Da sx: Paolo Borrometi, Ivan Pedretti, Alessio Gallotta, Susanna Camusso, Valeria Fedeli, Dino Paternostro |
ROMA - Cultura della legalità, lotta alla criminalità, lavoro, rispetto delle
regole, dignità delle persone, memoria, rapporto tra generazioni. C’è tutto
questo, e altro ancora, dentro il docu-film Terre rosse, realizzato
dal regista David Fratini e prodotto da LiberEtà in collaborazione con lo Spi
Cgil nazionale, che racconta in presa diretta le esperienze vissute dai
volontari, giovani e anziani, nei campi della legalità promossi da Arci e
Libera, in collaborazione con Cgil, Spi Cgil, Flai Cgil, la Rete degli studenti
medi e l’Unione degli universitari, nei terreni e nei beni confiscati alle
mafie.
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La proiezione
in anteprima del film, avvenuta lo scorso 20 giugno alla Casa del jazz, a Roma,
uno dei luoghi simbolo della lotta alla criminalità organizzata nella Capitale
in quanto confiscato al “cassiere” della banda della Magliana e affidato al
Comune di Roma nel 2001, è stata introdotta dal segretario nazionale dello Spi,
Lucia Rossi, e dall’amministratore delegato di LiberEtà, Miriam Broglia.
Presente, ovviamente, anche il regista, David Fratini, che in un breve saluto
ha voluto dedicare la sua opera a Mario Nicosia, ultimo superstite della strage
di Portella delle Ginestre, scomparso lo scorso 16 maggio, di cui il film
contiene una testimonianza su quel tragico 1° maggio 1947.
Si è trattato
di una iniziativa che ha coinvolto centinaia di persone e che dopo la
proiezione è proseguita con una tavola rotonda che ha messo a fuoco numerosi
temi e che ha offerto spunti di approfondimento e di riflessione per il futuro
prossimo, e alla quale hanno partecipato il vicepresidente del Senato, Valeria
Fedeli, il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, il segretario
generale dello Spi, Ivan Pedretti, il responsabile legalità della Cgil di
Palermo, Dino Paternostro, e il giornalista, Paolo Borrometi, che vive sotto
scorta per i suoi articoli contro la mafia.
«Il senso dei
campi – ha detto Susanna Camusso – è in primo luogo quello di conservare la
memoria dei beni confiscati trasformandoli in esperienze utili di lavoro. I
ragazzi che partecipano ai campi della legalità hanno la possibilità di
scoprire che il valore del lavoro, di scoprire il rapporto che esiste tra il
fare e il prodotto di quel fare, di comprendere l’importanza dei diritti e
delle condizioni del lavoro».
«La realtà dei
campi della legalità – ha aggiunto Valeria Fedeli – purtroppo è poco conosciuta
al di fuori della cerchia di quanti vi partecipano, dal momento che i mezzi di
comunicazione ne parlano poco o non ne parlano affatto. Per questo credo che ci
siano le condizioni per presentare il film in una sede istituzionale come
quella del Senato». Sempre a giudizio del vicepresidente del Senato «il film
evidenzia in maniera molto precisa il rapporto tra generazioni. Le vecchie
generazioni devono saper guardare alle nuove con occhi diversi, senza imporsi,
ma con la capacità di ascolto e di costruire le relazioni. Mettere a
disposizione sapere, conoscenze e memoria come fa lo Spi è molto efficace
perché lascia alle nuove generazioni lo spazio per ascoltare e scegliere di
trasformarlo in un’azione nuova».
«Il film
racconta tre campi, uno al Sud, uno al Centro e uno al Nord – spiega Ivan
Pedretti –, ma quelli che noi realizziamo sono sedici in tutta Italia. E questo
perché la mafia è un problema che investe tutto il paese e non soltanto alcune
zone. Lo scopo delle nostre iniziative, che tengono insieme giovani e anziani,
è quello di trasmettere esperienze e memoria di quelle esperienze. Il messaggio
che vogliamo dare ai giovani – ha aggiunto il segretario generale dello Spi – è
quello relativo all’importanza del rispetto della legalità, di avere il
coraggio della vita normale. Noi dobbiamo far conoscere il più possibile questo
film e non limitarci a fare iniziative in luoghi chiusi, ma dobbiamo andare nel
territorio, dove ci sono le persone in carne e ossa. Perché l’illegalità si
combatte facendosi vedere, stando sul campo. Certo si rischia, ma soltanto chi
non si mette in discussione non rischia».
Per il
giornalista Paolo Borrometi il film aiuta a conoscere un’esperienza importante che
si sta facendo nel nostro Paese ed afferma la cultura della parola e del
confronto contro il silenzio che vorrebbero imporre le mafie.
“I campi di
lavoro e di studio sui terreni confiscati alle mafie costituiscono un’inedita
esperienza di antimafia sociale – ha sottolineato Dino Paternostro – che ormai
coinvolge migliaia di ragazze e ragazzi in tutt’Italia, che interagiscono con
centinaia di anziani dello Spi, i quali non preparano loro solo i pasti, ma
principalmente contribuiscono a quello scambio di esperienze intergenerazionali,
fondamentale per la crescita del paese”.
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