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Il paginone su "La Sicilia" del 17.03.2013 dove ho raccontato la storia di Fondo Favarella dei Tagliavia, di Michele Greco, dei Gioia e di una certa Palermo |
Pubblichiamo l'intervento pronunciato da Roberto Tagliavia a Roma lo scorso 22 novembre alla Giornata nazionale di Confcommercio, ideata per promuovere e rafforzare la cultura della legalità
di ROBERTO TAGLIAVIA
Questa è una storia d’imprenditoria
negata, spiacevolmente normale nel sud d’Italia, il racconto di un patrimonio
preso in ostaggio dalla mafia, in cambio di nulla se non l’impoverimento della
città. Un patrimonio sottratto alla sua funzione naturale di garanzia e risorsa
per una grande azienda, frutto dell’iniziativa di Salvatore Tagliavia, a lungo
sindaco di Palermo nei primi del ‘900 e uno degli ultimi grandi armatori
siciliani, che rilanciò le attività commerciali della città devastata dalla II
guerra mondiale con una flotta di navi cargo e petroliere. E’ una storia che
vede tra i protagonisti i fratelli Greco, a capo della cosca di Ciaculli, la
borgata palermitana dove nel ‘63 un’auto imbottita d’esplosivo provocò una
strage di carabinieri: l’impressione fu enorme e da lì ebbe inizio la
Commissione parlamentare antimafia. I Greco
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Roberto Tagliavia |
erano affittuari del Conte
Tagliavia in diverse campagne e in particolare nel fondo Favarella, oltre
cinquanta ettari di ottimo agrumeto (limoni e mandarini, tra cui il pregiato
tardivo di Ciaculli) alla periferia di Palermo. In questa tenuta, snodo
d’accesso sia per la fascia costiera sia per le zone interne della provincia, i
Greco stabilirono la base operativa per le loro attività e lì hanno consolidato
l’alleanza con i corleonesi Riina e Provenzano, dando vita alla tragica lunga
stagione di delitti che ha piegato la città. E’ una logica che non ha avuto al
centro il miglioramento produttivo del mandarino, e meno che mai delle attività
commerciali e marittime, ma ha mirato al controllo del territorio, magari in
vista di possibili speculazioni edilizie.
I Greco, tenteranno d’impadronirsi di
quel fondo con una richiesta di affrancamento non approvata dal giudice, che
anzi decide per la loro estromissione. Questa decisione non sarà mai eseguita
dall’amministratore dei beni. In questa vicenda entra pure il giudice Falcone
che, inseguendo un assegno del boss camorrista Nuvoletta, risale a Michele
Greco che aveva usato quell’assegno per la strana compravendita di
Verbumcaudio, un altro vasto feudo del conte Tagliavia nel frattempo deceduto,
e curata dall’amministratore dei beni. E’ con quell’indagine che Falcone inizia
il Maxiprocesso che porterà Michele Greco (detto il
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Tagliavia al tavolo del convegno con Rosi Bindi |
Papa della mafia)
all’ergastolo. Nonostante ciò, Favarella resta nelle disponibilità di quella
famiglia senza che l’amministratore dei beni contesti loro l’impossibilità a
condurre i fondi ai sensi della legge sulle affittanze agricole. Così i
proventi dei preziosi mandarineti e delle altre campagne restano sottratti a una
più equilibrata gestione dell’azienda marittima e commerciale della nostra
famiglia. L’azienda entra in sofferenza, misurandosi con tutte le ambiguità del
sistema bancario e scontrandosi con l’amministratore del patrimonio di cui non
appaiono chiare le modalità di gestione (soprattutto dopo la cessione del feudo
di Verbumcaudio). Ne nasce una tormentata vicenda giudiziaria che ha segnato la
nostra vita, anche con inevitabili divisioni interne e un convitato di pietra
seduto sul nostro patrimonio, di fronte a una città indifferente, ormai
rassegnata al declino dell’impresa e assuefatta all’assistenzialismo. Favarella
resta nelle disponibilità dei Greco. Abbiamo ostinatamente resistito in un
percorso di legalità per salvare le attività marittime e alla fine, attraverso
un regolare percorso giudiziario, siamo rientrati nel controllo, almeno
parzialmente, di un patrimonio depauperato, tra cui la Favarella, aprendola
alla città e inserendola in un progetto di valorizzazione ambientale e
produttiva. Sarà la nostra nuova sfida e, questa volta, dalla città e dal
quartiere attorno ci guardano per vedere se riusciremo a farcela. Il racconto
di questa vicenda, però, non è fine a se stesso. Nella più generale riflessione
sul contrasto all’illegalità, richiama l’urgenza di intervenire prima che le
imprese e i beni patrimoniali finiscano nelle disponibilità della mafia,
individuando i punti deboli: se si tratta d’insipienza, di adattamento
all’ambiente o se ci sono nodi di sistema che vanno corretti ritornando sulle
stesse norme del codice civile e sui termini di prescrizione. Nella nostra
esperienza c’è innanzitutto un comportamento delle banche molto nebuloso: un
presunto debito del Conte Tagliavia, assunto per la costruzione di una
petroliera a metà degli anni ‘50, ha dato origine a un vorticoso rincorrersi
d’interessi e di anatocismi bancari. Quel debito stratosferico ha costretto gli
eredi a cedere il patrimonio a un contenitore societario in cambio solo del 40%
delle azioni, dove semplici fideiussori sono diventati soci, assicurando
all’amministratore unico una maggioranza inossidabile del 60%. Le banche, in
seguito, si sarebbero accordate con la cessione di un solo stabile, pari a un
sesto del supposto e preteso (sic!) credito. Il che la dice lunga sulla
credibilità dei numeri appostati in bilancio. Certo, c’è in questa vicenda il
tema non risolto della successione nella gestione dei grandi patrimoni e delle
imprese, dove si dovrebbe poter conciliare la continuità di una corretta
gestione con la tutela dei legittimi eredi. Ad oggi, in Italia, non ci sono
strumenti legali ad hoc, eppure è un tema che merita ricerca e riflessione,
perché è proprio quando viene meno l’imprenditore-fondatore che si determina un
punto di debolezza suscettibile d’infiltrazioni. In simili situazioni possesso
e proprietà, la cui distinzione è abbastanza chiara e definita giuridicamente,
nei fatti può diventare evanescente. Nella nostra vicenda si è addirittura
capovolta la certezza della titolarità di un bene e la conseguente
responsabilità sul suo uso, a vantaggio di un possesso irresponsabile e tanto
pervicace da modificare la percezione sociale della proprietà. A Palermo,
ancora oggi, si fa fatica a riconoscere che la Favarella non è mai stata e non
è proprietà dei Greco. Questo ci obbliga a ragionare sul rischio che strumenti
societari (società per azioni in particolare) siano usati per copertura e per
impedire ai proprietari un efficace controllo sulla gestione. E’
l’amministratore che ha titolo all’azione legale e, se blindato da una maggioranza
di comodo, è davvero l’unico che può tutelare efficacemente i beni. Che cosa
succede, però, quando l’amministratore è condizionato da ambienti o personaggi
mafiosi, come nel nostro caso? Quali efficaci controlli ci sono per le piccole
società non quotate in borsa? Come possono intervenire efficacemente i soci?
Proprio nel momento in cui avevamo avviato azione di responsabilità per una
gestione quanto meno opaca, è intervenuta la legge di depenalizzazione del
reato di falso in bilancio, annullando in un solo colpo la nostra azione. La
depenalizzazione è durata a lungo, come l’anatocismo, nella distrazione di un
Paese che è sembrato non percepire quanto l’alterazione dei bilanci fosse
strumento per alterare gli equilibri societari. Oggi non è più così, ma è
tardi. Infatti, c’è la prescrizione. In assenza di un’iniziativa
dell’amministratore e in assenza di un intervento della magistratura i tempi
decorrono. Quando, finalmente, mutati gli equilibri societari, si poteva
mettere ordine, la risposta tombale del magistrato è stata: ma ormai è tutto
prescritto! Così il disegno di esproprio si legittima, il residuo patrimonio
resta prigioniero di un contenitore societario e d’interessi non facili da
gestire. Di fronte a un simile esito, un normale cittadino che vede confermato
il successo di chi ha esercitato il possesso di beni senza esserne proprietario
sceglierà di difendere il suo buon diritto per vie legali o preferirà
accordarsi con chi esercita la sopraffazione? E’ questo il nodo che, se non
risolto, porterà all’eterno riprodursi d’infiltrazioni mafiose nelle imprese.
Personalmente ho scelto la prima strada, ma vorrei far notare che questa
vicenda ha avuto inizio nei primi anni ’70 del secolo scorso, avevo vent’anni,
oggi ne ho sessantasette. Quando questa storia ebbe inizio, né Confcommercio né
Confindustria, sembravano rendersi conto di come la disattenzione ai temi della
proprietà responsabile potesse portare a morte l’imprenditoria sana. Oggi
qualcosa è cambiato, sul piano legislativo e su quello della consapevolezza, ma
non mancano debolezze e contraddizioni di cui la stessa antimafia ha mostrato i
segni, e tuttavia questo nostro incontro può avere un valore enorme se saprà
proporre il rafforzamento dell’impresa e della proprietà responsabile come
priorità e cardine di una legalità efficace. E’ difficile immaginare un sistema
di controllo capillare, è più facile rendere conveniente la legalità e forti i
soggetti interessati a un uso legittimo delle risorse.
Roberto Tagliavia
Roma, 22 novembre 2016
2 commenti:
Salve sig. Tagliavia, il suo racconto è molto interessante e molto triste nello stesso tempo, che pena apprendere che il vostro fondo sua stato per tanto tempo sequestrato da gente senza scropli e con mezzi illegali... A fondo favarella perché non vengono le scuole di Palermo, ma quelle del nord? Hanno ancora l'omertoda paura dei mafiosi, o sono insensibili alla lotta alla mafia, alla legalità, non hanno la cultura e l'apertura mentale, l'interesse per una evoluzione della nostra città, e dei suoi cittadini che sono stati detupati dai mafiosi? Mi colpisce tutto ciò... Mi colpisce che avete dovuto cedere la casa del vostro avo alla famiglia del mafioso... Mi disgusta... Che dolore provo da palermitana con tanto attaccamento alla legalità e a valori come l' onesta morale ed intellettuale..sarebbe bellissimo che i suoi proposti per far rifiorire agli antichi splendori fondo favarella si potesserorealizzare, e glielo auguro di cuore, da palermitana ne gioirei, un luogo così bello merita di nuovamente di risplendere... Potrei avere qualche contatto per poter prenotare un ticket e fare una visita guidata nel suo sito? La ringrazio, Alessandra compagno
Buongiorno, signora.
Può scrivere a Roberto Tagliavia a questo indirizzo mail: robtag@libero.it
Buona giornata
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