JAIME D’ALESSANDRO
Sarà elettrica e a guida autonoma Parla il capo del team Airbus
«LO SO, sembra fantascienza. Ma lo stiamo facendo davvero: entro la
fine di quest’anno avvieremo i primi test». Zach Lovering, trentadue anni, lo
racconta con una certa pacatezza. Eppure, coordinando altri cinquanta persone a
Santa Clara (California), sta costruendo un taxi elettrico a guida
completamente autonoma. Volante però. Nome del progetto: Vahana. Veicolo divino
per gli induisti che nel sud della Silicon Valley sta prendendo forma e si
prepara a spiccare il volo in una manciata di mesi. «Lo si potrà richiamare via
app come fosse un taxi qualsiasi. Una volta allacciate le cinture, si imposterà
la destinazione e si darà il via al decollo. Al resto ci penserà il
Vahana», racconta.
Se non ci fosse la Airbus di mezzo, il sogno di Lovering verrebbe
archiviato come l’ennesima stramberia da startup visionaria. E invece il
colosso europeo dell’aviazione sembra fare sul serio. Così sostiene il suo
amministratore delegato, il tedesco Tom Enders, che parla già di “mobilità
urbana aerea”. Ci crede a tal punto da aver creato una divisione, la A3,
chiamando figure come Rodin Lyasoff uscito fuori dal Mit dove ha passato oltre
due anni a scrivere algoritmi per elicotteri acrobatici a guida autonoma o lo
stesso Zach Lovering, portato via alla Zee.Aero di Larry Page, il cofondatore
di Google, che ha un progetto identico in fase di sviluppo. Nel giro di dieci
anni il sessanta per cento della popolazione vivrà in città e megalopoli come
Tokyo, Pechino, San Paolo o New York. Non serve la sfera di cristallo per
sapere che la mobilità urbana è e sarà sempre più un business miliardario. Le
predizioni apocalittiche non mancano: il Centre for Economics and Business
Research calcola ad esempio che i londinesi nel 2030 perderanno nel traffico
l’equivalente di 35 giorni lavorativi l’anno. E la musica sarà la stessa anche
altrove.
«Cento anni fa il trasporto cittadino ha iniziato a viaggiare sotto terra,
ora abbiamo le tecnologie per farlo viaggiare sopra la terra», ha
sostenuto Enders poche settimane fa. Già ad agosto la sua Airbus aveva annunciato
di voler progettare dei taxi arei, ma nessuno credeva avessero stabilito tempi
così stretti per lo sviluppo dei primi modelli. Si vede che l’euforia data
dalle commesse per 731 nuovi aeroplani, per un totale di 104 miliardi di
dollari, ha spinto la compagnia europea ad anticipare il futuro e a costruirlo
nel presente.
«È meno complesso di quel che appare », racconta Zach Lovering.
«L’intelligenza artificiale di una vettura a guida autonoma deve tenere conto
di una infinità di variabili. In volo gli ostacoli sono molti meno. Stiamo
pensando ad un sistema di corridoi aerei sopra le città con zone di decollo e
atterraggio in punti strategici come gli aeroporti, le stazioni, il centro
città». E “vertiporti”, come li chiamano loro, piazzati sui grattacieli. Per
vedere Los Angeles in versione Blade Runner «serviranno ancora dieci
anni», sostiene Lovering. Ma intanto si compie il primo passo. Oltre alla A3 e
alla Zee.Aero, in America c’è la Terrafugia e la Moller, in Slovacchia la
AeroMobil e in Giappone la Cart!vator che vuole arrivare alla produzione per le
Olimpiadi del 2020 di Tokyo. Mentre in Israele la Urban Aeronautics ha
sviluppato droni per il trasporto di passeggeri.
«Ci sembra tutto molto futuribile», commentano alla Direzione generale per
i trasporti della Commissione europea. «Ma certo, sappiamo bene che è
necessario regolare lo spazio aereo urbano per gestire il flusso di mezzi
volanti come i droni». Non avevano considerato che quel flusso domani potrebbe
esser fatto anche dai taxi di Lovering.
La Repubblica, 3 febbraio 2017
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