Carmelo Gariffo |
di Simona Licandro
PALERMO. Carmelo Gariffo cercava soldi. Doveva pensare a se stesso e a tutta “la
famiglia”, zio Binnu compreso. Il nipote di Bernardo Provenzano, arrestato
nell’operazione Grande Passo 4 dopo essere uscito dal carcere nel 2014, aveva
deciso di estorcere il denaro un imprenditore di Alcamo, che stava costruendo
un campo sportivo nell’area di Corleone. E questo anche a costo di rompere
alcuni equilibri. Perché già sapeva che sicuramente dall’imprenditore – in sua assenza – si
era già presentato qualcun altro. "Non ti dico che... deve riuscire per
forza - dice Gariffo ad Antonino Di marco in una intercettazione - Ma ci
dobbiamo provare. Ci dobbiamo provare per tante ragioni. Una perché sono...
azzerato completamente. E poi penso perché ci sia bisogno, non sono il solo ad
avere il bisogno ma ce ne sono assai bisogno, il primo iniziando da mio zio e
mio zio, certe cose, non se le merita".
Quindi decidono di mettere a punto la richiesta di pizzo. Intanto,
bisognava capire se "quello" (un altro piccioto mandato dalla
famiglia reggente) aveva già "bussato" all'imprenditore oppure no.
"Penso che non sto parlando... ho poco da insegnarti, lo sai come devi
fare", diceva Garriffo a Di Marco. "Se lui mi dice - risponde Di
Marco - gli dico senti a me, gli dico. Come siamo combinati, gli dico. Ha
bussato non ha bussato, tutte cose...".
Secondo il gip, Gariffo nell'estromettere eventuali affiliati non
autorizzati alla riscossione, dimostrava di essere stato incaricato,
direttamente dal vertice dell'organizzazione di gestire personalmente la
questione. Eppure Gariffo non voleva scontrarsi con i Lo Bue, quindi rimaneva
cauto. Qursto atteggiamento faceva arrabbiare Di Marco. "Ora cediamo di
che si tratta..di che non si tratta. Ma quando? Gli ho detto: mentre il medico
studia il malato se ne va", diceva Di Marco al suo interlocutore.
GdS.it, 27.09.2016
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