Roberto Scarpinato, procuratore generale presso la Corte d'Appello di Palermo |
di Roberto Scarpinato
Non è possibile, a mio parere, cogliere le evoluzioni in corso
della mafie, se si continuano ad utilizzare griglie di analisi ed apparati
concettuali della Prima Repubblica. Nell’ultimo quarto di secolo si è
verificata infatti un’accelerazione della storia senza precedenti che sta
“rottamando” la costituzione materiale del Paese, il suo assetto
socioeconomico, il rapporto Nord-Sud. Tale riassetto globale non ha
scompaginato solo la società civile legale ma anche quella illegale, innescando
una sorta di selezione della specie criminale che condanna all’obsolescenza le
forme criminali incapaci di adattarsi al nuovo corso e premia invece quelle in
grado di evolversi cavalcando la transizione.
La mafia tradizionale meridionale, che aveva le sue principali
fonti di lucro nell’estrazione violenta di risorse dai territori tramite le
estorsioni, nella compartecipazione al sistema di predazione dei fondi pubblici
e nella costruzione di posizioni oligopolistiche nel settore edilizio, ha visto
progressivamente disarticolato il proprio habitat socioeconomico a seguito
della riduzione strutturale della spesa pubblica che costituiva il volano
dell’economia assistita meridionale e dell’esaurirsi del ciclo edilizio. Le
manifestazioni classiche della mafia predatrice proseguono, ma all’interno di
territori sempre più impoveriti in un contesto nazionale che ha rimosso la
questione meridionale dall’agenda politica. Basti considerare che, ad esempio,
oggi in Sicilia le famiglie a rischio di povertà sono il 55,4%, in Calabria il
44,2%, in Campania il 46% a fronte di una media nazionale del 28%.
A fronte di tale regressione della specie mafiosa tradizionale,
speculare ai territori di radicamento, si registra invece l’evoluzione
prorompente della cosiddetta mafia mercatista, operante elettivamente nei
territori del centro-nord nei quali il reddito pro capite è di molto superiore,
che cavalcando gli animals spirits del tempo, offre sul libero mercato beni e servizi
illegali per i quali a seguito della globalizzazione è esplosa una domanda
mondiale di massa alimentata da cittadini “normali” i quali chiedono
droghe, prostitute, gioco di azzardo, prodotti griffati contraffatti, tabacchi
detassati e, se operatori economici, servizi e prestazioni che consentono di
abbattere i costi di produzione, come, ad esempio, lo smaltimento illegale dei
rifiuti industriali.
La mafia mercatista definita “silente” dalla Corte di
Cassazione, rischia di divenire invisibile perché a differenza di quella
classica, instaura con i territori e le popolazioni locali un rapporto non
aggressivo ma collusivo all’insegna dello scambio e della reciproca
convenienza.
30 GEN 2017
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