Colpire sistema-
ticamente Cosa nostra è la migliore risposta ai tentativi dei boss di riorganizzarsi, mandamento dopo mandamento. Ci provano sempre, prima il mafioso Gregorio Agrigento, ora l’emergente Ignazio Bruno, entrambi del mandamento di San Giuseppe Jato. Complimenti all’Arma dei Carabinieri del gruppo di Monreale e alla Dda di Palermo, che stamani, a poca distanza dalle precedenti operazioni, sono tornate a disarticolare l’organizzazione mafiosa nel territorio.
Quello di San Giuseppe Jato è un mandamento importante e strategico, dove la presenza della mafia è storica. Qui insiste un coacervo di alleanze con Cosa nostra corleonese e della città di Palermo, con in testa i mandamenti di Pagliarelli, Brancaccio e della Noce, dove hanno sempre agito boss mafiosi di un certo calibro.
Un’azione repressiva quando diventa sistematica dà frutti straordinari. I boss devono capire che alla loro tenacia nel riorganizzarsi corrisponde una medesima determinazione repressiva da parte dello Stato. Bisogna valorizzare sempre più questo modello di azione, che le forze dell’ordine e la magistratura hanno intrapreso da anni in Sicilia, e renderlo strategico e operativo.
Cosa nostra
ha capito che le estorsioni non sono più un terreno così fertile, non lo trascurano ma pensano di
compensarlo con il ritorno agli affari di droga. Ecco perché il controllo del
territorio diventa sempre più una sfida decisiva.
E’
necessario, quindi, focalizzare l’attenzione su tre fronti:
- il ritorno in libertà dei boss per fine pena. Quasi tutti i boss che escono dal carcere ritornano a ricoprire ruoli importanti all’interno dell’organizzazione. Un esempio recente è quello di Carmelo Gariffo, nipote di Provenzano, oppure quello dei componenti della famiglia Agrigento, tanto per restare nell’ambito dell’operazione di oggi. Ecco perché l’aumento delle pene che abbiamo realizzato in questi anni è una risposta positiva su cui dobbiamo continuare a lavorare, insieme alla necessità di passare all’obbligatorietà della denuncia delle richieste estorsive e alle azioni di individuazione delle piantagioni di droga attraverso l’utilizzo delle tecnologie satellitari;
- il reticolo parentale dei boss. Non c’è in teoria un automatismo, ma in pratica il contesto familiare rimane una realtà di reclutamento formidabile per Cosa nostra, anzi sempre più viene utilizzato per limitare i danni delle possibili collaborazioni. Anche su questo versante bisogna coniugare repressione e prevenzione e fare di tutto affinchè i giovani legati a famiglie mafiose, attraverso la scuola, ne prendano le distanze, come avvenuto nel caso della Iuculano a Cerda e della Vitale a Partinico. Bisogna insistere, come ho fatto di recente nei confronti della figlia di Matteo Messina Denaro, invitandola più volte schierarsi dalla parte della giustizia;
- il brodo di coltura criminale in cui negli ultimi tempi Cosa nostra recluta personale nei vari territori. Ci sono contesti fortemente compromessi in cui la mafia riesce a trarre linfa vitale. Non sono molti, ma su questi bisogna agire anche con un mix di repressione severa e di prevenzione intelligente.
Infine,
sappiamo bene che i nodi da sciogliere rimangono quelli mafia-politica e
mafia-economia. Da qui
passa la vera vittoria contro Cosa nostra.
Giuseppe
Lumia
4 ottobre 2016
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