Beppe Montana |
di KATYA MAUGERI
PALERMO – Una piccola località balneare, Porticello, che si affaccia su uno dei golfi più belli della Sicilia, borgo di pescatori alle porte di Palermo. Era il 28 luglio 1985 e Cosa nostra – che non lascia conti in sospeso – decide di eliminare il commissario Beppe Montana: due killer gli sparano in faccia uccidendolo all’istante davanti alla fidanzata.
Collaborava con il giudice Rocco Chinnici su varie indagini antimafia e durante la sua attività investigativa arrestò numerosi latitanti, scoprendo raffinerie di droga e depositi di armi, intralciando così molti traffici dell’organizzazione criminale. Un modo di operare sicuramente fuori da ogni canone, quello del “Serpico”, stretto collaboratore del vicequestore Ninni Cassarà, dal giugno 1984 era andato a dirigere la sezione “catturandi”, innovando i sistemi di ricerca, puntando senza troppi riguardi all’individuazione dei rifugi degli uomini d’onore da lungo tempo latitanti sul territorio di Palermo. Questo atteggiamento cominciò lontano dalla consuetudine burocratica degli uffici di Polizia cominciarono a infastidire l’organizzazione criminale, azioni – quelle di Montana – ritenute con il tempo pericolose perché lui osava approfondire ciò che altri avevano lasciato in sospeso. LEGGI TUTTO
PALERMO – Una piccola località balneare, Porticello, che si affaccia su uno dei golfi più belli della Sicilia, borgo di pescatori alle porte di Palermo. Era il 28 luglio 1985 e Cosa nostra – che non lascia conti in sospeso – decide di eliminare il commissario Beppe Montana: due killer gli sparano in faccia uccidendolo all’istante davanti alla fidanzata.
Collaborava con il giudice Rocco Chinnici su varie indagini antimafia e durante la sua attività investigativa arrestò numerosi latitanti, scoprendo raffinerie di droga e depositi di armi, intralciando così molti traffici dell’organizzazione criminale. Un modo di operare sicuramente fuori da ogni canone, quello del “Serpico”, stretto collaboratore del vicequestore Ninni Cassarà, dal giugno 1984 era andato a dirigere la sezione “catturandi”, innovando i sistemi di ricerca, puntando senza troppi riguardi all’individuazione dei rifugi degli uomini d’onore da lungo tempo latitanti sul territorio di Palermo. Questo atteggiamento cominciò lontano dalla consuetudine burocratica degli uffici di Polizia cominciarono a infastidire l’organizzazione criminale, azioni – quelle di Montana – ritenute con il tempo pericolose perché lui osava approfondire ciò che altri avevano lasciato in sospeso. LEGGI TUTTO
Sicilia Journal 28/07/16
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