CORLEONE - Notificato ieri il
decreto del presidente della Repubblica che ha posto fine all’amministrazione
Savona e al consiglio comunale del comune di Corleone dopo oltre quattro anni
dalla loro elezione risalente al maggio del 2012. Proprio “dall’esito di
approfonditi accertamenti, sono emerse forme di ingerenza della criminalità
organizzata che hanno esposto l’amministrazione a pressanti condizionamenti,
compromettendo il buon andamento e l’imparzialità dell’attività comunale” è quanto
si legge fin da subito nell’atto che il ministro Angelino Alfano ha relazionato
brevemente in quattro pagine. Sono state quindi le risultanze di alcune
indagini della magistratura, unitamente ad un’attenta attività informativa
svolta dalle forze dell’ordine, che hanno fatto emergere i vincoli familiari e
i rapporti che legano amministratori ed esponenti dell’organizzazione mafiosa
denominata “Cosa Nostra”, nonché alcuni significativi elementi, anche relativi
a procedimenti amministrativi, che hanno reso plausibili i tentativi di
infiltrazione all’interno dell’ente. Tutto ciò ha indotto il prefetto di
Palermo a disporre lo scorso gennaio l’accesso al comune per gli accertamenti
di rito.
Nella sua breve relazione, il ministro Alfano ha posto anche l’accento
sui lavori della commissione che ha preso in esame anche la cornice criminale
ove si colloca l’ente locale con particolare riguardo ai rapporti tra gli
amministratori e la locale consorteria. È proprio il contesto del mandamento
mafioso a essere messo in evidenza, per aver espresso negli anni
un’organizzazione criminale particolarmente efferata e autorevole, i cosiddetti
“corleonesi” annoverando personaggi la cui portata criminale ha travalicato i
confini locali e che oggi è rimasta integra attraverso l’apporto dei fiduciari.
Messa in luce l’attività di un dipendente comunale, arrestato nel 2014 e
condannato in primo grado per 12 anni di reclusione, vista come riferimento e
punto di collegamento tra la famiglia mafiosa di Corleone e il mandamento
corleonese. La mancata costituzione di parte civile da parte
dell’amministrazione fu oggetto di accesi dibattiti in consiglio comunale,
scatenando le “ire” delle opposizioni. Secondo quanto emerso dagli atti della
commissione, sono le attività connesse alla gestione de ciclo dei rifiuti a
destare maggiore interesse da parte della criminalità organizzata, sia per i
proventi che per la possibilità di esercitare il controllo del territorio. Il
Comune di Corleone, sfruttando le difficoltà incontrate dal fallimento dell’Ato
Pa 2, ha garantito a società private, collegate a consorterie mafiose locali,
lo svolgimento di raccolta rifiuti. E poi il servizio di accertamento e
riscossione dei tributi: tra gli utenti morosi
spiccano esponenti mafiosi locali e familiari di amministratori con la
significativa coincidenza che il referente della società sia affine del capo di
un mandamento mafioso contiguo a quello di Corleone. Altri punti toccati, le
anomalie dell’assegnazione del servizio di mensa scolastica, i contenziosi stragiudiziari
affidati ad un avvocato legato da vincoli parentali con la famiglia mafiosa
corleonese, la partecipazione ad una manifestazione internazionale di una ditta
riconducibile alla criminalità organizzata, l’assunzione di uno stretto
congiunto del capomafia locale presso una scuola locale e il comportamento del
sindaco in relazione a un progetto commerciale per la raccolta del latte
proveniente dall’Alto Belìce. Per diciotto mesi sarà
gestione commissariale.
Mario Midulla
Giornale di Sicilia, 26 agosto 2016
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