Aldo Tortorella |
di ALDO TORTORELLA
La Costituzione tradita dalla riforma. Lettera commovente di Aldo Tortorella
"Care compagne e cari compagni, un malanno invernale, complice l’età, mi impedisce di essere oggi con voi come avrei desiderato per dirvi innanzitutto tutta la mia indignazione per il modo con cui si viene svolgendo questa campagna referendaria da parte di coloro che oggi hanno il governo del Paese. Trovo scandaloso che i pubblici poteri siano impegnati ad alimentare con ogni mezzo compresi quelli meno leciti una campagna di disinformazione e di falsità. La televisione in ogni ora del giorno e della notte è occupata da questo presidente del consiglio il quale con tutti i problemi che ci sono non ha altro da fare che saltare da un programma all’altro o da un palco all’altro palco a far la sua propaganda e a propagandare se stesso. Più che un uomo di governo abbiamo un attore televisivo, oltre che uno studente bocciato dal suo professore di diritto costituzionale.
La Costituzione tradita dalla riforma. Lettera commovente di Aldo Tortorella
"Care compagne e cari compagni, un malanno invernale, complice l’età, mi impedisce di essere oggi con voi come avrei desiderato per dirvi innanzitutto tutta la mia indignazione per il modo con cui si viene svolgendo questa campagna referendaria da parte di coloro che oggi hanno il governo del Paese. Trovo scandaloso che i pubblici poteri siano impegnati ad alimentare con ogni mezzo compresi quelli meno leciti una campagna di disinformazione e di falsità. La televisione in ogni ora del giorno e della notte è occupata da questo presidente del consiglio il quale con tutti i problemi che ci sono non ha altro da fare che saltare da un programma all’altro o da un palco all’altro palco a far la sua propaganda e a propagandare se stesso. Più che un uomo di governo abbiamo un attore televisivo, oltre che uno studente bocciato dal suo professore di diritto costituzionale.
Dire che il maggiore problema della repubblica è la presunta lentezza
legislativa dovuta al bicameralismo è una favola. In Italia si fanno anche
troppe leggi e il guaio è che spesso sono leggi sbagliate. E molte leggi
sbagliate sono state e vengono approvate anche troppo rapidamente come è
accaduto e accade alle leggi governative definite decreti d’urgenza. Il primato
spetta alla sciagurata legge Fornero sulle pensioni approvata in 16 giorni.
Tutti i decreti-legge di questo governo sono passati in meno di 44 giorni. Il
presidente del consiglio dunque mente sapendo di mentire quando dice che vuole
questo stravolgimento della Costituzione per fare presto. Ha fatto anche troppo
presto con molte misure dannose per i lavoratori e per il paese.
Sono le leggi di iniziativa parlamentare ad andare lentamente ma il motivo
sta non nel bicameralismo ma nelle liti interne alle maggioranze. Un esempio:
la legge anticorruzione d’iniziativa parlamentare ha impiegato 798 giorni per
essere approvata e cioè due anni e due mesi e si capisce perché: non andava mai
abbastanza bene a questo o a quel gruppo di maggioranza. Due anni e due mesi
per annacquarla e sciacquarla fino a renderla la più innocua possibile.
La verità è che si vuole una Camera che conti eletta con sistema
ultramaggioritario per dare più potere al governo di imporre la propria volontà
sopra e contro la rappresentanza popolare. Questa contro riforma della
Costituzione stabilisce che il governo ha la priorità su tutte le leggi del suo
programma e non più solo sui decreti d’urgenza e ha il potere di fissare il tempo
massimo di discussione, 70 giorni. Con questo sistema inaudito in qualsiasi
regime liberal-democratico il governo diventerebbe il padrone della
rappresentanza parlamentare a sua volta truccata. Già oggi la Camera è eletta
con un sistema maggioritario, quello del porcellum, che ha dato la maggioranza
assoluta alla coalizione di centro sinistra arrivata di poco avanti alla
destra. E la nuova legge elettorale già in vigore è ancora peggio, anche se ora
si sono accorti che può essere disastrosa.
Dopo avere giurato sulla sua bontà e averla imposta con tre voti di fiducia
ora dicono di volerla cambiare, ma senza toccare il maggioritario. Per
difendere la loro controriforma , dicono anche il Pci alla costituente era per
una sola camera. Certo, ma con il parlamento “specchio del Paese” e cioè con la
legge elettorale proporzionale. E poi il Pci accettò il bicameralismo perché
intese che era una garanzia in più nel duro periodo che si veniva aprendo con
la rottura dell’unità antifascista e con la guerra fredda iniziata proprio nel
1947, mentre si lavorava alla Costituzione. E comunque, secondo il Pci, il
Senato doveva essere eletto dal popolo.
Dunque il presidente del consiglio imbroglia sapendo di imbrogliare quando
dice che non ha toccato i poteri del presidente del consiglio. Non li ha
toccati perché ha toccato e esaltato il potere del governo e dunque del capo
partito che lo guiderà. Già oggi lui governa come espressione di una minoranza
del 29 per cento dei voti contro le opposizione che rappresentano il doppio. E
con la sua controriforma, domani, un capo partito che può essere un qualsiasi
seguace nostrano di Trump o di Le Pen o qualche altro avventuriero può ancor
più di lui spadroneggiare l’Italia.
Con le mani di un partito formalmente di centro sinistra si prepara la via
al peggio, come successe negli anni 20 del ‘900 al Parlamento della Repubblica
democratica di Weimar nata dal crollo dell’impero tedesco seguìto alla prima
guerra mondiale. Essendoci molti disordini di piazza, il Parlamento democratico
tedesco stabilì che in caso di stato d’eccezione le garanzie costituzionali
potevano essere sospese. La coalizione nazista vinse le elezioni, decretò lo
stato d’eccezione e iniziò la propria criminale avventura. Diceva un proverbio
antico che Dio fa impazzire coloro che vuol perdere. In questo caso, però, la
colpa non è di Dio, ma di chi dà ascolto a questi scriteriati saltimbanchi del
potere per il potere o a quelli che usano i soldi per il potere e il potere per
i soldi.
E non è meno scandaloso dire che si sopprime il Senato, quando non lo si
sopprime affatto ma lo si ridicolizza trasformandolo in una Camera di
consiglieri regionali e sindaci a tempo perso, in più gravandolo di compiti
cosi confusi che i costituzionalisti prevedono forieri di guai. Si dice che
così si vuole dar voce ai territori: ma nello stesso tempo si stabilisce che lo
stato di guerra adesso sarà deciso dall’unica Camera , cioè da un partito
minoritario e dal suo capo. Si vede che in caso di guerra i territori non
devono aver niente da dire.
Si sparano cifre assurde di risparmi inesistenti, smentiti dalla ragioneria
generale dello stato. Si conduce una campagna qualunquista contro quelli che
non vogliono perdere le poltrone, ma io che vi scrivo adesso non ho alcuna
poltrona da perdere o da conquistare. Ho solo avuto da conquistare qualche
malanno aggirandomi per l’Italia a testimoniare contro questa bruttura, perché
penso a chi la Costituzione l’ha conquistata e ci ha lasciato la vita o a chi
ha speso tutta l’esistenza a difenderla e ora non può più farlo.
I guai dell’Italia non dipendono dalla Costituzione. Con questa
Costituzione abbiamo ricostruito l’Italia garantendone, nel bene e nel male, lo
sviluppo, abbiamo conquistato diritti sociali e civili. I guai dell’Italia
dipendono piuttosto dal fatto che il programma costituzionale è stato sempre
combattuto e in larga misura è rimasto inapplicato. Per cinquant’anni l’Italia
è stata una democrazia dimezzata dalla convenzione imposta dall’estero per
escludere il più forte partito d’opposizione dal governo, anche quando nessun
governo si poteva fare senza i suoi voti. Ma l’obiettivo vero era un altro, era
proprio quella Costituzione che fonda la Repubblica sul lavoro e va oltre la
eguaglianza formale, pur indispensabile, impegnando lo Stato a rimuovere “gli
ostacoli economici e sociali” che limitano di fatto libertà ed eguaglianza, e
così statuendo il principio dell’uguaglianza sostanziale.
Di qui viene l’affermazione del lavoro non più come una merce, ma come un
diritto da garantire, viene il criterio della retribuzione da adeguare in ogni
caso ad una vita libera e dignitosa, viene la indicazione del compito sociale,
cioè non egoistico, della stessa proprietà privata. Ecco lo scandalo: questa
Costituzione esalta il lavoro e non il capitale. E ciò avvenne perché i
costituenti, pur divisi da differenti visioni politiche, venivano in grande
maggioranza dalla lotta antifascista e sapevano che il fascismo era stato una
creatura incoraggiata, promossa e sostenuta innanzitutto dal capitale finanziario,
industriale e agrario.
Fin dai primi anni questa Costituzione fu definita “una trappola” da parte
delle forze più conservatrici. E la storia dei primi cinquant’anni di vita
repubblicana è segnata, come in nessun altro paese occidentale, da una
ininterrotta scia di eversione e di sangue per spiantare questa possibile nuova
democrazia: dallo stragismo nero al terrorismo detto rosso che con l’assassinio
di Moro compì il capolavoro di portare a compimento il proposito della destra
con le mani di supposti rivoluzionari di sinistra. Con quel delitto cadeva il
tentativo estremo di Berlinguer e di Moro di dare compiutezza alla democrazia
italiana e iniziava il declino.
Ci raccontarono un quarto di secolo fa che il sistema elettorale
maggioritario avrebbe dato stabilità, risolto problemi annosi, eliminato i
piccoli partiti. Ma i fatti sono stati un ventennio di berlusconismo e
l’aggravamento di tutti i problemi, dal debito alla disoccupazione. E mai ci
sono stati tanti partiti in Parlamento e così pochi militanti fuori, mai c’è
stato un tale trasformismo tra deputati e senatori. Ora c’è l’attacco finale
alla Costituzione perché, dicono, offre troppe garanzie. E dicono che si
smantella la seconda parte della costituzione ma si salvano i principi della
prima parte. Ma questo è un discorso per allocchi.
La seconda parte della Costituzione è l’applicazione della prima. La
sovranità popolare si restringe ancora di più con l’accentramento del potere, i
principi sociali già calpestati diventano sempre più carta straccia. Ma ci
dicono che anche la destra dice di votare no. Certo. E noi facemmo la lotta di
liberazione antinazista e antifascista anche con i monarchici. La Costituzione
è di tutti, non proprietà di partito. E si dovrebbe essere lieti che proprio
quelli della destra che hanno sempre attaccato la Costituzione oggi sono
costretti a difenderla perché ne riconoscono finalmente il valore anche per
loro, ora che si sentono in minoranza. E c’è piuttosto da temere che dicano di
votare no, ma pensino e facciano il contrario, seguendo i Verdini e gli Alfano.
All’origine della stretta autoritaria, voluta non solo in Italia dai ceti
più retrivi, sta il fatto che non si riesce a uscire dalla crisi: dalla lunga
crisi iniziata dopo gli anni settanta e da quella che rischiava di essere
catastrofica iniziata nel 2007. La vittoria globale del capitalismo non ha
portato a spegnere i suoi problemi, ma a complicarli.
La globalizzazione crea nuovi squilibri e nuovamente torna la tendenza,
come dopo la crisi del 29, alle chiusure nazionaliste, allo sciovinismo, alle
guerre. Allora fu la Germania a imboccare la via della razza eletta, adesso il
razzismo, per ora a fini interni, ha vinto negli Usa. Alle porte dell’Italia,
oltre il mare, c’è la guerra generata dalla ripresa di velleità egemoniche dei
paesi nostri alleati nelle terre del petrolio. Centinaia di migliaia di morti,
milioni di disperati e di profughi. Ecco il motivo della stretta istituzionale,
ecco il pericolo.
Il mio cammino personale è al termine, e dunque non ho nulla da temere ma
temo per questi giovani di oggi. Altro che lavoro come diritto, salario
dignitoso, istruzione elevata. E il rischio, in tanta frustrazione, è la
possibilità che vengano cacciati in nuove avventure. Ho negli occhi le
manifestazioni giovanili per la guerra in Germania e in Italia nel 39 e nel 40,
pagate poi con la catastrofe loro e di tutti. Le organizzavano i fascisti, ma
trascinavano i molti. E non credo eccessivo l’allarme quando al fanatismo della
setta dell’ISIS si risponde con il fanatismo antimusulmano nelle manifestazioni
con Trump. O con il fanatismo antiimmigrati di certi ceffi nostrani o di quel
paesino di una terra che fu rossa.
Sono solo i sintomi piccoli e grandi di una malattia che si aggrava. Mai
come oggi è necessario il massimo di garanzie. Salvare la Costituzione è
indispensabile, anche se non basta. Si dice che chi difende la Costituzione è
un passatista. E lo dicono questi nuovisti che hanno combinato solo guai.
L’attacco alla Costituzione è in realtà una volontà di ritorno al passato, quando
chi comandava era sicuro di non essere disturbato. Oggi dire di no è il
migliore modo di dire di sì all’avvenire, è l’unico modo di tenere aperta le
porte alla speranza”.
Nuova Atlantide, 24 novembre 2016
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