Susanna Camusso, segretaria generale della Cgil |
SERGIO
STAINO
Devi
imparare a confrontarti con la politica, a dialogare tenendo il sindacato
lontano dalle singole strategie dei partiti
Cara
Camusso, sì, lo so, sono molto vecchio. Sono talmente vecchio da aver avuto la
fortuna di conoscere Luciano Lama, uno dei più importanti dirigenti del nostro
sindacato. L’ho conosciuto in situazioni fortemente contrapposte quando io,
giovane e imbecille marxista-leninista, condividevo con tutte le altre
organizzazioni studentesche extraparlamentari gli assalti ai comizi dello
stesso. «Traditore, venduto al capitalismo, ingannatore della classe operaia
etc etc». Poi ho capito quanto fossimo incolti, superficiali noi e pericolose
le nostre azioni, e quanto fosse nel giusto lui e la stragrande maggioranza
della classe operaia che lo affiancava.
Qualche
anno dopo ho conosciuto Bruno Trentin e da lui ho imparato quanto sia deleterio
e nefasto per le sorti della democrazia il fatto che il sindacato possa
mettersi alla coda delle più demagogiche manifestazioni popolari. L’ho visto
fischiato terribilmente da gruppi di Cobas e da larga parte della Cgil in
piazza Santa Croce a Firenze e lì ho capito quanto sia difficile per un
sindacalista mantenere dritta la barra di fronte alle focose rappresentazioni
del sindacalismo cosiddetto rivoluzionario.
Penso
sempre a questi due luminosi personaggi ogniqualvolta inciampo in una tua
manifestazione estemporanea e penso con molto dolore che tu ormai non hai quasi
più nulla da condividere con loro. Sono parole forti, lo so, sincere e poco
diplomatiche, ma credo che sia l’unico modo per far riflettere te e i dirigenti
sindacali che condividono questa tua linea.
Lama
e Trentin, come molti altri sindacalisti del passato, hanno sempre guardato ai
lavoratori come protagonisti della crescita sociale ed economica del paese, li
hanno sempre individuati come potenziale classe dirigente. Bisognava educarli,
farli crescere, dar loro la capacità di sentirsi attori principi della
costruzione della democrazia, eliminando tutte quelle forme di ribellismo
sterile e fine a se stesso che la lezione storica marxista liquidava con
l’aggettivo «sottoproletario». Solo in questo senso il sindacato avrebbe potuto
svolgere il suo ruolo di interlocutore del Parlamento e del Governo, alternando
il dialogo alla lotta per i propri diritti.
Purtroppo
nella tua azione e nel tuo pensiero, Susanna, io non ritrovo questo obiettivo
così alto e così doveroso per un sindacato che abbia la voglia di migliorare la
condizione del mondo del lavoro in una democrazia avanzata qual è la nostra.
Ormai
la tua azione è solo un continuo, ripetitivo attacco al governo di turno, senza
offrire al contempo un progetto, una prospettiva e una conseguente azione
politica. Un sindacato non può rimanere sulle barricate a tempo indeterminato
aspettando che si cambi il governo. È un’attesa sterile. Tu devi imparare a
confrontarti con la politica, a dialogare, a contrattare, tenendo il sindacato
lontano dalle singole strategie dei partiti. Con questo atteggiamento e sotto
la tua direzione la Cgil sta correndo il rischio, terribile, di diventare una
vociante folla indifferenziata, senza più alcuna connotazione di classe e
soprattutto di una classe responsabile nei confronti della società e delle sue
istituzioni democratiche. È successo così con la discesa in campo a fianco del
«No» nel referendum sulla riforma costituzionale dove non hai lasciato libertà
di scelta agli iscritti e sta succedendo così adesso con il referendum da te
voluto sul Jobs Act. È molto probabile che anche questo secondo referendum ti
vedrà vincitrice, ma a quale prezzo?
Ti
prego di rifletterci bene e ti prego oggi che ti è arrivato un bel segnale, se
hai la volontà di coglierlo. Il segnale è la notizia di quei compagni
dello SpiCgil emiliano che stanno tranquillamente utilizzando i voucher per
pagare le loro collaborazioni. Sì, proprio quei voucher che
tu hai avuto l’ardire di chiamare “pizzini mafiosi”. Non ti sembra di
esagerare? Non ti sembra che hai perso il senso della realtà delle cose, della
loro concretezza? Tutte cose che invece non mi sembra abbiano perso quei
compagni dello Spi-Cgil. Cerca quindi di ritornare sui grandi binari della
nostra storia sindacale, della nostra esperienza, delle nostre lotte di unità e
di progresso.
SERGIO STAINO
direttore de L'Unità
SERGIO STAINO
direttore de L'Unità
L’Unità,
7 gennaio 2017
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