UMBERTO SANTINO
In vista
delle elezioni amministrative sono in corso i riti consueti, celebrati da
sacerdoti stagionati o da giovani seminaristi, ma pare che ci sia un grande
assente: Palermo. Cioè la città nella sua realtà attuale, con un’economia disastrata,
una disoccupazione crescente, giovani senza futuro, istituzioni squattrinate o
sprecone, relazioni fragili e smagliate. E la sua vita quotidiana, con lavori
in corso che non finiscono mai, gli eredi degli “industriali” dolciani che
debbono inventarsi strategie di sopravvivenza, vandali in servizio permanente
effettivo, che si esercitano spolpando le pensiline degli autobus, imbrattando
monumenti appena ripuliti, devastando le scuole. Piazza Politeama il sabato
pomeriggio è l’accampamento della gioventù nostrana, con troppi ragazzi maleducati
e aggressivi, mentre le movide notturne si consumano tra rifiuti e ruderi di
guerra.
C’è stata
qualche novità, come il riconoscimento dei monumenti normanni come patrimonio
dell’umanità e le isole pedonali. Il teatro Massimo che va nei quartieri dove
la cultura è sconosciuta. C’è pure il tram che ha avvicinato le periferie ma i
trasporti pubblici sono da periferia dell’impero, con pochi autobus, sporchi e
sovraffollati, presi d’assalto da passeggeri che entrano dall’uscita e escono
dall’entrata, si accalcano davanti alle bussole perché non hanno biglietto e
temono che si materializzi un controllore, osservano con uno sguardo di sorpresa
e di compatimento i pochi che provano a “obliterare” il biglietto nelle
macchinette regolarmente fuori servizio (ma chi ha inventato questi trabiccoli preleonardeschi?).
Quando ero ragazzo c’era il bigliettaio e tutti pagavano il biglietto, hanno
tolto il bigliettaio per risparmiare e hanno indotto la cultura, in senso
antropologico, dell’autobus gratuito e l’azienda è una voragine di debiti.
Questo mix di
problemi strutturali e di comportamenti abituali, che non sono proprio un
esempio di civiltà, rende la città una delle più invivibili d’Italia, in coda
alle classifiche annuali del Sole-24 ore, o di altri, regolarmente contestate
da schiere di campanilisti scandalizzati.
Nessuna
meraviglia se non fa parte dei riti in corso un programma che vada oltre le
buone intenzioni e l’enfasi retorica, e meriti questo nome, fondandosi su
un’adeguata conoscenza della città. Per amministrare e candidarsi ad amministrare
Palermo bisognerebbe sapere Palermo. E se gli scrittori più o meno noti si dedicano
alla microscopìa del frammento, e qualcuno lamenta che a Palermo non c’è stato e
non c’è un De Roberto, i sociologi non sono da meno. Siamo tutti devoti del
pensiero debole, tanto debole da rasentare l’inconsistenza, della ricerca
parcellare, della scrittura minimalista. In passato c’è stato qualche tentativo
di studiare Palermo e se Dolci ha descritto la corte dei miracoli, altri hanno
analizzato la città marginale, la capitale del clientelismo e del terziario, la
metropoli stagnante, la città spugna che consuma più di quanto produce, o hanno
fatto una radiografia dei quartieri, ponendo le basi per interventi da legare a
un progetto complessivo. Per andare in questa direzione all’inizio degli anni ’90
il Centro Impastato propose di fare un’inchiesta sulla città, ma docenti e
ricercatori dell’accademia locale lasciarono cadere la proposta. Ora ci prova
con il Memoriale della lotta alla mafia e vedremo cosa accadrà.
Oggi dovremmo
chiederci come e di cosa vive Palermo. Prima c’era un sistema assistenziale
alimentato dal denaro pubblico e c’era l’accumulazione illegale: il traffico di
droga era buona parte del PIL. Negli ultimi anni la prima fonte si è disseccata
e la seconda si è contratta, per l’emergere di soggetti criminali meno esposti,
e colpiti, di Cosa nostra. Palermo è il paradigma della città che si sopravvive
per una sorta di vitalità inerziale. In cui gran parte degli abitanti è fatta
di emarginati, disoccupati cronici, lavoratori precari o in nero. Funziona a
pieno regime la fabbrica dell’esclusione sociale, al di là delle luci e delle
vetrine.
Se si guarda
ai personaggi che animano la scena pre-elettorale, Orlando prova a battere
tutti i record e sale nella classifica del gradimento, avversato da un quarantenne
con un recente passato nella mobilitazione antiracket che ha deciso di
imbarcarsi con i grillini, che con primarie per pochi apostoli della democrazia
virtuale hanno scelto un volto nuovo, dopo aver perso la faccia con la raccolta
di firme false. L’altro competitor, a capo di una schiera di “coraggiosi”,
sembra un’anatra azzoppata da un avviso di garanzia, si dice per voto di
scambio politico-mafioso. A destra, ammesso che finora abbiamo parlato di
sinistra, ormai passata dallo stato liquido a quello gassoso, pare che si
giochi con un mazzo di carte in cui ci sono solo scartine.
In questo
quadro continua l’attività di singoli e associazioni seriamente impegnati su
vari fronti, i palermitani speranzosi cercano di farsi forza per credere in un’utopia
possibile e per scongiurare una distopia prevedibile. Gli altri sembrano
affetti da una sindrome di fatalismo: ne hanno viste tante e continueranno a
vederne altrettante. E se c’è la peste, c’è Santa Rosalia. Anche per salvare la
squadra di calcio dalla retrocessione l’unica strada è quella che porta al
santuario di Monte Pellegrino.
Pubblicato su
Repubblica Palermo del 26 gennaio 2017
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