BERNARDINO VERRO nel 1892 aveva fondato il Fascio di Corleone, poi costituì una cooperativa di consumo e infine la cooperativa "Unione agricola". Organizzò i contadini, lottò contro la mafia, fu eletto sindaco di Corleone nel 1914...
DINO PATERNOSTRO
«Codesti antichi gabelloti maffiosi, finché erano stati
soli a pretendere in affitto gli ex feudi, avevano potuto imporre ai
proprietari ed ai contadini le condizioni più favorevoli ai loro interessi.
Invece, col sorgere della cooperativa agricola e coi relativi scioperi dei
contadini, erano venuti a trovarsi di fronte ad una concorrenza formidabile, in
quanto ché la cooperativa offriva ai proprietari delle terre estagli più
elevati di quelli imposti dai gabelloti maffiosi… Da qui l’odio profondo di
costoro, che venivano lesi nei loro interessi… ed il bisogno di farne
vendetta». Questo dichiarò al giudice istruttore, il 31 gennaio 1911, il capo
dei contadini corleonesi Bernardino Verro, per spiegare il tentato omicidio del
6 novembre 1910, quando la mafia del feudo aveva provato a sbarazzarsi di lui.
Quella sera, come di consueto, Verro si trovava nei locali della farmacia
Palazzo, in via San Domenico, dove conversava tranquillamente di nuove tecniche
agrarie. All’improvviso, accadde il finimondo: un killer gli sparò addosso due
colpi di lupara, mandando in frantumi i vetri e i vasi con i medicinali. Le
vampate dell’arma da fuoco rischiararono il viso di Verro, a cui fortunatamente
un proiettile gli fece volare il cappello dal capo e un altro lo colpì solo di
striscio al polso sinistro. Da lì a poco, la farmacia si riempì di curiosi, ma
gli occhi del ferito incrociarono quelli di Marco Maiuri, che lo guardavano
stupiti. «Per questa volta i picciotti fecero fumo!», gli sibilò Verro,
sarcastico, sospettando che fosse proprio lui il killer che aveva sparato. Poi
intervenne la polizia e il capo contadino disse di conoscere gli autori del
tentato omicidio.
«Avendo sempre nei miei discorsi attaccato la maffia locale,
non è difficile che questa, per vendicarsi, abbia tentato di sopprimermi».
Evidentemente, non erano stati solo gli attacchi verbali ad aizzare contro di
lui l’odio dei "fratuzzi" (come allora si chiamavano i mafiosi di
Corleone), ma soprattutto l’averne leso gli interessi economici con la
cooperativa agricola e le affittanze collettive. L’importanza dello strumento
cooperativo per i contadini Bernardino Verro l’aveva capito subito dopo la tragica
conclusione dell’esperienza dei Fasci, sciolti d’autorità dal governo Crispi
nel gennaio 1894. Arrestato, processato e condannato a 16 anni di carcere,
insieme agli altri capi contadini, il leader corleonese si rese conto della
necessità di dare maggiore concretezza all’ansia di riscatto del mondo delle
campagne. Non a caso, appena uscito dal carcere per l’amnistia concessa dal
governo Di Rudinì, fondò una cooperativa di consumo, che fece confluire nella
federazione circondariale «La Terra», un organismo che riuniva tutti i
contadini della zona del Corleonese. Era il 21 giugno 1896. Ma a settembre la
federazione fu sciolta dal prefetto, perchè considerata un modo surrettizio di
far rinascere i Fasci contadini, e Verro venne condannato a sei mesi di
reclusione e 100 mila lire di multa per associazione sediziosa. Fu allora che
il capo contadino, convinto che a Corleone e in Sicilia non ci fosse più spazio
per l’azione politica, decise di emigrare in America, per propagandare il
socialismo anche oltreoceano. Ma negli Stati Uniti Verro rimase appena due
anni: nella primavera del 1898, infatti, ritornò in Sicilia, dove dovette scontare
i sei mesi di carcere a cui era stato condannato. Tornato in libertà, nel
gennaio 1899 riuscì a realizzare il suo sogno, rispolverando la vecchia
cooperativa di consumo, nella quale arrivò ad associare circa 800 capifamiglia.
Un successo enorme, perché con lo strumento della cooperativa tante famiglie
povere di Corleone poterono comprare i generi di prima necessità ad un prezzo
nettamente inferiore a quello praticato dai commercianti. Ma Verro non si
fermò. Nel 1899, fondò anche la «Fratellanza agricola Zuccarrone», con
l’obiettivo di far gestire direttamente ai contadini i 485 lotti dell’omonimo
feudo, che avevano a gabella. L’idea era di sostituire al gabelloto singolo
(spesso mafioso) un «gabelloto collettivo» (l’associazione «Fratellanza»),
espressione diretta dei contadini, che lui pensava di trasformare in una
cooperativa di lavoro. Nel 1901 ne ottenne l’affitto solo per un anno. Nel
1902, invece, un lungo contratto di enfiteusi. Ma non sarebbe finita lì.
La federazione «La Terra», la cooperativa di consumo e la
«Fratellanza agricola Zuccarrone» furono le prove generali per la nascita della
cooperativa «Unione Agricola», fondata da Bernardino Verro e dai contadini di
Corleone il 2 giugno 1906. Fu questo lo strumento con cui il leader socialista
pensò di dare risposte concrete al bisogno dei contadini poveri di affrancarsi
dalla schiavitù feudale. Già nel 1902, con la cooperativa di consumo era
riuscito ad ottenere in affitto 50 ettari di terra del feudo «Patria» dai
fratelli Canzoneri. Con l’«Unione agricola», che poté avvalersi della nuova
legislazione agraria varata dal primo ministro Sidney Sonnino (la legge n. 100
del 1906), riuscì a consolidare ed estendere la stagione delle «affittanze
collettive». In rapida successione, la cooperativa ottenne l’affitto degli ex
feudi «Cerasa», «Drago», «Piano di Galera», «Piano di Scala», «Rubina» e
«Sant’Elena», metà di «Torrazza», «Pirrello» e «Malvello». Complessivamente, nel 1910 la cooperativa
arrivò a gestire circa 2.500 ettari di terra, divisi in 1.289 quote. E,
parallelamente, mise in moto delle iniziative per incoraggiare lo sviluppo
dell’agricoltura, dando ai contadini i mezzi per apprendere le moderne tecniche
di coltivazione e per incentivare la trasformazione dei prodotti
dell’agricoltura e dell’allevamento. Con l’Unione agricola, quindi, Bernardino
Verro varò, quindi, un vasto progetto di ammodernamento dell’agricoltura, che
ebbe anche l’effetto non secondario di espellere gradualmente i gabelloti
mafiosi dai feudi. Questi successi sul piano economico-sociale, non mancarono
di avere i loro effetti politici. Verro e i socialisti riuscirono a mettere in
piedi un’inedita alleanza col cattolico Gaetano Vinci e, insieme, vinsero le
elezioni municipali. Ma il sindaco Vinci, blandito e minacciato dalla mafia,
presto si allontanò da Verro, appoggiando la nascita della Cassa Rurale
"S. Leoluca", che presto diventò lo strumento con cui i
"fratuzzi", estromessi dal loro ruolo di "gabelloti" con le
affittanze collettive, vi rientrarono surrettiziamente con la «Cassa». La
contrapposizione tra Verro e Vinci fu totale, fino ad arrivare allo
scioglimento del consiglio comunale. Il 6 novembre 1910, giorno delle nuove
elezioni comunali, la mafia provò a regolare per sempre i conti con Verro, con
il fallito attentato nella farmacia Palazzo. Poi tentò con successo di
infiltrarsi nella cooperativa "Unione Agricola", adoperandosi,
tramite l’ex amico di Verro, Angelo Palazzo, per falsificare delle cambiali,
facendo ricadere la colpa sul leader socialista, che il 21 settembre 1912 fu
platealmente arrestato a Roma, mentre partecipava al congresso nazionale della
Lega delle cooperative. Verro rimase in carcere dieci lunghi mesi. Tornato a
Corleone, contava i giorni che lo separavano dal processo, dove era sicuro di
poter dimostrare la sua innocenza. Ma i contadini corleonesi non ebbero bisogno
di un’assoluzione giudiziaria per manifestare la totale fiducia nel loro
leader. Lo candidarono nella lista socialista per le elezioni municipali del 28
giugno 1914, ottenendo un successo strepitoso: Verro fu il primo eletto con
1.455 voti di preferenza ed il Psi conquistò 24 seggi sui 30 del consiglio
comunale. A fine luglio toccò proprio a lui diventare il primo sindaco
socialista di Corleone. Ma sarebbe durato poco. Il 3 novembre 1915, i killer
della mafia lo uccisero con 11 colpi di pistola in via Tribuna, mentre stava
ritornando a casa.
D.P.
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