Il sindaco Leoluca Orlando |
di SARA SCARAFIA
L’INTERVISTA / IL SINDACO SPIEGA L’INIZIATIVA E CONFERMA LA SUA CANDIDATURA ALLE ELEZIONI DI PRIMAVERA
L’INTERVISTA / IL SINDACO SPIEGA L’INIZIATIVA E CONFERMA LA SUA CANDIDATURA ALLE ELEZIONI DI PRIMAVERA
«La Ztl è un pezzo di un percorso che è cominciato da tempo: nella mia
passata esperienza di governo ho cercato di cambiare la faccia della città
perché dovevamo promuovere un’immagine diversa da quella che in tanti nel mondo
ci attribuivano: oggi abbiamo la pretesa di cambiare l’anima e il modo di
vivere di Palermo». Alla vigilia dell’avvio della Zona a traffico limitato, il
sindaco Leoluca Orlando difende la misura antismog che rivoluzionerà l’ingresso
nel centro storico, a sette mesi dal voto per le comunali di primavera. Orlando
ribadisce di essere in campo — «Qualcuno mi vorrebbe sindaco di New York, ma mi
dispiace: preferisco Palermo alla Grande Mela» — e lancia la sua sfida a Pd e
grillini: «Posso dire che c’è una fascia molto ampia di elettorato democratico
che guarda con simpatia alla mia candidatura al di là di quello che fa il
partito?».
Sindaco, non teme che la Ztl possa danneggiarla alle elezioni?
«Io non conto di vincere con i consensi, ed è questo il cambio culturale,
ma con il consenso: non voglio vincere sommando i singoli voti ma perché, pur
scontentando dieci persone, faccio comprendere ad altre mille che Palermo sta
cambiando. La Ztl è un pezzo di una visione di una città che sta diventando
turistica e dunque più bella anche per chi la vive».
La Ztl, che doveva partire la scorsa primavera, fu bloccata da un ricorso e
adesso ne è stato annunciato un altro: e se fosse di nuovo congelata?
«Credo che l’eventuale ricorso non potrà che essere respinto: abbiamo fatto
tutto quello che dovevamo e adesso vogliamo affermare il principio che non è
possibile che le Ztl a pagamento ci siano in tutta Italia e non a Palermo ».
Ma la gente pare non aver creduto all’avvio: i pass venduti non sono
nemmeno 10 mila. Un flop?
«Una fortuna: vuol dire che si è scoraggiato l’uso del mezzo privato. A un
amico direi di non comprare il pass ma di muoversi a piedi o con i mezzi
pubblici: usarli è un modo per metterli alla prova. So bene che il servizio
pubblico non è perfetto, ma stiamo cercando di migliorarlo con nuovi mezzi e
nuovi servizi come bike e car sharing».
Con gli introiti dei tagliandi Ztl non dovevate finanziare il tram?
«Non c’è niente di male a utilizzare i soldi della Ztl per far funzionare
l’azienda del trasporto pubblico».
Ma gli incassi per ora sono un disastro: come farete ad aiutare l’Amat in
crisi?
«Se con la Ztl incasseremo poco, useremo gli utili delle altre partecipate
per finanziare Amat: abbiamo creato un sistema di vasi comunicanti che risponde
al sacrosanto principio che la gestione dei servizi pubblici resta pubblica».
Dopo le proteste, ha ridotto il perimetro della Ztl: in futuro ne
riproporrà una più ampia?
«No: la Ztl è questa».
Tracciando un bilancio, quali sono tre cose delle quali è fiero e tre delle
quali non lo è?
«Fiero dell’avvio del cambio culturale, di avere messo in salvo il bilancio
del Comune, ricordo che partivano con due aziende, Amia e Gesip, fallite. E
infine del fatto che non mi invitino più a parlare della città nel mondo solo
per la lotta alla mafia: il 12 ottobre, per fare un esempio, sarò di mattina
alla Sorbona e il pomeriggio al Collège de France a tenere una lezione su
Palermo città dell’accoglienza».
E le tre cose che non vanno?
«Dobbiamo lavorare sulla spending review, promuovere il risveglio
occupazionale sbloccando le promozioni per i comunali, le nuove assunzioni e
creando occasioni di lavoro rilanciando periferie e costa sud. Infine
promuovere una maggiore internazionalizzazione della città, a partire dallo
sviluppo dell’aeroporto».
Sembra uno spot da campagna elettorale: dunque conferma di essere in campo?
«Io sarò candidato con entusiasmo e convinzione per continuare quello
che ho iniziato lavorando per la dignità di Palermo inseguendo un’idea di
città, una visione».
E se Hillary Clinton vincesse negli Usa, è vero che si farebbe avanti per
ottenere un incarico?
«Se Hillary vincesse, mi lascerebbe fare il sindaco per il bene di
Palermo».
Conferma di voler seguire il modello De Magistris: una corsa fuori dai
partiti, contro il Pd e contro i grillini? E se i democratici decidessero di
convergere su di lei?
«Si sono rotti alcuni schemi: una grossa fetta di elettorato democratico
potrebbe sostenermi. Io ho un partito a livello locale che si chiama Palermo e
uno a livello nazionale che si chiama Anci».
Cosa pensa del caos delle “comunarie” grilline?
«Credo che i grillini siano più interessati alla Regione».
Lei invece non è più interessato a Palazzo d’Orleans?
«No. Io mi candido a sindaco di Palermo. Punto».
La Repubblica, domenica 9 ottobre 2016
Nessun commento:
Posta un commento