Compagne e
compagni,
se è vero che prudenza ed esperienza ci inducono a non dare per certa una
vittoria percepita, non è certamente imprudente prepararsi a gestire la
difficile fase politica che si aprirà dopo il voto referendario e a predisporre
idee, strumenti e iniziative per far fronte a due possibili scenari.
Se prevarrà il NO, verrà bloccato l’assalto all’impianto democratico della Costituzione. E’ questo un obiettivo essenziale ma dobbiamo essere consapevoli che non si bloccherà, da parte dello schieramento battuto, il tentativo di svuotamento dei contenuti di autonomia e del carattere di sovranità statale e democratica della Carta. I tentativi di rivincita riemergeranno anche perché vasto è il fronte, interno ed esterno, dai connotati non solo economici ma anche politici e culturali, che ormai colloca le Costituzioni dei popoli come reperti di archeologia, inadatte a farsi permeabili ai processi di globalizzazione, alle necessità di unificazione e omogeneizzazione della governance, alle leggi del mercato.
Se prevarrà il NO, verrà bloccato l’assalto all’impianto democratico della Costituzione. E’ questo un obiettivo essenziale ma dobbiamo essere consapevoli che non si bloccherà, da parte dello schieramento battuto, il tentativo di svuotamento dei contenuti di autonomia e del carattere di sovranità statale e democratica della Carta. I tentativi di rivincita riemergeranno anche perché vasto è il fronte, interno ed esterno, dai connotati non solo economici ma anche politici e culturali, che ormai colloca le Costituzioni dei popoli come reperti di archeologia, inadatte a farsi permeabili ai processi di globalizzazione, alle necessità di unificazione e omogeneizzazione della governance, alle leggi del mercato.
L’obiettivo di
questo largo fronte è chiaro, più volte dichiarato ed anche teorizzato: le
Costituzioni devono perdere la “rigidità” fondata sulla sovranità nazionale e
popolare, unica titolare della difesa e della revisione del sistema dei diritti
e dei poteri democraticamente conquistati; le Costituzioni - in sostanza -
devono perdere la loro forma storica a favore di una forma “flessibile”, di
“legge-regolamento” la cui malleabilità deve seguire i cicli congiunturali
dell’economia mondiale e dell’equilibrio dei poteri che di volta in volta si
ridisegnano.
Da tempo forze
potenti si stanno muovendo contro il costituzionalismo democratico, individuato
soprattutto in quei sistemi politici dell’Europa “periferica”, marginale, come
viene classificata l’Italia. In un noto report di J.P. Morgan del maggio del
2013 (The Euro area adjustment: about halfway there) tali sistemi si sono
ricostruiti in seguito a dittature e sono segnati da tali esperienze. Le
Costituzioni “tendono a mostrare una forte impronta socialista, riflettono la
forza delle Sinistre politiche, una forza conquistata nella lotta al fascismo”.
Sistemi politici da correggere, quindi, perché da questa forza discendono:
esecutivi deboli, un debole centralismo dello Stato rispetto alle regioni, la
costituzionalizzazione dei diritti dei lavoratori, il clientelismo e tanto
altro da raddrizzare. Ma non è solo l’opinione di una Banca mondiale.
Recentemente molti rappresentanti di interessi forti si sono espressi a favore
di un “riorientamento” della nostra Costituzione nel senso del “vento” dei
mercati, dalla Goldman Sachs (settembre 2016) alla Confindustria.
La riforma
costituzionale di Renzi è dentro questa “tendenza”. L’obiettivo della
Costituzione malleabile era già dentro la nascita di questo Governo. Nel
disegno di legge costituzionale presentato dal Presidente del Consiglio l’8
aprile del 2014, si legge con chiarezza che il processo di revisione deve
seguire “l’esigenza di adeguare l’ordinamento interno alla recente evoluzione
della governance economica europea (…) e alle relative stringenti regole di
bilancio.” Il governo Renzi, senza alcuna dichiarazione al Parlamento, ha
annullato il processo di revisione costituzionale dell’articolo 138 già avviato
e a buon punto dell’iter parlamentare, sostituendolo con una iniziativa, non
del Parlamento ma di una commissione, che ha dato al governo centralità di
iniziativa nel ridisegno costituzionale.
La riforma costituzionale del governo segue il “vento” dei mercati. La “nuova” Costituzione, secondo Renzi, è pensata per far fronte alle “sfide derivanti dalla internazionalizzazione delle economie e dal mutato contesto della competizione globale” e a questo imperativo si deve sacrificare l’impianto del costituzionalismo democratico.
La riforma costituzionale del governo segue il “vento” dei mercati. La “nuova” Costituzione, secondo Renzi, è pensata per far fronte alle “sfide derivanti dalla internazionalizzazione delle economie e dal mutato contesto della competizione globale” e a questo imperativo si deve sacrificare l’impianto del costituzionalismo democratico.
A dividere il
Paese e a infiammare la campagna referendaria non è stata certamente la comune
e sentita richiesta di ridurre il numero dei parlamentari (e non secondo le
recenti pulsioni populistiche del nostro premier) oppure il superamento del
bicameralismo paritario (ben dibattuto sin dentro la Costituente del 1947!) o
–ancora- il superamento del CNEL. Quello che divide e dividerà anche dopo il 4
dicembre, è la natura della nostra Costituzione declassata a legge-regolamento.
Non si fa fatica a riconoscere che la vittoria del SI’ aprirebbe la prospettiva
di una revisione “permanente” della Costituzione perché la forza politica che
vincerà le elezioni, con il premio di maggioranza che trasforma le minoranze
politiche in maggioranze parlamentari, potrà prendere in ogni momento
iniziative nel solco della demolizione del costituzionalismo democratico.
Questo sarà il
terreno di battaglia politica dei socialisti a partire dal 5 dicembre e su
questo terreno lavoreremo con le forze riformiste che hanno scelto il NO e
quella parte della sinistra che avrà la forza e l’intelligenza di non farsi
trascinare in una battaglia di pura difesa dell’esistente.
I socialisti
per il NO, come hanno già detto nella Lettera aperta a tutta la sinistra,
rivolgono un appello a tutte le forze democratiche e riformiste per aprire un
confronto che prenda atto della necessità di dar vita a una Costituzione che si
collochi in una dimensione globale partendo dall’ identificazione del confine
tra sovranità nazionale inalienabile e parti di sovranità nazionale
negoziabili.
Comitato
Socialista per il NO
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