SALVO PALAZZOLO
Un'intercettazione rivela come Cosa Nostra abbia cambiato il concetto di onore: a San Giuseppe Jato l'amante era un boss più importante del marito quindi la relazione venne approvata
SAN GIUSEPPE JATO (PALERMO) - Cade anche l'ultimo tabù di Cosa nostra, non c'è più onore mafioso che tenga. Un boss della provincia di Palermo ha autorizzato il triangolo amoroso che era ormai diventato pietra di scandalo. Perché i protagonisti della storia, il marito e l'amante della moglie, sono entrambi mafiosi di un influente clan, uno di quelli che si vanta ancora di custodire l'ortodossia dei vecchi padrini. Nella piazza del paese non si parlava ormai d'altro; in chiesa gli sguardi correvano, al bar si ridacchiava. "Non c'è più la mafia di un tempo". Qualche tempo fa, il pettegolezzo era diventato un caso d'onore per il marito, ma anche per l'amante, accusato dagli anziani dell'organizzazione di violare le regole di Cosa nostra. Perché "non si guardano le mogli degli amici nostri", recita il secondo punto del decalogo sequestrato a uno dei superlatitanti di Palermo, Salvatore Lo Piccolo.
L'antica legge
dell'onore mafioso. Non era davvero più un caso privato quel triangolo amoroso.
Le voci erano arrivate sino a Palermo. Una decisione si imponeva da parte del
giovane capomafia del paese. Una decisione attesa dal popolo di Cosa nostra.
Non si è fatta attendere, ed è stata una sorpresa per tutti: la donna potrà
continuare a frequentare il suo amante. E il marito non avrà nulla a che
pretendere. Ecco, il verdetto, registrato in diretta da un'intercettazione dei
carabinieri del Gruppo Monreale, che in questi ultimi mesi con il pm Francesco
Del Bene hanno radiografato le continue trasformazioni che stanno avvenendo
nella Cosa nostra della provincia palermitana. Il via libera al triangolo
amoroso-mafioso è davvero una rivoluzione per il vecchio codice d'onore di Cosa
nostra, quello che imponeva una punizione esemplare per la fedifraga e il suo
amante.Negli anni Ottanta, bastava anche il sospetto del tradimento per uccidere una
donna, non importa che fosse la figlia o la sorella di un mafioso. Qualche mese
fa, l'anziano padrino Mariano Marchese era tornato ad evocarla una punizione
esemplare, per la moglie di un ergastolano accusata di essere troppo libera nei
suoi atteggiamenti. Poi, un blitz bloccò il progetto. Ma c'è amante e amante.
Andando a fondo alla storia del triangolo amoroso-mafioso si scopre che
l'amante era un boss in carriera e il marito era l'ultimo arrivato in Cosa
nostra, addetto alla raccolta del pizzo. Insomma, il capomafia non poteva dire
di no al più rampante degli esponenti del clan. In tempi di crisi per
l'organizzazione, fra arresti e sequestri di beni, non ci si può permettere di
scontentare uno dei quadri dirigenti che promettono di più. È ormai il tempo
della morale liquida della mafia, anche a costo di introdurre una deroga ad
personam alle regole dell'onore criminale. Che, però, può essere subito
smentita alla bisogna. Anche questo è accaduto, ancora una volta non per sacre questioni di principi criminali, ma per
interesse. I vertici di Cosa nostra volevano spodestare il reggente di
Monreale, era accusato di non distribuire adeguatamente gli introiti delle
estorsioni. Quale migliore accusa, dire che aveva una relazione extraconiugale.
Poco importa che la donna fosse ormai l'ex moglie di un detenuto. Il boss fu
costretto ad andare in esilio al Nord Italia. Ma dopo aver rinunciato al potere
(non all'amante) potè tornare in Sicilia.Un'intercettazione rivela come Cosa Nostra abbia cambiato il concetto di onore: a San Giuseppe Jato l'amante era un boss più importante del marito quindi la relazione venne approvata
SAN GIUSEPPE JATO (PALERMO) - Cade anche l'ultimo tabù di Cosa nostra, non c'è più onore mafioso che tenga. Un boss della provincia di Palermo ha autorizzato il triangolo amoroso che era ormai diventato pietra di scandalo. Perché i protagonisti della storia, il marito e l'amante della moglie, sono entrambi mafiosi di un influente clan, uno di quelli che si vanta ancora di custodire l'ortodossia dei vecchi padrini. Nella piazza del paese non si parlava ormai d'altro; in chiesa gli sguardi correvano, al bar si ridacchiava. "Non c'è più la mafia di un tempo". Qualche tempo fa, il pettegolezzo era diventato un caso d'onore per il marito, ma anche per l'amante, accusato dagli anziani dell'organizzazione di violare le regole di Cosa nostra. Perché "non si guardano le mogli degli amici nostri", recita il secondo punto del decalogo sequestrato a uno dei superlatitanti di Palermo, Salvatore Lo Piccolo.
La Repubblica, 20 febbr 2017
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