GIUSI SPICA
Meno cesarei e morti d’infarto ma la qualità delle
cure rimane a macchia di leopardo. I dati del ministero
SANITÀ siciliana in chiaroscuro. Il modello Lombardia è ancora
lontano, ma la volata della sanità siciliana per agganciare il treno delle
regioni più virtuose è cominciata. Perché, se è vero che si muore meno per
infarto, si riducono i tempi per l’intervento al femore, calano i cesarei, è
anche vero che la qualità delle cure rimane a macchia di leopardo, con
strutture sopra la media nazionale e altre ancora indietro. È la Sicilia a due
velocità fotografata dall’agenzia ministeriale Agenas che, attraverso il piano
nazionale esiti, valuta gli ospedali italiani. A sorpresa quest’anno l’Isola si piazza in testa alle regioni del Sud e
nelle prime sette posizioni in Italia, a pari merito con la Toscana e la
provincia di Trento, per numero di strutture che presentano alti standard di
qualità (tra il 15 e il 30 per cento). «Un risultato lusinghiero – dice
l’assessore alla Salute, Baldo Gucciardi – che però deve spingerci a
migliorare. Il progetto Agenas è già uno strumento di valutazione dell’azione
dei manager ». Un buon biglietto da visita per la Sicilia che a Roma sta
cercando di giocarsi la carta dello sblocco delle assunzioni. Ecco le “pagelle”
dei promossi e dei bocciati.
PIÙ ANGIOPLASTICHE
In cinque anni il numero di pazienti con infarto trattati con angioplastica
entro due giorni è aumentato dal 35 al 51 per cento, al di sopra della media
nazionale ferma al 43 per cento. I più “veloci” nel mandare in sala operatoria
gli infartuati sono il Policlinico di Messina (77,6 % dei pazienti trattati) e
il San Vincenzo di Taormina (77,3). I più “lenti” l’Umberto I di Enna, con
appena il 3,6 per cento, e l’ospedale Civico di Partinico (7,3%). Ridurre
i tempi significa salvare più vite: sono 360 le morti evitate nel triennio
2013-2016. A Palermo si distinguono Villa Sofia (4,1 per cento di decessi) e
Cervello (6,6), nel Trapanese l’ospedale di Castelvetrano (6,1). Nella
blacklist il Papardo di Messina (17,6% di morti entro un mese) e l’Umberto I di
Siracusa (16,2).
INTERVENTI LAMPO
Fino a cinque anni fa, se un anziano si fratturava il femore, aveva
pochissime chance di essere operato entro due giorni. Oggi, invece, sono 59 su
100 gli over 65 che finiscono sotto i ferri entro 48 ore. Un risultato che pone
la Sicilia al di sopra della media nazionale ferma al 54,4 per cento. Sul primo
podio ci sono l’ospedale di Mussomeli, con l’86,5 dei pazienti operati nei
tempi stabiliti, il Garibaldi di Catania (82,1) e l’ospedale Civile di Ragusa
(80,7). Maglia nera per l’ospedale di Piazza Armerina, dove solo 4 anziani su
100 sono operati entro due giorni, ma anche all’Umberto I di Enna (19,3) e
l’ospedale di Sant’Agata di Militello (29,6).
MENO CESAREI, PRIVATI BOCCIATI
L’uso del bisturi è ancora elevato, ma anche sul fronte dei cesarei su
primipare la Sicilia migliora, passando dal 39 per cento di tre anni fa al 27,9
del 2015, poco al di sopra della media nazionale del 25,1. E ci sono ben 14
strutture con una percentuale inferiore. Fanno meglio gli ospedali di
Caltagirone (14%), Canicat- tì (15,1) e Modica (15,1). Tra le grandi
strutture si segnalano l’ospedale Cervello (22%) e il Civico di Palermo
(22,8%). Eppure ci sono cliniche private dove più della metà delle donne al
primo parto subisce un cesareo, come la Falcidia di Catania (54,5 %) e la
Serena a Palermo (56,1%). Tra gli ospedali pubblici bocciati ci sono il
Piemonte a Messina e l’Ingrassia a Palermo che sfondano quota 42%. La
provincia più indietro è Trapani, con il 36,5 per cento, ma anche Messina,
Palermo e Catania sfondano la media.
MORIRE DI BRONCOPOLMONITE
Di broncopolmonite si continua a morire troppo. Succede all’ospedale di
Gela, dove 24 pazienti su 100 non ce la fanno, a Barcellona Pozzo di Gotto
(24,6) e al Policlinico di Catania (21,9). Al di sotto nella media del 9,9 per
cento di mortalità entro un mese l’ospedale Garibaldi di Catania (8,5%), e a
Palermo il Cervello (8,3%) e il Civico (7,5%).
La Repubblica Palermo, 21.12.2016
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