Da sx: Pino Governali, Giovanni Perrino, Dino Paternostro e Nino Di Nino |
Pubblichiamo l'intervento di Giovanni Perrino fatto a Corleone, nei locali della biblioteca "Patti" , per ricordare Pino Governali a tre mesi dalla sua inaspettata scomparsa. A seguire tre bellissime poesie che Giovanni ha dedicato all'amico perduto...
di GIOVANNI PERRINO
"Storia non è solo quella conservata negli annali del sangue e della forza;
bensì quella legata al luogo, all'ambiente fisico e umano in cui ciascuno di
noi è stato educato. Storia è il gesto con cui s'intride il pane nella madia o
si falcia il grano; storia è un nomignolo fulmineo, un proverbio cattivante,
l'inflessione d'una voce, la sagoma d'una tegola, il ritornello d'una canzone;
tutto ciò, infine, che reca lo stemma del lavoro e della fantasia dell'uomo.
Materia che deperisce prima d'ogni altra e di cui nessuno, quasi, si cura di
custodire i reperti...
R i e s s e r e , questo è il problema, ma ci sarebbe voluto più amore, più
pietà, più fede, un cuore più forte. "
G.Bufalino:
Museo d'ombre- pag. 22
Questo
luogo è due volte caro, primo perché fa parte del complesso edilizio della
Chiesa madre, secondo perché da tempi recenti ospita una Biblioteca
inizialmente frutto della generosa donazione delle sorelle Patti che Pino
Governali si era preoccupato di catalogare e rendere alla fruizione pubblica
come nel desiderio delle docenti.
In
questo luogo Pino ha trascorso gli ultimi anni della sua intensa esistenza e
qui abbiamo chiesto l’ospitalità di poterci ritrovare per questo momento di
incontro.
Nei
mesi scorsi sono mancate importanti figure di persone care ma anche impegnate
nella comunità corleonese.
Oggi
sono fra noi presenti in spirito accanto a Pino, Cosimo Di Carlo, scomparso il 15
agosto 2015, Carmen Bonanno che ci ha
lasciato il 5 gennaio scorso, e Mario Mancuso che ha preceduto Pino il 9 Febbraio. Ho detto
sono qui presenti perché il loro ricordo ci è caro e indelebile come aspra la
loro nostalgia.
Voglio
partire da questa riflessione dal primo libro che Pino Governali ha pubblicato per
le edizioni Eleusi nel 1996 “Come in cielo come in terra”.
Ricordo
che a questo primo saggio sono poi seguiti:
nel
2006” Santi, santini e tradizioni popolari di Corleone” – Quaderni del Museo
Etnografico Tip. Cortimiglia;
nel
2009 “ Maritati chi abbenti”- Quaderni del Museo Etnografico- Tip. Cortimiglia;
nel
2010 “ Corleone storia e arte” Guida alla città Ed. Palladium.
Inizio
con un ricordo personale: per non so quale motivo ho tenuto a lungo il libro di
Pino Governali in macchina posato sul lunotto posteriore.
Tale
presenza contrastava con il ritmo delle mie giornate, mi ricordava con la sua
copertina così insolita che c'era un tempo "altro" e più volte mi
sono chiesto quanto questo tempo altro mi appartenesse ancora, se e in quale
misura facesse parte, anche residuale, di me, se scorreva ancora nelle vene
quel sangue o se la mia esistenza era ormai irrimedabilmente lontana. Quel
libro in realtà era il mio specchio retrovisore, il luogo del ritrovamento e
ancor oggi quel libro è il più bel regalo di Pino.
"Come in cielo così in terra " è il frutto maturo di un'identità culturale
e professionale dominata dalla passione civile e dall'impegno perchè la
cultura, in primo luogo quella popolare, possa essere utile e servire soprattutto
a coloro che, pur sentendosi esclusi, ne sono portatori e talora protagonisti
inconsapevoli.
E' un libro che blocca la tendenza corrente a
scordare il passato, a non ridurre alla dimensione temporale del ricordo ciò
che invece merita di farsi memoria, acqua di montagna che irriga e rafforza le
radici. Oggi non si ama più ciò che si ha o ciò che si fa e di questo Pino era
dolorosamente consapevole. Era questo il suo e nostro punto di vista:
FARE
TESORO DI CIO’ CHE SI SA E DI CIO’ CHE SI E’ PRIMA ANCORA DI CIO’ CHE SI HA
Pino
indirizzava la sua attenzione alla parte sana del mondo…alla campagna, agli
abbeveratoi nascosti da un'intrigante vegetazione dove è possibile sentire nel
silenzio il cupo salmodiare dei nonni, la durezza ma anche il ritmo della loro
esistenza, quel silenzioso chiacchierio fra rosari interminabili di cantilene
e preghiere intrise di terribili verità dette con semplici rime baciate.
Quel
Tempo, cancellato da una cultura ottimista ed espansionista che tutti, con
maggiore o minore consapevolezza, abbiamo assimilato, non tornerà più.
A
quel Tempo, a quel ripetersi di Stagioni sono stati inferti colpi mortali di
cui la nostra esistenza è testimonianza povera e a volte disperata.
L'amore di Pino per il materiale che
sapientemente ha raccolto nei suoi libri con cura certosina, non era fine a se
stesso ma serviva a capire il presente e definire il nostro posto in esso.
Non
è mai rimpianto ma amore per le cose che non piacciono, è rabbia per gli errori
commessi, è impegno e tenace ricerca perchè le cose cambino sotto il segno di
verità che non tramontano perchè parte essenziale di ogni uomo.
I
canti, i rosari, i proverbi, il salmodiare delle donne in processione sono un
dizionario "altro" rispetto al nostro linguaggio scarno e umiliato
dalle esigenze di “Questo Tempo”.
Le
parole spesso hanno senso oscuro per tanti giovani.
Oggi
l'astratto, scioccamente rimosso dalle nostre laiche coscienze, non ha più un
vocabolario di riferimento, può apparire inutile quanto difficile.
Chi
usava quel linguaggio, chi vi attingeva a piene mani nei piccoli e grandi
momenti dell'esistenza non c'è più ed era questo il tormento che muoveva
l’intelligenza di Oino Governali
Tuttavia
non v'è una sola ragione che ci permetta di dimenticare e l'oblio è oggi colpa
terribile che, come una maledizione, ricade dai padri sui figli.
La
morte delle parole è evento ancor più drammatico della morte stessa soprattutto
perchè la responsabilità ricade interamente su noi stessi. Pino Governali
conosceva bene “questo dono tremendo di parole” che religiosamente affidava a
Dio ma laicamente insegnava ai giovani. Era questo il suo Credo e i giovani
erano la sua cura quotidiana.
Certo,
per non dimenticare non basta un libro anche se noi, per cultura, annettiamo
molta importanza alla parola scritta. .E’ comunque un dato che " Come in
cielo così in terra ", questo dono tremendo di parole che Governali ci
consegna, assieme agli altri suoi libri fino alla Guida storica e artistica
alla città di Corleone, ci richiama con forza ad un dovere che abbiamo per
primo verso noi stessi e i nostri figli, perchè non vaghino smarriti alla
ricerca di radici recise troppo in fretta.
A
noi, alla nostra dignità di uomini liberi dobbiamo il recupero di questa
memoria, di questa
"devozione".
Certamente
ci farà gran bene portare fiori ed erbe, deporre canti e parole davanti alle
loro umili ombre ma il loro sentire, la loro lingua potrà veramente servire a
ridare senso e dignità alla nostra esistenza?
E'
questo, a dire il vero, la domanda più amara che i libri di Pino Governali pongono.
Mi
è parso che nella rievocazione della vecchiaia dei padri e della nostra infanzia
ci fosse dell'altro, un non detto di paura e angoscia, una sensazione di
freddo quale si prova nelle mattine grigie d'inverno o di quei tristi giorni
nei quali la primavera si rifiuta di esserci ancora.
Tutto
ciò è presente nelle pubblicazioni e negli studi di Pino Governali con lucida
intelligenza, senza cupezza nè ombra di disperazione, anzi!.
Pagina
dopo pagina, si sente bussare alle nostre porte blindate, si aprono con parole
antiche varchi nuovi di pietà e di speranza, è allora che ci si accorge che non
c'è tempo da perdere, che dobbiamo affrettarci perchè fare memoria è impegno,
è testimonianza di vita e di parola. Questo ci chiede nei suoi libri Pino
Governali che parla anche a nome e per conto di tutti noi.
E’
questo il suo lascito di immenso valore etico esistenziale che vale la nostra
gratitudine.
Personalmente
raccolgo come un impegno personale il suo coraggio di andare, quand'è il
momento, c o n t r o c o r r e n t e, di opporsi all'oblio che è segno di morte, no definitivo e sconsiderato
in nome di un quotidiano senza progetto e, quel che è più grave, senza
prospettiva di futuro.
Giovanni
Perrino 8 luglio 2016 a tre mesi dalla scomparsa di Pino Governali
G. PERRINO: TRE POESIE PER PINO
PATRASSO
1969
Napoli,
appena in tempo per l’imbarco.
Come
scapestrati scacciamo l’ansia cantando
Voce e’notte
ai rèfoli caldi del vento
È
trovatella l’immagine che riaffiora
Racconta
un’estate afosa una cinquecento in corsa
Sull’asfalto
che si sfoglia lucente il mare a destra
abbiamo
percorso il paese in silenzioso volo
Il
traghetto bianco in partenza per Patrasso
Kiri
kiri parakaloumen gioia per la lingua ritrovata
Leggevamo
stupiti nei sottopassi zito o’stratos
Ma sapevamo
a memoria Teodorakis Pireo nel cuore
Aria
leggera e profumi d’oriente le nostre terre patrie
In
esse ci specchiammo quando il futuro giocava con noi
MEMINI
Dovrei
pensarti non così lontano amico caro
Ma so
quale luogo abiti fra lunghi filari di vite
Le
betulle qui non hanno prezzo, nelle notti urlano
Senza
fine alla luna ghiacciata e le terre nere
Hanno
paura, per molte verste s’odono voci roche
Scricchiolii
che annunciano imminenti crolli
I lupi
fuggono e all’alba i contadini si segnano.
Nessuno
osa cantare il dolore qui già germogliano
I
frutti nel gorgoglio d’acque e tacciono i vicoli
Dove è
tutto un mugolio di gatti padroni di pietre
E
gerani a guardia delle ore deserte della tua siesta.
Attendo
il giorno per ascoltare le tue parole
All’imbarco
alla stessa ora di oggi in cui voliamo
In
cieli diversi sopra le stesse nuvole cielo e terra.
Ricordi
Malastrana metafora del mondo? La corsa
In auto
verso i sogni blu e le luci di Turkulimano?
A quel
tempo i versi non si scioglievano liquidi
Come
su questo treno su cui scorrono abeti storditi
Dall’inverno
col ghiaccio che rapprende le radici
Ed io
non vedo oltre il vuoto di un mancato sms
Mentre
scivola il ricordare fra memoria e nostalgia
In
questo vagone semideserto di volti senza nome
Già
putrida la ferita ripete il verso risaputo sordo
Alla
voce che dal tunnel giunge amicale eco… Zuanì
AMICO CIAO
La
barca che ti porta è solo un punto all’orizzonte
La
foschia impedisce di vedere il confine
Tu
nel regolare ritmo del remo fendi l’onda
Spargi
gocce di saggezza esperta di memorie
Storie
che si dipanano dalla comunione di luoghi
Come
umani le radici di questa foresta pluviale
Possenti
stringono templi in un abbracci mortali
Come
queste pietre del Tom Wat docile t’affidi
Alle
radici che da mesi propendevano dai rami
Innocue
alla vista ma crudeli nella pretesa
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