SALVO PALAZZOLO
Oggi si commemora l’ex presidente della Sicilia
Mattarella. Le foto inedite del viaggio in Usa prima del delitto
PALERMO. L’ultimo sorriso, quattro mesi prima di essere ucciso, è davanti alle
cascate del Niagara. Piersanti Mattarella, il presidente della Regione
Siciliana che si è messo in testa di cambiare la politica e l’amministrazione
della cosa pubblica, è salito sulla banchina più alta, per guardare lontano. La
figlia Maria e la moglie Irma lo chiamano, il figlio Bernardo scatta. È il mese
di agosto del 1979. Nell’album di casa Mattarella è un ricordo prezioso.
L’ultimo attimo di spensieratezza prima di tornare a Palermo, dove già i nuovi
mafiosi arrivati da Corleone hanno sferrato il loro attacco. Piersanti ha
compreso chiaramente quello che sta accadendo, lo uccideranno il 6 gennaio
1980. Le parole che pronuncia in quei mesi sono il suo testamento morale e
politico, che raccoglierà poi suo fratello Sergio, oggi presidente della
Repubblica.
Nel marzo 1979, dopo l’omicidio del segretario provinciale della Dc
Michele Reina, Piersanti Mattarella urla davanti al parlamento siciliano il suo
«allarme». A fine luglio, ammazzano il capo della squadra mobile Boris
Giuliano, il presidente della Regione chiama in causa la classe politica: «Deve
manifestare la totale avversità ad ogni manifestazione mafiosa». È come se
stesse chiamando per nome i complici dei nuovi boss che stanno conquistando
Palermo. Mattarella deve sentire attorno a sé una pressione terribile perché
dice all’assemblea regionale: «Non ci può essere senso della paura, dello
sgomento». È già condannato a morte quando parte per gli Stati Uniti.
Quel viaggio lo ha promesso alla moglie e ai figli, con loro c’è anche
Laura, la figlia di Sergio. Nell’album di famiglia sono rimasti i sorrisi di
Piersanti. A San Francisco, a Washington, a New Orleans. Assieme a tanti altri
momenti lieti, una cena alle Torri Gemelle, un concerto jazz, una passeggiata.
«Gli piace molto guidare – ricorda Giovanni Grasso nel bellissimo libro
“Piersanti Mattarella, da solo contro la mafia” (edizioni San Paolo) – e quando
è al volante canta: canti di montagna, arie liriche, canzoni di Modugno». Ma, all’improvviso,
Mattarella si chiude nei suoi pensieri. Impossibile dimenticare Palermo. A
settembre, all’indomani dell’assassinio del giudice Cesare Terranova, si sente
già un uomo solo. All’Ars parla di un «senso di profonda inquietudine, anche
per il verificarsi di una specie di assuefazione ai fatti di violenza». E mette
in guardia dalla facile antimafia: «Si deve reagire fermamente – è il suo
appello, ancora attuale – al di là delle parole, delle celebrazioni che
rischiano di assumere il ruolo di un rito». Di sorrisi non ce ne sono più
nell’album di famiglia. Il giorno del’Epifania un killer ancora senza nome
spara sei colpi di pistola per fermare l’uomo che voleva cambiare la Sicilia.
La Repubblica, 6 gennaio 2017
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