di GERY PALAZZOTTO
Cosa ci può essere di veramente «lesivo dell’immagine della
collettività di Corleone che da decenni cerca di scrollarsi di dosso la nomea
di città centro della mafia»? Una risposta il sindaco Lea Savona e la sua
giunta ce l’hanno: l’articolo di Repubblica in cui si raccontava dell’inchino,
anzi tecnicamente della fermata di ossequio della processione di San Giovanni
Evangelista davanti a casa Riina. E vai con la querela. Anzi no. Forse. Chissà.
Di fatto da settimane l’amministrazione comunale è alle prese con la vera
emergenza di Corleone: l’articolo di quel giornalista, quel “buffone” (la
definizione è del genero di Riina che però ha risparmiato le virgolette). E siccome
nulla è certo da quelle parti, la querela annunciata finisce in un limbo
burocratico di rinvii e/o annullamenti. Non c’è peggior colpa che raccontare
quando la regola è il silenzio. E del resto cosa vi aspettavate da un Comuneper
cui il questore di Palermo ha chiesto lo scioglimento? Ah, la “nomea”…
Evidentemente “l’immagine della collettività” non andava
tutelata costituendosi parte civile nel processo contro i nuovi boss del paese,
incastrati grazie al primo imprenditore di Corleone che ha denunciato gli
estortori. Il Comune si è tenuto ben lontano da quel processo, in cui ha pure
un dipendente tra gli imputati per mafia.
Ma ricordate, nulla è certo. Infatti ora
si scopre che la colpa di tale disimpegno fu di un avvocato incaricato dall’amministrazione.
E su Facebook il sindaco scrive: «Per l’errore pagherà». Che, detto da una che
ha bun fratello sospettato di collusione coi clan, fa un certo effetto.
Gery Palazzotto
La Repubblica/Palermo, 16 giugno 2016
La Repubblica/Palermo, 16 giugno 2016
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