"Ferma restando la libertà di posizioni individuali diverse di iscritti e dirigenti, trattandosi di questioni costituzionali, dopo questi mesi di discussione sul merito della riforma, l’Assemblea generale della CGIL invita a votare NO in occasione del prossimo Referendum costituzionale. L’Assemblea generale impegna tutte le strutture a diffondere queste valutazioni".
QUESTO L'ORDINE DEL GIORNO FINALE APPROVATO:
La CGIL è partita da una discussione tutta di merito
delle modifiche costituzionali, proposte volute dal Governo, approvate dal
Parlamento e che saranno sottoposte al Referendum costituzionale, non volendo
essere rinchiusa in una logica di schieramento o pregiudiziale. In tal senso
andava l'ordine del giorno approvato dal Direttivo nazionale della CGIL il 24
maggio scorso. In questi mesi, a partire da quell'ordine del giorno, abbiamo
organizzato centinaia di iniziative di confronto e approfondimento che hanno
riscontrato anche posizioni diverse ma un consenso nei confronti dei giudizi
espressi dalla Cgil.
Per la nostra organizzazione, infatti, l’auspicabile
obiettivo di superare il bicameralismo perfetto, che anche la CGIL richiede da
tempo, istituendo una seconda camera rappresentativa delle Regioni e delle
Autonomie locali, e di correggere le criticità della riforma del 2001, si è
tradotto in un'eccessiva centralizzazione dei poteri allo Stato e al Governo.
Il nuovo Senato, per composizione e funzioni, avrà difficoltà a svolgere
l'auspicato e necessario ruolo di luogo istituzionale di coordinamento fra
Regioni e Stato, essenziale a conciliare le esigenze di decentramento con
quelle unitarie. Al Senato, infatti, non è attribuita congrua facoltà
legislativa in tutte le materie che hanno ricadute sulle istituzioni
territoriali e la sua stessa composizione non garantisce l'adeguata
rappresentanza e rappresentatività di Regioni e autonomie.
Pur condividendo l'intenzione di cambiare l'equilibrio
dei poteri tra Regioni e Stato, definito dalla modifica costituzionale del
titolo V nel 2001, l'esito finale è sbagliato: si passa da un eccesso di
materie concorrenti ad una riduzione drastica della facoltà legislativa
autonoma delle Regioni. La previsione, inoltre, che sia lo Stato a dettare le
“disposizioni generali e comuni” su molte materie cruciali, potrebbe tradursi
in una omologazione normativa, non necessariamente in positivo, che non lascia
spazio a processi di innovazione e sperimentazione che possono scaturire da un
sistema plurale e che meglio possono rispondere alle esigenze del singolo territorio.
La possibilità, poi, per il Governo di attivare una
corsia preferenziale, per i provvedimenti ritenuti essenziali per l'attuazione
del programma, in assenza di limiti quantitativi e qualitativi (salvo
l'esclusione di alcune materie), attribuisce al Governo un eccesso di potere in
materia legislativa compensato solo parzialmente dall'introduzione di
limitazioni alla decretazione d'urgenza e dalla previsione della determinazione
di “diritti per le minoranze” e di uno “statuto delle opposizioni”, la cui
definizione, però, è rinviata, senza alcuna certezza, al Regolamento della
Camera stessa. Tale eccesso di potere non trova compensazione nelle
disposizioni relative agli altri livelli istituzionali la cui capacità di
incidere nel procedimento legislativo è limitata, né nella partecipazione
diretta dei cittadini né in quella delle formazioni sociali.
La semplificazione del procedimento legislativo che si
voleva ottenere, con il superamento del bicameralismo perfetto, è vanificata
dalla moltiplicazione dei procedimenti previsti a seconda della natura del
provvedimento in esame. Una moltiplicazione che richiederà il consolidamento
di una prassi e rischia di rendere lo stesso iter delle leggi oggetto di
contenzioso davanti la Corte costituzionale. I nuovi criteri, infine, per
l’elezione degli organi di garanzia – Presidente della Repubblica, Giudici
della Corte costituzionale di nomina parlamentare, componenti laici del CSM –
rischiano di essere subordinati alla legge elettorale, facendo così venir meno la
certezza del bilanciamento dei poteri di cui la Costituzione deve essere
garante, con la possibilità di determinare un restringimento del pluralismo e
della rappresentanza delle minoranze.
La CGIL, dunque, valuta la modifica costituzionale da una
parte un’occasione persa per introdurre quei necessari cambiamenti atti a
semplificare, rafforzandole, le istituzioni. E, dall’altra, giudica
negativamente quanto disposto da tale modifica perché introduce, senza
migliorare la governabilità né il processo democratico, un rischio evidente
di concentrazione dei poteri e delle decisioni: dal Parlamento al Governo,
dalle Regioni allo Stato centrale.
Ferma restando la libertà di posizioni individuali
diverse di iscritti e dirigenti, trattandosi di questioni costituzionali, dopo
questi mesi di discussione sul merito della riforma, l’Assemblea generale della CGIL invita a votare NO in occasione del
prossimo Referendum costituzionale. L’Assemblea generale impegna tutte le
strutture a diffondere queste valutazioni.
La CGIL e tutte le sue Strutture, nel preservare la
propria autonomia, non aderiscono ad alcun Comitato e considerano, come sempre,
fondamentale la partecipazione al voto e sono impegnate a promuoverla e
favorirla tra le lavoratrici e i lavoratori, le pensionate e i pensionati, i
giovani e i cittadini tutti.
Roma, 8 settembre 2016
Roma 7 – 8 settembre 2016
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