Luca Zingaretti |
di MARIO DI CARO
L'attore racconta passioni e battaglie civili: "Mi dà fastidio vedere
queste potenzialità vanificate da una classe dirigente inetta. Bisogna fare
sistema per crescere"
IL VENTO che rumoreggia all'altro capo della cornetta è l'inconfondibile
marchio di fabbrica di Pantelleria. Un respiro costante che scuote i dammusi,
che avvolge le rocce nere, che si ama o si odia: Luca Zingaretti ha scelto di
amarlo. È lì che l'attore ha trovato il suo rifugio ed è lì che venerdì è stato
premiato da "Pantelleria Internet" per il suo impegno contro le
trivellazioni nel Mediterraneo.
Quando vent'anni fa girò nella Grotta Scurati di Custonaci la prima scena
del primo episodio del "Commissario Montalbano" nessuno poteva
pensare che sarebbe diventato il miglior testimonial della Sicilia. Luca
Zingaretti, successo televisivo a parte, è uno che la Sicilia l'ha scelta,
comprando una casa a Pantelleria, eletta a buen retiro lontano dai riflettori.
Lì venerdì sera è stato premiato col "Progetto da Pantelleria" per la
sua militanza contro le trivellazioni nel Mediterraneo, "una vicenda da
trattare con cautela". Pantelleria per lui è "un'isola con una
potenza tutta sua, unica, nel bene e nel male", la Itaca "nella quale
tornare" ma che così come tutta la Sicilia andrebbe valorizzata con
percorsi di trekking, con un sistema che metta a punto voli e accoglienza.
"La Sicilia, come Pantelleria, non è la riviera romagnola, questi sono
posti per veri amanti del mare e della natura". E il boom dei luoghi della
fiction tv? "Abbiamo lanciato posti che sarebbero rimasti nel loro
splendido isolamento"
D' altronde Zingaretti è ormai un testimonial della Sicilia, sin da quando
il suo commissario Montalbano ha sbancato l'Auditel lanciando i luoghi dei set,
da Ibla a Scicli, nell'olimpo dei circuiti turistici, fino a spostare gli
equilibri del business regionale. Insomma, non c'è ambasciatore migliore per
disegnare un'ideale mappa d'agosto della Sicilia di charme e di frontiera.
Partiamo da Pantelleria:
quando l'ha scoperta e come se ne è innamorato?
"L'ho scoperta nel 2002 o 2003: sono venuto qui per la prima volta su
consiglio di un'amica che aveva una casa. Cercavo un posto particolare per
restare un po' per conto mio. Ho affittato una casa e ho vissuto un'estate da
selvaggio meravigliosa, leggendo tra i cespugli e facendo il bagno al mattino
presto o al tramonto. Normalmente il mare a strapiombo non mi piace, mi dà una
vertigine, ma quest'isola ha qualcosa di magico, ha una potenza tutta sua,
qualcosa che ho riscontrato solo qui. È un'isola unica nel bene e nel male: c'è
gente che arriva col volo delle 9 e riparte con quello delle 18 perché la
ritiene troppo selvaggia. È la mia Itaca nella quale tornare. È la prima casa
che ho condiviso con mia moglie Luisa e dove le mie figlie sono venute quando
avevano un mese".
Le trivelle del petrolio
in questo mare sono uno sfregio all'ambiente?
"Direi di sì, ci sono tanti aspetti poco chiari in questa vicenda.
Viviamo nel mare più bello del mondo, ma alla fine è un bacino piccolo e in
caso di disastro ambientale ucciderebbe il mondo che vive di questo mare.
L'argomento va preso con le molle perché si parla di società fantasma, di test
fatti con bombe che fanno perdere ai cetacei le loro capacità. Il nostro mare è
una ricchezza che va trattata con cautela. E poi l'Italia avrebbe ricavato le
briciole da questo affare".
Però il mare siciliano
può essere un business, sì, ma turistico e quindi anzitutto bisogna
proteggerlo: è così?
"Il mare è una risorsa per tutti, non solo per quelli che ci vivono. È
qualcosa che fa mangiare ma è anche un bene naturalistico. La Sicilia non è la
riviera romagnola, ci sono caratteristiche diverse: a Pantelleria non c'è un
ombrellone anche perché non ci sono spiagge. Questa è un'isola per i veri
amanti del mare e della natura. La Sicilia va preservata ma va anche
valorizzata con percorsi di trekking invernali, passeggiate a cavallo, ma non
per opera di un privato, bensì provando a fare sistema, affrontando il tema dei
voli, dell'accoglienza, dei percorsi ambientalistici. Sarebbe qualcosa di
bellissimo: immagini di arrivare a Segesta dopo due ore di passeggiata e
scorgere la cima del monte dove c'è il teatro. Tutto questo, però, si scontra
con una volontà di non fare".
Parlando di Mediterraneo
è inevitabile spostarsi in un'altra isola, Lampedusa, e affrontare il tema dei
migranti: l'accoglienza è un dovere di un Paese democratico?
"Se uno pone questo tema come dovere umanitario si potrebbe rispondere
"me ne frego", se lo si pone come dovere religioso si può obiettare
"sono ateo", come emergenza religiosa idem. Ma, al di là di tutto, se
scomparissero gli extracomunitari di colpo, bisognerebbe varare una manovra
finanziaria di vari miliardi perché non è vero che tolgono il lavoro a noi
italiani ma fanno lavori che gli italiani non fanno più, rappresentano una
quota del Pil, pagano contributi. Se non vogliamo accoglierli per un dovere
civico, accogliamoli perché è utile".
Qual è l'immagine della
Sicilia che porta con sé?
"Sicuramente la luce, potente, che dà una sensazione struggente, i
contrasti cromatici. E poi senti che questa è una terra dove sono passati
tutti, dove c'è una cultura stratificata, radicata nella testa delle persone,
anche quelle ignoranti, perché l'hanno bevuta assieme al latte materno".
C'è qualche difetto che
le dà fastidio?
"Vedere queste potenzialità vanificate da una classe dirigente inetta
che se ne frega del bene comune. I politici sono chiamati a gestire la cosa
pubblica, ma il guaio è che l'eletto pensa di essere padrone delle cose che è
chiamato a gestire. Il 99 per cento dei siciliani meriterebbe una buona
amministrazione".
A proposito di petrolio,
che effetto fa sapere di aver lanciato in una vetrina internazionale luoghi
come piazza Duomo a
Ragusa Ibla o Punta Secca, che prima di "Montalbano"
non esistevano nei circuiti turistici?
"Mi fa piacere, perché prima i grandi flussi turistici venivano
assorbiti da Palermo e Catania, al massimo da Agrigento per una gita nella
Valle dei templi. Abbiamo contribuito a fare scoprire una Sicilia sconosciuta
che era rimasta confinata in uno splendido isolamento. Quando siamo arrivati
col nostro set abbiamo trovato amicalità, cordialità, porte aperte, anche
ingenuità nell'offrirsi. E dal punto di vista architettonico sembrava di
entrare nel mondo di Tomasi di Lampedusa. Una situazione che probabilmente
sarebbe rimasta così, inesplorata: noi abbiamo fatto emergere anche all'estero
questo tipo di Sicilia. Ci sono tante regioni all'interno della Sicilia: c'è
Palermo, l'Etna, le Egadi, Sciacca, i Nebrodi, e ogni posto ha un motivo valido
per essere visitato ".
Ha citato Tomasi di
Lampedusa: c'è qualche pagina di letteratura siciliana a cui è affezionato?
"Un racconto che mi fa ancora venire la pelle d'oca e che porto in
teatro da sei anni: "Lighea". L'unico posto dove non l'ho ancora
recitato è la Sicilia".
La Repubblica, 14 Agosto 2016
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