mercoledì, agosto 03, 2016

Cosa nostra instabile, allarme della Dia: “Ormai la Cupola non esiste più”

di SALVO PALAZZOLO
L'ultima relazione consegnata al Parlamento nei giorni scorsi lancia un allarme: «Le scarcerazioni degli affiliati potrebbero contribuire a rimettere in discussione lo status quo».«Si avverte un clima di instabilità in Cosa nostra», avverte la Direzione investigativa antimafia. L'ultima relazione consegnata al Parlamento nei giorni scorsi lancia un allarme: «Le scarcerazioni degli affiliati potrebbero contribuire a rimettere in discussione lo status quo». Fra vecchi capi che tornano in libertà e giovani rampanti che gestiscono clan sempre più importanti, è il momento di «schemi criminali instabili», come li chiamano gli analisti della Dia. All'orizzonte, potrebbero anche esserci scontri tra fazioni.

La Dia non lo dice esplicitamente, ma ribadisce il «clima di instabilità» che si registra da Palermo a Catania. Anche per l'assenza di una «reale struttura di raccordo sovrafamiliare»: la Cupola non c'è più, i componenti della commissione provinciale di Palermo sono in carcere, sepolti dagli ergastoli, e i tentativi di riorganizzazione fatti dal 2008 a oggi sono stati tutti fermati da arresti e processi.

Se al momento non è ancora scoppiata una faida fra i clan è perché i «consigli degli anziani — dice la Dia nel sui rapporto alle Camere — sono stati in grado di dirimere i contenziosi e le potenziali situazioni conflittuali». Ma per quanto tempo ancora gli anziani di Cosa nostra riusciranno a mantenere la pace fra le cosche? È l'interrogativo che aleggia nella relazione della Direzione distrettuale antimafia appena depositata dal generale Nunzio Ferla.

Pax a Trapani, frizioni a Catania

Situazione del tutto diversa nella terra del superlatitante Matteo Messina Denaro. «Il polo mafioso trapanese — scrive la Dia — dove non si registrano situazioni di conflittualità, mantiene intatti gli storici collegamenti con le consorterie palermitane. L'area si caratterizza, ancora, per la forte coesione dei gruppi e per il capillare reticolo familiare, relazionale ed economico che ruota attorno al latitante di Castelvetrano». Insomma, i ripetuti arresti e sequestri non sembrano aver fiaccato la Cosa nostra trapanese, che resta fedele al suo padrino, ormai ricercato dal giugno 1993.

A Catania, invece, si registrano «continue riconfigurazioni interne» ai clan, con «migrazioni di affiliati da un gruppo all'altro», spiegano gli analisti. Una ragione in più per frizioni piccole e grandi che potrebbero sfociare in omicidi.
 Le procure siciliane e le forze dell'ordine sono in allerta da mesi, i segnali di «instabilità» si sono ripetuti con preoccupante cadenza. Di recente, il procuratore capo di Palermo Francesco Lo Voi ha anche diramato una circolare ai suoi sostituti per alzare il livello di allerta attorno alle indagini di mafia. A volte anche un frammento di intercettazione può svelare le mosse dei clan. E, adesso, la parola d'ordine è prevenire.

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