Totò Pollichino durante un intervento in consiglio comunale |
CATERINA POLLICHINO
Alcuni affermano che
una grave minaccia incombe su Chiusa Sclafani, una potente epidemia conosciuta comunemente
con il nome di “struzzismo” che rischia di mietere molte vittime innocenti. Per
chi non ne fosse a conoscenza lo “struzzismo” è una malattia letale che si
manifesta con la tendenza di nascondere la testa sotto la sabbia per non
vedere. Sappiate che la popolazione chiusese ne è immune. I chiusesi, vedono,
sentono, discutono, si indignano... La cultura del silenzio e dell’omertà non
ci appartiene. Il silenzio è mafia e noi non siamo mafiosi! Non capisco perché
si voglia far passare Chiusa Sclafani come un paese omertoso, retrogrado,
vigliacco, incapace di reagire. E torna in mente un tema attuale: la lotta alla
mafia per un tornaconto personale, per fini meramente politici. Mi auguro che
non sia così. Forse il problema è dato dal fatto che alcuni sono troppo giovani
per sapere e altri troppo vecchi per ricordare (convinta che alcuni
“galantuomini”, pur alla loro veneranda età, ricordino perfettamente tutto). Il nostro è un paese
che già nel lontano 1984 denunciava l’intreccio tra mafia – affari - politica
avviando un concreto e reale processo di cambiamento. Riporto
alcuni stralci del lungo e dettagliato memoriale di mio Padre:
(…) L’esigenza di dare
una dimensione etica alla politica è stato l’elemento ispiratore e fortemente
caratterizzante della Lista Civica, convinti già allora della priorità della
questione morale: siamo stati antesignani e protagonisti di una battaglia
di denuncia e di moralizzazione che poi ha trovato riscontro nell’azione dei
magistrati. Il 6 agosto 1988 scrivo al Presidente della Regione, agli Assessori
regionali e al Prefetto: “I Comuni hanno bisogno di autonomia finanziaria,
diversamente gli amministratori sono costretti all’accattonaggio presso le
segreterie dei politici, dei signori del Palazzo, dei procacciatori d’affari….si
ha la sensazione che si voglia continuare a mortificare l’ente locale,
costringendo gli amministratori ad essere asserviti a padrini e intermediari e
consolidando le clientele e la prassi delle tangenti.”
(…) Il periodo 1992/93
rappresenta il momento più esaltante e, contemporaneamente, l’epilogo di una
stagione politica che ha segnato comunque una svolta: si avvia nell’intero
Paese quel processo di rinnovamento iniziato a Chiusa Sclafani già nel 1984 ed
a Palermo alla fine degli anni ottanta(“la primavera di Palermo”). Ma ci si è
fermati a metà: non si è avuto il coraggio di scelte radicali, di emarginare
personaggi apparentemente al di sopra di ogni sospetto e pesantemente coinvolti
nel sistema della corruzione.
Nel corso degli anni
vengono intitolate diverse nuove strade: Paolo Borsellino, Carlo Alberto Dalla
Chiesa, Giovanni Falcone, Pio La Torre, Aldo Moro, Padre Pino Puglisi…
Tra i momenti
culturali particolarmente significativi: la presentazione del libro di Dino
Paternostro “l’antimafia sconosciuta” ; l’anniversario della strage di via
d’Amelio ricordato con dibattiti in piazza, concerti …. per non dimenticare
quanti sono caduti nell’adempimento del proprio dovere, per non arrendersi alla
violenza mafiosa, per rivendicare verità e giustizia.
(…) Per le elezioni
amministrative del novembre 1993 i sopravvissuti dei partiti mafiopoli scendono
in campo più agguerriti che mai, non direttamente come in passato, ma
attraverso loro accoliti o prestanome: presentando gente apparentemente nuova
vorrebbero rimettere le mani sul Comune.
Il mio programma di
candidato a Sindaco e della lista civica “INSIEME” sintetizza il lavoro di due
mandati precedenti e delinea gli impegni per l’avvenire. Liberare e
ricostruire: due fasi che dal 1984 caratterizzano la guida politico –
amministrativa di Chiusa Sclafani e ancora oggi attualissime, soprattutto dopo
che le nostre battaglie e le nostre denunce hanno trovato riscontro nell’azione
coraggiosa dei magistrati, e che costituiscono le linee portanti del mio
programma per i prossimi quattro anni (…)
Rendere sempre più
democratica, partecipata, trasparente, efficiente ed efficace l’azione
amministrativa deve essere il principale obiettivo da perseguire, consapevoli
che solo nel rispetto della legalità è possibile garantire la civile convivenza
ed un autentico sviluppo economico e sociale (…)
E’ dal 1984 che vengo
aggredito in sede politica, in sede amministrativa e a livello personale: ieri
direttamente dai “pupari”, oggi attraverso i “pupi”!... Per non parlare delle
tante strumentalizzazioni! Gli autori sembrano persone per bene, alcuni fanno
anche bella mostra di un’assidua frequenza della Chiesa e dei Sacramenti, ma è
gente che usa tutti i mezzi per denigrare e delegittimare chi disturba i suoi
interessi; è gente che con le parole, le azioni, con l’incontrollabile mimica
del viso, esterna tutto l’odio e il rancore per la mia persona e per
l’esperienza di questo decennio.
Più volte sono stato
tentato di buttare la spugna ma la fiducia che la gente riponeva nella nuova
esperienza mi ha fatto desistere da decisioni che avrebbero tradito le
aspettative di quanti erano stanchi di un passato in cui il diritto era
considerato un favore.
Non sono stato solo:
il merito va anche alle forze politiche che coraggiosamente hanno voluto e
sostenuto questa esperienza, agli amici della prima ora e di sempre, Nino
Gendusa, Michele Coscino, Totò Radosta , Pietro Ragusa, Giuseppe Russo Tiesi
con i quali ho condiviso e attuato scelte decisive per il futuro di Chiusa
Sclafani, ai funzionari ed ai dipendenti che hanno collaborato con senso di
responsabilità, agli assessori Giuseppe Bilello, Franco Maniscalco, Totò
Radosta, per il loro apporto determinante (…)
A quanti in diverse
occasioni mi hanno confermato fiducia e stima il ringraziamento per tanti
consensi accordatimi; e voglio rassicurarli che, comunque dovesse andare in
futuro (anche grazie al lavoro di questi anni, in cui sono stati posti dei
paletti che difficilmente potranno essere rimossi!), indietro non si torna!
Sarà necessario, comunque, vigilare perché l’azione di chi amministra la cosa
pubblica sia improntata a criteri di legalità, efficienza, rigore e
trasparenza.
Salvatore Pollichino
Il tempo è galantuomo,
restituisce la verità e ripara i torti subiti. Ci vuole un enorme coraggio non
tanto per parlare quanto per agire perché di belle parole ne è pieno il mondo.
Come affermò Giovanni Falcone, “credo che ognuno di noi debba essere giudicato
per ciò che ha fatto. Contano le azioni non le parole. Se dovessimo dare
credito ai discorsi saremmo tutti bravi e irreprensibili”.
Non possiamo pensare
di combattere la mafia unicamente con dibattiti e manifestazioni per poi
tornare a casa e continuare a coltivare il nostro orticello, ritenendoci magari
soddisfatti e in pace con noi stessi per la buona azione compiuta. La cultura
della legalità da sola non basta. Dietro la forza della mafia c’è un problema
di giustizia sociale. Una lettera scritta da Pertini rende bene l’idea: “Mi
dica, in coscienza, lei può considerare veramente libero un uomo che ha fame,
che è nella miseria, che non ha lavoro, che è umiliato perché non sa come
mantenere i figli ed educarli? Sarà libero di bestemmiare, di imprecare, ma
questa non è libertà. Gli uomini per essere liberi, è necessario prima di tutto
che siano liberati dall’incubo del bisogno.”
Spesso i giovani si
avvicinano all’illegalità a causa della mancanza di politiche sociali, di
lavoro. La classe politica dovrebbe amministrare come un buon padre di
famiglia. Quest’ultimo non si limita ad educare i propri figli, ma li
accudisce, li prende per mano, crea loro opportunità, li aiuta a costruirsi un
futuro, non li abbandona, non li lascia in balia del loro destino.
L’assenza di una
classe politica capace, presente e vicina ai bisogni dei cittadini induce molti
ragazzi a diventare “figli” della mafia che, garantendo sicurezza e protezione,
sopperisce tale assenza aumentando in questo modo la sua forza e il suo potere.
Mi auguro che il padre
di famiglia non continui a deludere i suoi figli.
Spero vivamente che
non si butti nel dimenticatoio il lavoro che mio padre ha portato avanti per
anni, che quei paletti non vengano distrutti.
Si condanna tanto la
vecchia politica spalancando le porte al “nuovo” che avanza, a quei “giovani”
che saranno anche pieni di entusiasmo ma incapaci di riconoscenza.
Caterina Pollichino
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