"Cosa/chi
costituisce una famiglia?" Bellissimo
momento di riflessione, lo scorso 17 febbraio, guidato dall'interessante intervento del professor
Giuseppe Savagnone, nell'ambito del "Caffè Teologico", svoltosi nel complesso monumentale Sant'Agostino di Corleone. È emerso che il dono di sé è sicuramente la base per
costruire una relazione, anche familiare. Grazie anche a Francesco e Luca che
hanno dato testimonianza del loro tipo di unione "non tradizionale",
aiutandoci a riflettere. A seguito della loro autorizzazione, proprio il loro intervento
vogliamo pubblicare. Grazie a Mario Alfieri per la collaborazione (d.p.)
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FAMIGLIA SIAMO ANCHE NOI
LUCA e FRANCESCO
LUCA e FRANCESCO
Salve a tutti, ci spiace molto non essere
presenti fisicamente, ma abbiamo comunque voluto affidare ad un foglio di carta
la nostra testimonianza. Siamo Luca e Francesco, e siamo una famiglia. Noi
stiamo insieme da 7 anni, il nostro legame è forte, la sintonia alta e abbiamo
da sempre percepito che la nostra storia sarebbe stata di quelle “per sempre”. Ci
teniamo a precisare che noi non abbiamo mai fatto attivismo politico per i
diritti lgtb, non amiamo le ostentazioni e contestiamo alcune delle modalità in
cui il mondo lgtb manifesta nei “gay pride”; al contrario abbiamo sempre fatto
della sobrietà il modo di manifestare al mondo il nostro diritto di essere una
coppia.
Che cosa e chi costituisce una famiglia?
Che cosa e chi costituisce una famiglia?
Non crediamo di essere in grado di dare una
definizione certa e definitiva, ma sicuramente noi da tempo siamo certi di
esserlo, con o senza il riconoscimento della legge.
Crediamo che il senso della famiglia sia più
da ricercare nella sfera dei sentimenti che tra le pagine di un volume di
diritto civile. E noi ci sentiamo famiglia quando prendiamo insieme le
decisioni importanti per il nostro futuro, ci sentiamo famiglia quando ci
assistiamo a vicenda durante la malattia, ci sentiamo famiglia quando ci
prendiamo cura l’uno dell’altro e, estendendo il concetto e la visione più in
grande, ci sentiamo famiglia quando le nostre due famiglie di provenienza festeggiano
il Natale o un compleanno intorno allo stesso tavolo, ci sentiamo famiglia
quando i figli delle nostre sorelle ci chiamano entrambi zii, ci sentiamo
famiglia quando simpaticamente le nostre mamme si chiamano tra loro co-mamme
perché detestano la parola consuocere.
Sì, noi siamo proprio fortunati perché le
nostre famiglie di origine non solo si sono accettate ma sono entrate in una
grande sintonia, cosa veramente difficile da vedere anche in qualunque
matrimonio “tradizionale”.
Stentiamo a comprendere le persone che ancora
oggi si ostinano a contestare il nostro diritto di essere uniti anche di fronte
alla legge per un motivo semplicissimo. Se una persona crede nella famiglia e
nei suoi valori, reputa che sia qualcosa di prezioso, qualcosa di positivo. Non
estenderla, non diffondere questo valore è stupido quanto nascondere al mondo una scoperta scientifica che può
salvare vite o migliorarle. D’altronde negare il diritto di amare e di essere
felici genera solo infelicità, e il mondo ha davvero bisogno di gente felice! Di
contro non abbiamo mai compreso in che modo il nostro amore e il nostro essere
famiglia possa ledere la famiglia “tradizionale”. Poi, scusate, cos’è la
famiglia tradizionale? Ci rendiamo conto o no che fino a pochi anni fa gli
omosessuali che sentivano forte il desiderio di famiglia per la maggior parte ripiegavano
e si forzavano di mettere in piedi una famiglia “tradizionale” con conseguenze
disastrose su se stessi, sulle loro mogli/mariti, per non parlare dei figli?
Questo oggi è il nostro messaggio, dove c’è
amore c’è equilibrio e c’è armonia, e tutto questo non puoi mai essere un male.
Questo messaggio è alla portata di tutti e supera i limiti della legge. Infatti
anche se si è ostinatamente voluto calcare sulla differenza tra il matrimonio e
le unioni civili, di fatto la gente è molto più sveglia e pronta ad accettare
il “nuovo” di quanto non si voglia credere. Le persone ci chiedono “vi siete
sposati?”o “dov’è tuo marito?”, pochi usano il termine “unitici civilmente” e
nessuno si sogna di dire “l’altra parte dell’unione civile” al posto di
“marito”, per come prescrive la legge.
Spesso la paura di mostrarsi per quello che
si è inibisce a tal punto da costruirsi una maschera che abbia le
caratteristiche di quella “normalità” che pensiamo sia imposta dalla società,
dal nostro retaggio culturale e dal giudizio degli altri.
Una volta che si supera questa paura ci
rendiamo conto che l’accettazione da parte delle nostre famiglie, degli amici e
della gente non è poi così lontana come si crede. L’amore riesce ad abbattere
qualsiasi barriera. La nostra nonna che adesso non c’è più, figlia di
contadini, considerava l’omosessualità una malattia e non poteva concepire
l’idea che una famiglia potesse essere formata da due uomini o da due donne. L’amore
ha rotto qualsiasi reticenza facendo sì che anche un’anziana nonna si sentisse
parte di una famiglia, anche se composta da due uomini.
Luca e Francesco
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