Piersanti Mattarella |
SALVO PALAZZOLO
Riforme, progetto, avvenire: nell’anniversario dell’uccisione i discorsi
del presidente della Regione ne restituiscono il profilo
La parola che ricorre più spesso nei discorsi pubblici di Piersanti
Mattarella è «riforma». Riforma della burocrazia regionale, riforma
urbanistica, riforma della legge elettorale, riforma della classe dirigente.
Credeva molto nella forza delle parole, il presidente della Regione che negli
anni Settanta provò a cambiare la Sicilia e i siciliani, ma fu ucciso per
ordine di Cosa nostra, e non sappiamo ancora da chi altri, il giorno
dell’Epifania del 1980.
Un’altra parola ripeteva spesso: «Avvenire». Coniugata con «progetto » e
«programmazione».
E poi con «comunità», concetto che contrapponeva alle
«visioni particolari, settoriali, o anche provinciali »: erano riferimenti
precisi alle lobby che lo ostacolavano. Puntava tutto sulla forza delle parole,
Piersanti Mattarella. Le parole che poi hanno segnato l’impegno nella vita
pubblica di suo fratello Sergio, da quasi due anni presidente della Repubblica.
Parole profetiche, quelle di Piersanti, che teneva però a precisare: «Non
bastano le parole». Come quella volta, al comitato regionale del suo partito,
la Democrazia Cristiana, quando disse: «Dobbiamo, e non a parole, rivedere
questo discorso sul potere ». Era il 1971, aveva già iniziato la sua battaglia
per il rinnovamento. L’aveva iniziata dai palazzi in cui esercitava la sua
funzione pubblica. Era stato consigliere comunale di Palermo dal 1964 al 1967,
anno in cui era stato eletto deputato regionale.
«Bisogna individuare i mali che ci affliggono ed imboccare la strada della
ripresa», diceva ai suoi colleghi di partito nella seduta del 3 ottobre 1971.
Si può provare a immaginare l’atmosfera in quella stanza mentre Piersanti
Mattarella elenca impietoso i mali di un partito dilaniato dagli scontri fra le
correnti, alcune erano anche inquinate da interessi mafiosi. I «mali » della
politica siciliana. E ribadiva la necessità di «aprire» il partito. Era la sua
idea di centrosinistra: «Deve avere un significato riformatore per una
coraggiosa eliminazione di alcune vistose sperequazioni, in termini di libertà
e di giustizia, ridando al cittadino la forza di credere e di avere
fiducia nelle istituzioni democratiche».
Le parole di Piersanti Mattarella sono raccolte in due volumi pubblicati
dall’Assemblea regionale siciliana. Un lavoro unico (la prima edizione è del
1980; la seconda, del 2005) che ripercorre interventi in aula e discorsi fatti
fra il 1971 e il 1979. È possibile scaricare i pdf dei volumi dal sito dell’Assemblea
(www.ars.sicilia.it), cercando alla voce “Informazione e documentazione” e
poi in “Studi e pubblicazioni” (perché non mettere direttamente un link sulla
home page?). Nella seconda edizione, curata da Laura Salamone (suo padre
Onofrio, amico di Piersanti, aveva curato la prima), Maria Teresa Giuliana e
Iolanda Caroselli, ci sono anche delle belle fotografie di Piersanti
Mattarella, donate dai figli Bernardo e Maria.
Nelle parole del presidente delle riforme c’è l’analisi di una Sicilia
schiacciata da tanti problemi, ma anche un progetto concreto di cambiamento, un
progetto ancora oggi attuale.
«Il primo importante problema da affrontare subito e risolvere senza indugi
– dice – è quello dei procedimenti amministrativi, nonché l’individuazione degli
strumenti che ci consentano di spendere bene e presto le nostre risorse
finanziarie». La speranza di una Sicilia diversa è sempre unita all’indicazione
di un percorso preciso per provare a cambiare. Mattarella cita Giorgio La Pira,
il sindaco “santo” di Firenze, per spiegare il significato del suo progetto:
«Per lui la speranza non era nel senso di un sogno avventuroso e impossibile,
ma nel senso di marcia verso un orizzonte umano diverso». L’orizzonte delle
riforme che fanno paura alla mafia ha ben chiari i gangli infernali della
Regione Siciliana, con la «mentalità burocratica» che l’alimenta, «le
strozzature amministrative ». Piersanti Mattarella dice: «Occorre
ridimensionare fino al limite possibile il concetto tradizionale di pratica
amministrativa oggi identificabile con un ammasso di carte inutili e
dispendiose, frutto di ragionamenti astratti e cavillosi, che spesso nulla
hanno a che fare con i problemi reali». E di «reali» il presidente invoca anche
le «soluzioni ». Le parole di Mattarella diventano sempre più accorate, perché
intanto i centri di potere politico-mafiosi si sono messi in allarme, sono
preoccupati per la svolta alla Regione.
C’è un crescendo nelle parole pronunciate in quel 1979. A marzo, dopo
l’omicidio del segretario provinciale della Democrazia Cristiana Michele
Reina, Piersanti Mattarella dice a Sala d’Ercole che è in corso «una sfida
all’intera città». A luglio, all’indomani dell’omicidio del capo della squadra
mobile Boris Giuliano, rilancia le parole del cardinale Salvatore Pappalardo:
«Basta con le reticenze, con i non ricordo, con i non so. Qui è in gioco il
nostro futuro, il futuro della nostra comunità, dei nostri figli». Un
altro messaggio che arriva dritto nei palazzi delle complicità. A settembre,
l’assassinio del giudice Cesare Terranova e di Lenin Mancuso.
A novembre, Mattarella saluta il presidente della Repubblica Sandro Pertini
con un discorso appassionato. Gli chiede di «associare al nostro il suo
richiamo », gli chiede sostegno per far arrivare anche più forte il messaggio
che crede possa essere la chiave per arginare il fenomeno mafioso: «Ciascuno
ogni giorno isoli e respinga i comportamenti mafiosi e non si pieghi ad essi».
E poi ancora, con il tono di speranza di chi non ha mai smesso di guardare
avanti: «Deve essere pur possibile – dice – a questa nuova generazione di
siciliani il venire a capo di questo triste fenomeno, di isolarlo, batterlo,
vincerlo per sempre».
La Repubblica, 6 gennaio 2017
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