di LAURA MONTANARI
Sfatare pregiudizi e false notizie sui flussi migratori: è
l’obiettivo della conferenza organizzata dalla Fondazione Veronesi a pochi
giorni dalla scomparsa del suo creatore e animatore. “Serve una
legge che cancelli il reato di clandestinità e dia brevi permessi di
soggiorno”, dice Emma Bonino
«Non è una catastrofe e non è nemmeno un’invasione». Emma Bonino
pensa che il tema dell’immigrazione debba essere spogliato da molte bugie che
lo avvolgono a cominciare dal «ci rubano il lavoro» al «guadagnano 35 euro al
giorno per non fare niente». Lei e i Radicali italiani hanno ideato un
“prontuario” per sfatare leggende che sembrano costruite apposta per creare un
clima ostile contro gli stranieri che approdano sulle coste greche o su quelle
italiane dopo avventurose e spesso drammatiche traversate in mare sui gommoni
dei trafficanti.
Emma Bonino sarà fra gli ospiti dell’ottava conferenza di Science
for Peace, progetto avviato nel 2009 da Umberto Veronesi, intitolata
“Migrazioni e futuro dell’Europa”. L’appuntamento è in programma il 18 novembre
all’università Bocconi di Milano, dove ci saranno fra gli altri anche Alberto
Martinelli, presidente dell’International Social Science Council, scienziati
come Telmo Pievani e Guido Barbujani, la sindaca di una città di frontiera come
Lampedusa, Giusi Nicolini, un sociologo come Domenico De Masi e poi Gherardo
Colombo, Kathleen Kennedy Townsend e altri. Emma Bonino interverrà sul tema del
governo dei flussi migratori: «Penso che quello che serva all’Italia oggi sia
una nuova legge sull’immigrazione, dobbiamo aggiornare le norme per poter stare
al passo con la realtà», spiega l’ex ministro degli Affari Esteri del governo
Letta. «Abbiamo bisogno di una legge che, per esempio, cancelli il reato di
clandestinità introdotto dalla Bossi-Fini, che preveda un permesso di soggiorno
temporaneo per la ricerca di occupazione. E poi la reintroduzione della
chiamata diretta, la semplificazione delle procedure per il riconoscimento dei
titoli di studio».
Secondo le Nazioni Unite, nel 2015 i migranti (intesi come persone
che vivono in un Paese diverso da quello di origine, quindi non soltanto i
profughi) nel mondo sono stati 244 milioni, circa il 3 per cento della
popolazione del Pianeta. L’Europa ne ospita 76 milioni, l’Asia 75, il Nord
America 54, l’Africa 21, l’America Latina 9 e l’Oceania 8. Di tutte queste
persone circa il 10-15 per cento è totalmente sprovvisto di documenti. I
residenti stranieri in Italia sono circa 5 milioni: siamo il terzo Paese
dell’Unione europea, più di noi ne ospita la Germania (7,5 milioni) e il Regno
Unito (5,4 milioni). Ma se si guarda all’incidenza sulla percentuale della
popolazione, si scopre che in Italia è dell’8,2 per cento a fronte del 45 del
Lussemburgo, il 13 dell’Austria, il 10 della Spagna. “Questi numeri”, scrive in
una nota Science for Peace, “dovrebbero aiutarci a ridare le giuste proporzioni
ai flussi migratori che hanno interessato di recente l’Europa: certamente
ingenti, ma abbastanza modesti in termini globali”.
Alla conferenza alla Bocconi interverrà, fra gli altri, il
professor Massimo Livi Bacci, uno dei massimi esperti di demografia: «Potremmo
ricordare che alla fine della Seconda guerra mondiale, quando vennero
ridisegnati i confini di Germania, Polonia e Urss, i rifugiati furono fra i 15
e i 16 milioni o che quelli dell’ex Jugoslavia fra gli anni 1992 e 1993 furono
tra i 700 e gli 800mila, mentre se prendiamo gli esodi via mare dell’anno
scorso arrivati in Europa, siamo a oltre un milione». E allora perché tutto
questo allarme? «La questione rifugiati», risponde Livi Bacci, «sta mettendo a
nudo la disunione dell’Europa. Ci sono Stati che giocano al “Lego migratorio”
alzando, in certi posti, dei muri. Quello che emerge sono le enormi difficoltà
da parte dell’Ue».
Va detto però che nel mondo il fenomeno dei profughi ha raggiunto
livelli senza precedenti: si contano 40 milioni di sfollati, 21 milioni di
rifugiati (sia politici, sia economici, cioè quelli che fuggono dalle povertà).
Il fatto più preoccupante è che, come sottolinea nel presentare l’iniziativa di
quest’anno Science for Peace, questa situazione è destinata ad aggravarsi sia
per “l’instabilità politica delle regioni dalle quali i migranti si muovono,
sia per l’esponenziale crescita demografica mondiale. Per disegnare una
strategia di risposta possibile è necessario uno straordinario sforzo politico,
culturale e scientifico”. A parte la pace, bisogna “mettere in atto strumenti
per raggiungere una sostenibilità dal punto di vista agricolo e climatico. In
secondo, per migliorare la salute delle persone sono indispensabili maggiori
investimenti in ricerca, prevenzione e cura delle malattie”. In Africa uccidono
oltre alle armi, patologie facilmente debellabili con vaccini o con
accorgimenti igienico- sanitari. Da qui l’importanza di promuovere politiche di
pace e di cooperazione dal momento che è chiaro che l’accoglienza, pur
necessaria, non potrà da sola garantire il futuro ai popoli in cammino.
La Repubblica, 12.11.16
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