Il 21 ottobre la più longeva soap opera italiana compie vent’anni Siamo
andati a Napoli per capire il miracolo della fabbrica di fiction. Dove, tra una
puntata e l’altra, nascono veri amori
NAPOLI - SONO LE FOTO NEI CORRIDOI A RACCONTARE come sono cambiati i
protagonisti. Per alcuni fortunati il tempo sembra essersi fermato, per gli
attori bambini le decine e decine di episodi segnano la crescita, come le foto
scolastiche. Luca Turco (Niko) aveva nove anni quando è entrato nella grande
famiglia di Un posto al sole, oggi è un bellissimo ragazzo di ventisei. Tra cinque
giorni, il 21 ottobre, la più longeva soap opera italiana, un miracolo
industriale made in Napoli, compie vent’anni. La fabbrica della fiction è il
centro di produzione Rai di Fuorigrotta, a due passi dallo stadio. «Quando c’è
la partita qui bisogna organizzarsi per tempo, i napoletani hanno due amori: Un
posto al sole e il Napoli» sorride Alberto Rossi, ovvero Michele Saviani,
volto storico della soap. «Più che storico, preistorico, vent’anni sul set,
tutti i giorni: devi reggere fisicamente. La prima scena che ho girato è stata
quella di un funerale, ma ha portato bene».
Esempio virtuoso di coproduzione tra pubblico e privato (Rai Fiction,
FremantleMedia Italia e Centro di produzione Rai di Napoli), la fabbrica di Un
posto al sole non chiude mai. Ideata da Giovanni Minoli, nasce dal format Neighbours, serie australiana (sulle famiglie che vivono
nell’immaginaria Ramsay Street) scritta in Italia da Wayne Doyle con Adam Bowen
e Gino Ventriglia. Rielaborata, la soap rivive a Napoli. «È la nostra Downton
Abbey» ironizza Patrizio Rispo, che interpreta Raffaele, il portinaio del
palazzo di Posillipo dove tutte le storie s’intrecciano, «è lo stesso principio
di Upstairs and Downstairs, la vita ai piani alti che s’incrocia con
quella dei piani bassi». Rispo — compagno per fiction di Marina Giulia Cavalli
(la dottoressa Ornella Bruni) — è quello che ha girato il maggior numero di
scene: diecimilaquattrocento.
La produttrice esecutiva Renata Anzano è il generale sul campo assegnata a
questa macchina che impegna duecentoventi persone: «Il nostro è un sistema
industriale, ci sono quattro registi perché dobbiamo produrre cinque
episodi a settimana e un episodio al giorno, giriamo dal lunedì al venerdì,
sempre, dalle nove alle diciannove. L’unica settimana che siamo fermi è quella
di Natale. Qualunque cosa succeda, andiamo avanti, grazie alla bravura degli
attori. Quando Marzio Honorato (Renato Poggi) ebbe un incidente, abbiamo
scritto che era caduto e si era fatto male al braccio. Il segreto è il rapporto
strettissimo che c’è con la scrittura. Paolo Terracciano e gli autori capiscono
le esigenze produttive, si adattano, a volte rinunciando alla loro creatività.
Terracciano è il caposcrittore e poi ci sono tre editor, cinque story liner,
quelli che scrivono la puntata, più una serie di dialoghisti a cui viene dato
il trattamento».
La visita guidata continua, Anzano spiega che tutta la Rai diventa set: «Il
cortile è bello, vero? Abbiamo girato anche qui: lo abbiamo trasformato nel
cortile dell’ospedale». Un posto al sole segue il calendario. La
puntata va in onda diverse settimane dopo rispetto a quando è stata scritta. Ma
avvengono magie: «Magari in un episodio c’è la battuta: “Certo che quest’estate
è caldo record” e quel giorno a Napoli fa veramente caldo. Gli spettatori sono
entusiasti ma è pura fortuna» scherza Ter- racciano che scrive la soap con
Sara Rescigno e Guglielmo Finazzer: «Cerchiamo di non tradire mai il patto di
verosimiglianza, e teniamo alla commistione tra dramma e commedia. Il racconto
quotidiano deve dare anche positività. In questi anni abbiamo trattato tutti i
temi, dalla camorra all’omosessualità ». «Nel format di Un posto al sole »,
aggiunge Rescigno, «c’è la possibilità di avere un certo numero di guest, e
questo elimina “l’effetto acquario”». «Napoli è grande protagonista », dice
Finazzer, «la raccontiamo con le sue ombre, ci siamo spostati dal mare nel
centro storico». Gabriele Immirzi, direttore generale di Fremantle Italia
sottolinea come «la collaborazione con la Rai sia perfetta, siamo un’unica squadra».
E il vicedirettore di RaiFiction Francesco Nardella, che segue Un posto al
sole da sempre, annuisce: «Ormai quando vengo a Napoli non so più chi
lavori per noi o per loro. Il successo della soap nasce dal fatto di potersi
fidare reciprocamente, perché si può parlare di tutto. La media di età del
pubblico è ringiovanita, abbiamo attratto nuovi spettatori. È venuta a trovarci
l’ambasciatrice di Milk, l’associazione gay, per come avevamo raccontato la
storia dei due adolescenti omosessuali, una grande soddisfazione. Nella soap
c’è l’assenza di manicheismo che non significa buonismo, ma accettare i punti
di vista più diversi. Si sarebbe potuta girare in un’altra città? Forse no,
Napoli la cultura dell’accoglienza ce l’ha nel Dna».
Al cast fisso, diciassette protagonisti, si aggiungono una trentina di
“attori ricorrenti” e le guest star: ce ne sono state tante — da Amanda Lear a
Pupo, da Luigi De Filippo a Peppino Di Capri. Il set è stato galeotto:
Michelangelo Tommaso (Filippo Sartori) fa coppia con Samanta Piccinetti
(Arianna Landi) e hanno una avuto una bimba, Sole (guarda un po’) Caterina (in
omaggio a Santa Caterina da Siena); Serena Rossi, che interpretava il
personaggio di Carmen, è la compagna di Davide Devenuto (Andrea Pergolesi) ed è
in attesa di un figlio. La soap ha lanciato registi come Gabriele Muccino,
Stefano Sollima, Lucio Gaudino. «Un mondo», sorride Francesco Pinto, direttore
della sede Rai di Napoli, seduto alla sua scrivania con alle spalle un
magnifico dipinto del Vesuvio: «Un posto al sole ha cambiato la concezione
industriale della fiction. L’anno prossimo faremo una puntata speciale: in
diretta. È una grande sfida ma siamo pronti. Pure gli attori ne sono
entusiasti».
La Repubblica, 16 ottobre 2016
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