di Elena
ItalianoLo scrittore
palermitano Fabio Ceraulo ci presenta in un’intervista il Suo romanzo “Il
tredicesimo giorno”, da poco pubblicato nella collana Narrativa
contemporanea di Milena edizioni.
- Che cosa ti ha spinto, Fabio, a
scrivere questo libro?
Il romanzo è
nato per caso. Nel mio ultimo libro, dal titolo “Palermitando”, una raccolta di
brevi racconti sulla città, c’era la testimonianza di chi, la sera del delitto
Petrosino, udì gli spari e scese in piazza Marina a vedere cosa fosse successo.
Da lì è nata l’idea che qualcuno potesse aver visto la scena e il racconto, da
breve, si è andato allungando, prendendo pian piano la forma di un romanzo dove
si mescolano realtà storica e fiction. In più, mi ha spinto il desiderio di
impiantare il mio primo romanzo, in assoluto. Avevo altre idee ma questa si è
rivelata quella con più spunti.
Tutti coloro
a cui piace leggere della vita di qualcuno. Il protagonista del libro parla in
prima persona. E’ stata una scelta non semplice ma che ho fatto senza tornare
sui miei passi proprio per dare l’idea di un racconto orale, che poi è quello
che c’è nel libro. Io amo questo tipo di narrazione che mescola storia e vita
vissuta, con un pizzico di nostalgia e tanta ironia.
- Cosa pensi del coraggio e della
pavidità?
Sono scelte
o spinte incoercibili e, pertanto, indomabili, non influenzabili oppure il
coraggio e la sua negazione possono essere suscitati, coltivati, indotti,
canalizzati? Sono nato e vivo in una città, Palermo, in cui la parola coraggio
spesso è stata, in un passato non tanto lontano, sinonimo di incoscienza e
vocazione al martirio. Il fatto di essere coraggiosi o meno non è una scelta ma
un modo di essere. Joe Petrosino ne era un esempio indiscutibile. Venne da
solo, dall’America in un mondo che non conosceva affatto, pur essendo di
origine italiana. E affrontò il suo destino con un coraggio impensabile, almeno
per l’epoca in cui visse.
- Si può educare alla legalità:
il tuo testo si pone in questa direzione?
Certamente.
Nel romanzo tutto parte da un episodio chiave ma è nell’ambito familiare che
parte la consapevolezza della legalità. Ogni genitore, secondo me, dovrebbe
educare i propri figli in tal senso. Io non ho voluto mandare nessun tipo di
messaggio ma ritengo che sia così. Io stesso sono stato, fin da bambino,
indirizzato verso certi valori che mi porto dentro in pratica da sempre.
- Quali sono gli scrittori che ti
hanno maggiormente influenzato?
Mi è sempre
piaciuto lo stile di scrittura semplice e scorrevole. In questo senso reputo
Emilio Salgari un fenomeno, quello che mi ispira di più. Mi piacciono molto
Mario Vargas Llosa, Isabel Allende e Clara Sanchez.
- E gli uomini che hanno
maggiormente lasciato il loro segno?
Potrei
citare qualche personaggio storico del passato che mi ha sempre affascinato.
Restando però nelle vicinanze più “strette”, dico padre Pino Puglisi, il prete
ucciso dalla mafia nel 1993. L’ho avuto come insegnante di religione al liceo
per quattro anni. La sua semplicità, unita alla testardaggine, è un esempio che
porterò sempre dentro di me.
- Cosa vorresti da “Il
tredicesimo giorno”?
Mi
piacerebbe che fosse un romanzo di cui si parlasse non solo perché legato alla
figura, seppur importante, di Joe Petrosino. Vorrei che diventasse un libro di
cui si apprezza l’idea e la storia, in generale. Una narrazione nella quale ci
si può ritrovare, sia nei valori espressi che nel racconto di una vita. Progetti
in cantiere? Sto partecipando a un progetto per un libro fotografico relativo a
Palermo, in cui curerò i testi e le didascalie. Poi ho un nuovo romanzo, quasi
finito, legato alla vicenda di un patriota palermitano vissuto nell’ottocento.
Uno di quelli che seppur definiti “eroi minori” ha lasciato un segno indelebile
perché legato a un episodio chiave del risorgimento.
- La persona che senti di
ringraziare di più?
Relativamente
a “Il tredicesimo giorno” ringrazio in particolare Raffaella Catalano, editor
di una importante casa editrice, che mi ha spinto a costruire questa storia con
suggerimenti e consigli preziosi. E poi suo marito, lo scrittore Giacomo
Cacciatore, mio amico dai banchi di scuola, che per primo ha letto e apprezzato
il romanzo quando ancora era solo un’idea e nient’altro.
Nessun commento:
Posta un commento