
Vincenzo Cacioppo, sindaco di Camporeale, Calogero Guzzetta, della segreteria
Cgil Palermo e Francesco Lannino, segretario generale Filctem Cgil Palermo, che
concluderà l'iniziativa.
Cangelosi
era nel mirino dei latifondisti del paese, cui dava fastidio per le sue
battaglie condotte dalla parte dei contadini poveri. Il 1° aprile del 1948 fu
assassinato alle 10 della sera mentre tornava a casa dopo una riunione alla
Camera del Lavoro, in cui si era discusso della conquista delle terre,
dell’applicazione dei decreti Gullo sulla divisione del grano ai contadini, e
della concessione alle cooperative contadine delle terre incolte. Quattro
sindacalisti si erano offerti di scortare Cangelosi.
Ma sulla strada di casa, tra la via Minghetti e la via Perosi, dove Cangelosi abitava con la moglie Francesca Serafino e i quattro figli, la più piccola di 2 mesi e il più grande 11 anni, decine di colpi sparati col mitra ad altezza d’uomo si abbatterono sul gruppo. Colpito alla testa e al petto, Cangelosi cadde per terra, morendo all’istante. Anche Vincenzo Liotta e Vito Di Salvo furono colpiti e feriti gravemente. Miracolosamente illesi rimasero, invece, gli altri due, Giacomo Calandra e Calogero Natoli. Non fu mai intentato un processo. Nonostante tutti sapessero che a dare l’ordine di morte fosse stato il proprietario terriero don Serafino Sciortino, di cui Cangelosi era il mezzadro, e che a sparare erano stati il capomafia Vanni Sacco e i suoi “picciotti”, si procedette contro “ignoti”.
Cangelosi rientra
nell'elenco della quarantina di militanti e dirigenti sindacali della Cgil
uccisi tra il ‘44 e il ‘66, che il sindacato ha deciso di ricordare nel suo
calendario della memoria. “Con Calogero Cangelosi ricordiamo una stagione
eroica delle lotte per il lavoro e la democrazia in Sicilia. Cangelosi –
dichiara Dino Paternostro, responsabile dipartimento Legalità della Cgil -
insieme agli altri dirigenti sindacali, sostenuti da un imponente movimento
contadino e bracciantile, hanno costruito condizioni di vita e di lavoro più
civili in una terra dominata dagli agrari e dalla mafia. Hanno lottato a pugni
nudi, alcuni hanno sacrificato la vita, ma la Sicilia è uscita dal feudalesimo.
Oggi, in forme diverse, e in loro nome dobbiamo continuare quell'impegno e
quelle lotte, perché abbiamo ancora bisogno di futuro, di diritti, di lavoro,
di civiltà”. E aggiunge Calogero Guzzetta, della segreteria Cgil Palermo: “Nel
’48, con l’escalation a pochi giorni di distanza dell'uccisione dei nostri tre
dirigenti sindacali Epifanio Li Puma, Placido Rizzotto e Calogero Cangelosi, la
mafia sferra il suo colpo decisivo contro le frange più organizzate del movimento
contadino della Sicilia occidentale. Cangelosi che, sapendo di essere nel
mirino, si batté per portare avanti gli ideali dei contadini e della gente
comune, rimettendoci la pelle, rappresenta un pioniere di un'antimafia che ha
origini antiche e risale al movimento contadino dei fasci siciliani”.Ma sulla strada di casa, tra la via Minghetti e la via Perosi, dove Cangelosi abitava con la moglie Francesca Serafino e i quattro figli, la più piccola di 2 mesi e il più grande 11 anni, decine di colpi sparati col mitra ad altezza d’uomo si abbatterono sul gruppo. Colpito alla testa e al petto, Cangelosi cadde per terra, morendo all’istante. Anche Vincenzo Liotta e Vito Di Salvo furono colpiti e feriti gravemente. Miracolosamente illesi rimasero, invece, gli altri due, Giacomo Calandra e Calogero Natoli. Non fu mai intentato un processo. Nonostante tutti sapessero che a dare l’ordine di morte fosse stato il proprietario terriero don Serafino Sciortino, di cui Cangelosi era il mezzadro, e che a sparare erano stati il capomafia Vanni Sacco e i suoi “picciotti”, si procedette contro “ignoti”.
Lo scorso anno, alla prima commemorazione organizzata dalla Cgil, sono intervenuti alcuni parenti, emigrati da anni a Grosseto, in Toscana, tra cui la nipote Sonia Grechi, dirigente della Filcams Cgil, che ha ricordato che la sua mamma aveva solo 2 mesi quando Cangelosi fu eliminato. “Ha vissuto col dolore di non aver mai conosciuto suo padre - raccontò Sonia Grechi - La vera motivazione della morte di mio nonno l'ho scoperta da grande, quando una volta con la nonna abbiamo sfogliato le foto dell'album di famiglia e ho visto le foto della grande folla al funerale. La nonna, dopo 12 anni dalla morte del marito, rimasta con 4 figli piccoli, difficili da far crescere in quel contesto, si trasferì in Toscana”.
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