Il "ponte di mare" sul fiume Oreto a Palermo |
L’infrastruttura subì varie lesioni a causa delle piene, ma fu sempre
ristrutturata e rimessa in funzione a tempo di record
LINO BUSCEMI
SUL FIUME Oreto, con l’ovvio scopo di consentire più agevoli
attraversamenti da e verso la città, sono stati costruiti, a partire dal XIII
secolo e fino a tempi recentissimi, una decina di ponti. Di questi, il ponte
dell’Ammiraglio, non più attivo, è stato trasformato in un museo all’aperto.
Mentre altri due, il ponte delle Teste e il ponte Rotto, non sono più
esistenti. Tutti gli altri sono in “servizio”, sebbene alcuni di essi siano
stati travolti, a suo tempo, dalla violenza delle acque del fiume in piena e
poi, celermente, ricostruiti di sana pianta.
Quello che più di ogni altro ha subito accadimenti non proprio fortunati è,
senz’altro, il ponte di Sant’Erasmo, successivamente denominato “ di mare”.
Nondimeno, dopo 430 anni, fra crolli, ricostruzioni e danneggiamenti, è al suo
posto (quasi all’altezza della foce del fiume) per assicurare il collegamento
fra la parte orientale e quella occidentale della città. I lavori per la
costruzione del primo antico ponte, con dimensioni più piccole rispetto
all’attuale, ebbero inizio nel 1584 e si conclusero due anni dopo quando venne
inaugurato in pompa magna dal pretore (sindaco) don Fabrizio Valguarnera,
barone di Godrano. L’opera si rivelò subito utile per agevolare il transito
verso le borgate marinare di Romagnolo (già “Mustazzola”), Sperone e Acqua dei
Corsari e paesi vicini ad iniziare da Bagheria.
Per circa 130 anni le cose filarono lisce come l’olio, finché, nell’autunno
del 1717, il cinquecentesco ponte subì “gravi lesioni” a causa
dell’attraversamento di numerosi, ampi e pesanti, carri, trainati da buoi,
stracarichi di tronchi di legname da recapitare alla cantieristica navale. Per
evitare il peggio, si resero necessari urgenti e costose opere di
consolidamento. Passarono appena cinque anni e si verificò l’irreparabile: il
fiume Oreto, fatto assai raro, a causa di una violenta inondazione, avvenuta il
7 ottobre del 1772, si ingrossò a tal punto che le sue minacciose acque
travolsero, inghiottendolo, il ponte appena rafforzato, come riferisce lo
storico Gaspare Palermo nella sua ottocentesca Guida della città.
Nel 1777, sotto l’impulso amministrativo del pretore principe di Resuttana,
si trovarono i quattrini per edificare un nuovo più ampio ponte quasi nello
stesso sito dov’era il precedente. L’11 giugno dell’anno successivo, con
sorprendente rapidità (altri tempi...) era già sotto gli occhi di tutti. Il
vicerè Marcantonio Colonna, principe di Stigliano, data l’importanza
dell’evento, in un clima di euforia e di festa, di buon grado tagliò il nastro
ed attraversò in carrozza il nuovo ponte “ di mare” già Sant’Erasmo. Lo stesso
giorno il medesimo vicerè, accompagnato dal pretore don Antonio La Grua,
inaugurò l’elegante pubblica Villa Giulia. Quando nel febbraio del 1931 si
abbattè su Palermo un indimenticato terribile nubrifagio, il settecentesco
ponte resse egregiamente all’urto delle aggressive acque dell’Oreto, le quali
avevano già sbriciolato il ponte della Guadagna (poi ricostruito) e quello
detto “delle Teste” vicino al Ponte dell’Ammiraglio.
Poco dopo il 1970, furono finanziati i lavori di ampliamento della
carreggiata (non di molto) e di rafforzamento dei tre archi di “volta reale”
che contraddistinguono il ponte, detto anche della “Foggia” ma ormai da tutti
conosciuto come “di mare”. Per la cronaca, tutta la foce dell’Oreto e l’area
circostante, a parte quella occupata dalla ex stazione della dismessa ferrovia
Palermo-Corleone, attendono da anni, dopo alcuni estemporanei interventi, di
essere bonificati e riqualificati. Se ne ricorderanno, nei loro programmi, i
prossimi candidati a sindaco?
La Repubblica/Palermo, 10 nov 2016
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