SALVO PALAZZOLO
FRANCESCO PATANE’
Il figlio del boss ha battezzato la nipote. Il vescovo
di Padova: “Ha sbagliato, ma ha intrapreso un percorso di pentimento”. Il Sacro
Cuore smentisce Corleone: “In questi casi non serve un certificato di idoneità”
È diventato un caso il battesimo a Corleone con un padrino d’eccezione, il
figlio di Totò Riina. Dopo l’ira del vescovo di Monreale, monsignor Michele
Pennisi, il parroco della Chiesa madre, don Vincenzo Pizzitola, ha provato a
giustificarsi: «Salvo Riina aveva un certificato di idoneità firmato da un
parroco di Padova». Ma dalla diocesi patavina rimandano in Sicilia la
responsabilità di aver fatto salire sull’altare un pregiudicato condannato
per mafia. «La parrocchia del Sacro Cuore ha soltanto cresimato Giuseppe
Salvatore Riina a fine dicembre»: il vescovo Claudio Cipolla, già nella bufera
per lo scandalo del parroco denunciato per sfruttamento della prostituzione,
prova a sfilarsi dalle polemiche.
«Non esistono certificati di idoneità per
fare da padrino – commentano dalla Curia – Ma, soprattutto, spetta al parroco
della chiesa dove avviene il battesimo stabilire se il padrino sia idoneo a
fare da guida spirituale al battezzato». E sembra che a Padova non sapessero
affatto del battesimo. Per la diocesi veneta, il figlio del capo di Cosa nostra
è solo «un cristiano che ha sbagliato e che ha dimostrato con un lungo e
profondo percorso di pentimento di essersi riavvicinato alla chiesa – questo il
commento della Curia – Per questo ha ricevuto il sacramento della cresima». È
già un fatto inedito, Salvo Riina che si ravvede (ma solo davanti a Dio, non
davanti alla giustizia terrena). Ma su quanto è accaduto dopo, la Chiesa di
Padova rimanda alle responsabilità del parroco di Corleone, che avrebbe
dovuto valutare se il candidato padrino era davvero pronto, al di là del
certificato di cresima, a fare da padrino.
Ma quale percorso spirituale ha fatto Salvo Riina? Il parroco del Sacro
Cuore, don Daniele Marangon, si trincera dietro un «no comment». Una cosa è
certa: il figlio di Totò Riina è da sei anni a Padova dopo aver finito di
scontare una condanna per associazione mafiosa, sembra essersi integrato
perfettamente nel quartiere Arcella, dove è molto conosciuto. «Scherza e si
intrattiene con le cassiere dei supermercati, frequenta i locali alla moda, si
era anche iscritto all’università ma con scarsi risultati – racconta un
investigatore della squadra mobile di Padova – Fa volontariato in
un’associazione che si occupa del reinserimento degli ex detenuti e a quanto
pare non ha problemi di soldi». L’associazione in questione è “Noi famiglie
contro l’emarginazione”, gestita da Tina Ceccarelli.
Del battesimo non sapevano a Padova, e la notizia era rimasta riservata
anche in Sicilia. Il vescovo di Monreale, infatti, non era stato informato da
don Pizzitola. Ma la notizia è filtrata comunque. E Pennisi è andato su
tutte le furie: «Si tratta di una scelta censurabile e poco opportuna ». Sul
caso interviene anche la sorella del giudice Falcone, Maria. Dice: «A
prescindere che si chiami o meno Riina, il padrino di battesimo secondo la
Chiesa viene scelto perché dà una sorta di indirizzo morale al figlioccio. Non
credo che un condannato per mafia possa avere quei principi morali che
consentano di dare a un ragazzo il giusto indirizzo per fare delle scelte
edificanti ». Il caso è aperto. Presto, potrebbero presto scattare
provvedimenti da parte della diocesi di Monreale, dopo l’istruttoria ordinata
dal vescovo.
La Repubblica Palermo, 3 febbraio 2017
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