Il sen. Giuseppe Lumia |
Palermo, 18
maggio 2016 – “Già nel gennaio del 2015 avevo presentato un’interrogazione
sulla mafia nei Nebrodi, con la quale chiedevo al governo di sostenere l’azione
di legalità portata avanti dal presidente del parco Giuseppe Antoci. Oggi ne ho
presentato un’altra, più approfondita, in cui spiego nei particolari la
presenza di Cosa nostra nel territorio e gli affari delle famiglie mafiose,
facendo tutti i nomi e i cognomi dei boss: Galati, Giordano, Bontempo Scavo,
Mignacca, Batanesi, Conti Taguali, Costanzo, Foti Belligami”. Lo dice il
senatore del Pd Giuseppe Lumia, componente della Commissione parlamentare
antimafia. Stanotte il presidente del Parco dei Nebrodi ha subito un gravissimo
agguato di stampo mafioso.
il testo integrale dell'interrogazione al ministro dell'interno
Al ministro
dell’interno chiedo: “quali forme di protezione intenda intraprendere per
salvaguardare l'azione del dottor Antoci alla guida del parco dei Nebrodi e
metterlo nelle condizioni di continuare il suo prezioso operato; se ritenga
opportuno dispiegare sulla zona dei Nebrodi una presenza stabile di tipo
militare attraverso i reparti speciali già sperimentati in luoghi dalle
medesime caratteristiche dei Nebrodi, al fine di garantire un efficace presidio
del territorio; se ritenga opportuno istituire una task force per
effettuare uno screening patrimoniale delle famiglie mafiose con l'obiettivo di
aggredire e sequestrare i loro beni”.
Di seguito
il testo integrale dell'interrogazione, disponibile anche sul link http://www.giuseppelumia.it/2014/nebrodi-agguato-ad-antoci-e-guerra-e-guerra-sia-il-lungo-elenco-dei-boss/
LUMIA- Al
Ministro dell'interno. -
Premesso
che:
nella notte
del 18 maggio 2016 il Presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci ha
subito un gravissimo agguato di stampo mafioso. Un commando di sicari ha
bloccato la sua auto tra Cesarò e San Fratello e ha aperto il fuoco. Solo
grazie all'auto blindata e alla tempestiva azione degli agenti della Polizia di
Stato e del Vice Questore Manganaro, il Presidente Antoci e gli stessi
agenti sono riusciti a sfuggirvi, rimanendo illesi;
l'ente parco
dei Nebrodi, in Sicilia, sta operando per diffondere trasparenza e legalità in
un vasto territorio di propria competenza. Il Governo regionale, guidato dal
presidente Crocetta, ha affidato il parco alla responsabilità del dottor
Antoci, personalità di elevata qualità morale, che ha avviato un'azione di
rottura col passato, spesso caratterizzato da pratiche clientelari ed
affaristico-mafiose;
risulta
all'interrogante che il dottor Antoci ed il presidente Crocetta già in passato
sono stati raggiunti da minacce di morte di tipico stampo mafioso, proprio a
voler sottolineare la dirompenza dell'azione avviata dall'ente parco dei
Nebrodi;
l'intimidazione
era contenuta in una lettera recapitata proprio negli uffici del parco dei
Nebrodi ed indirizzata al presidente Antoci: "Ne avete per poco, tu e
Crocetta morirete scannati";
della
medesima rilevanza è l'attività dell'ESA siciliana (ente di sviluppo agricolo)
che il presidente Crocetta ha affidato alla guida del dottor Francesco Calanna,
che ha impresso un'azione di legalità e di sviluppo senza precedenti, al punto
da revocare ettari ed ettari di terreno dell'ente pubblico regionale in mano
dei privati senza spesso averne i titoli, alcuni dei quali appartenenti a
storiche e pericolose famiglie di mafia;
esponenti di
spicco del clan mafioso dei tortoriciani sono, oltre ai Galati-Giordano, anche
i Bontempo Scavo ed i fratelli Calogero e Vincenzino Mignacca, latitanti dal
2008 e catturati nel novembre 2013 grazie ad un blitz dei carabinieri del Gis
(gruppo di intervento speciale), durante il quale il secondo, pur di non
consegnarsi allo Stato, si è suicidato;
dalla
relazione annuale sulle attività svolte (nel periodo 1° luglio 2012-30 giugno
2013) dal procuratore nazionale antimafia e dalla Direzione nazionale antimafia
si apprende "nel corso delle indagini effettuate per la ricerca dei
latitanti Mignacca, la P.G. operante apprendeva dell'esistenza di un accordo in
essere tra le famiglie mafiose dei Bontempo Scavo e dei Batanesi, volto al
controllo del territorio nebroideo. Dalle informazioni acquisite emergeva che,
poiché la famiglia Bontempo Scavo era stata fortemente limitata dagli arresti
avvenuti negli anni precedenti e decapitata dei suoi capi storici, al fine di
non perdere il controllo del territorio in favore di altre famiglie (in
particolare quelle barcellonesi) e per mantenere gli equilibri, aveva
concordato che la gestione del territorio fosse attuata dai componenti della
famiglia dei Batanesi in cambio del 50 per cento dei proventi delle attività
illecite (principalmente estorsioni)". Sembrerebbe emergere a guida di
questo connubio mafioso Bontempo Gino;
a fronte di
questa attività alla base della mafia dei Nebrodi, sul versante catanese,
inoltre si è avuto l'arresto dei brontesi Claudio Reale, Antonino Sciacca,
Signorino Sciacca e Antonino Tiscari nell'operazione "Tunnel";
dal
complesso delle attività investigative svolte dall'autorità giudiziaria si è
accertato che nel territorio nord della provincia di Enna è stata
particolarmente attiva un'organizzazione mafiosa riconducibile, per il modus
operandi, a "Cosa nostra". In particolare, a Cerami, Gagliano
Castelferrato e Troina nel biennio 2012-2013, si è assistito ad una
recrudescenza del fenomeno criminale con particolare riferimento a gravi reati
contro la persona e contro il patrimonio;
le tecniche
estorsive utilizzate dall'organizzazione mafiosa troinese sono rimaste quelle
di un tempo: la "messa a posto" perpetrata ai danni di imprenditori e
commercianti tramite la corresponsione di ingenti somme di denaro;
l'imposizione di forniture e di manodopera; la cosiddetta estorsione con il
"cavallo di ritorno", realizzata attraverso il furto di automezzi,
macchine agricole, mezzi di lavoro operanti in cantieri, seguito dalla
richiesta di denaro per la successiva restituzione del maltolto. Infatti,
dall'analisi dei reati commessi nell'ambito dei menzionati comuni emergeva, in
maniera indiscussa, che, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2011 ed il 13
febbraio 2012, si era registrato un elevato numero di furti e di
danneggiamenti, ivi compresi quelli a seguito di incendio;
la mafia di
Enna non va sottovalutata perché è sempre stata un'organizzazione potente e
legata all'assetto di vertice del momento, di tale affidabilità che è stata
scelta come sede dove svolgere i summit di mafia che hanno dato vita alla
stagione delle stragi del 1992 (stragi di Capaci e di via d'Amelio che hanno
avviato la "stagione stragista"). Per questo, Cosa nostra di Enna è
stata guidata da boss in grado di interloquire con le istituzioni in una logica
collusiva, come Raffaele Bevilacqua, capo provinciale e contemporaneamente
politico, Salvatore Gesualdo e Giancarlo Amaradio, di recente destinatari di
ulteriori ordinanze di custodia cautelare;
occorre,
altresì, dare atto che l'operatività di Cosa nostra nella provincia di Enna è
stata da sempre condizionata dall'incisiva influenza delle organizzazioni
mafiose radicate nei più importanti centri limitrofi (nel caso di specie Cosa
nostra catanese) che hanno da sempre considerato il territorio ennese di
interesse, non tanto per le potenzialità produttive ed economiche presenti,
quanto per la necessità di mantenere una "zona cuscinetto" utile alle
diverse esigenze, soprattutto di natura logistica proprie delle organizzazioni
criminali dell'isola;
in
particolare, per le componenti criminali radicate nei comuni di Troina e Cerami
si individuava il referente di Cosa nostra a Troina; questi, pur risiedendo nel
centro, risultava legato alla famiglia mafiosa catanese riferibile alla
"Catina" (clan catanese di Cosa nostra particolarmente attivo nel
comune di Aci Catena);
al Comune di
Troina apparteneva la gestione dei boschi, circa 4.200 ettari, che sembra aver
da sempre rappresentato un punto dolente per la tutela della legalità
nell'ambito della gestione della cosa pubblica, posto che per l'ubicazione dei
territori in luoghi lontani dal centro abitato, o per la loro vicinanza a paesi
tradizionalmente legati alla mafia dei Nebrodi (Tortorici, Cesarò, San
Fratello, Maniace, Montalbano Elicona, Castell'Umberto) la presenza,
all'interno di tali aree, è stata costantemente riservata ad allevatori e
famiglie legate, inevitabilmente, ad ambienti della mafia messinese, in
particolare tortoriciana;
le pressioni
provenienti dalle famiglie degli allevatori insediate nei boschi del comune di
Troina non si sono solo limitate alla scelta del contraente, ma si sono, di
volta in volta, spinte anche nel senso di determinare le condizioni economiche
loro applicate, sia dal punto di vista del canone di affitto da corrispondere
sia dal punto di vista della durata;
da
un'attenta analisi sequenziale degli atti emanati nel biennio 2012-2013 dal
consiglio di amministrazione e dal direttore tecnico dell'azienda speciale
silvo-pastorale di Troina, nonché dal vaglio di altri riscontri di diversa
natura, sembra emergere un sodalizio criminale legato alla "mafia dei
Nebrodi", che, quasi approfittando del contesto politico favorevole e
constatando gli ingenti interessi economici, sembrerebbe interessato non solo
alla gestione dell'immenso patrimonio boschivo di cui è proprietario il Comune
di Troina ma, addirittura, parrebbe aver avviato una progressiva penetrazione
nell'apparato istituzionale del Comune. A tal proposito sembra opportuno
ricordare che in occasione delle elezioni amministrative del 2008, il gruppo
prestò particolare impegno per far eleggere un consigliere comunale, Giuseppe
Costanzo, figlio di Salvatore Costanzo detto "U spaddatu",
pregiudicato e attualmente sotto inchiesta per truffa all'AGEA, titolare di un contratto
di affitto di circa 700 ettari con l'azienda, nonché personalità di spicco
della malavita rurale troinese legata alla cosca di Bronte del boss Salvatore
Catania detto "Turi", pluripregiudicato e condannato per associazione
mafiosa, attualmente in regime di detenzione domiciliare a Cesarò ed afferente
alla famiglia Santapaola (in particolare in contatto in passato con il reggente
di Cosa nostra catanese Enzo Aiello e con il latitante oggi pentito Santo La
Causa), di cui risulta essere, fino a non molto tempo fa, referente a Troina;
parimenti il
sodalizio, nel tentativo di gestire direttamente, attraverso propri esponenti
ed uomini di fiducia, i contratti di locazione dell'azienda, sembrerebbe aver
offerto "supporto" al dottor Giuseppe Militello, anch'egli legato ai
medesimi ambienti criminosi e in particolare a Salvatore Costanzo ed alla
famiglia Conti Taguali di Tortorici (Batanesi), allorquando l'azienda
silvo-pastorale emanò un bando per la selezione della figura di direttore
tecnico. Sembrerebbe che proprio con l'aiuto di tali personaggi, Militello sia
riuscito a produrre una serie di false attestazioni che lo portarono a
manipolare il concorso ed a ricoprire il ruolo dirigenziale all'interno
dell'azienda per meglio assecondare, come evidenziato, le logiche
particolaristiche e gli interessi economici delle famiglie anziché quelle
dell'ente di gestione (come si può rilevare dagli atti del procedimento penale
numero 971/20012 R.G. ancora in corso presso il Tribunale di Enna che vede
Giuseppe Militello imputato del reato di falso in atto pubblico);
la
connivenza di alcune personalità politiche del territorio che hanno agevolato
direttamente ed indirettamente l'organizzazione criminale, l'influenza
esercitata dall'allora consigliere comunale Giuseppe Costanzo nelle scelte
politico-amministrative relative all'azienda, nonché il ruolo di primo piano
svolto dal dottor Giuseppe Militello, che si è reso protagonista ed estensore
di numerosi atti illegittimi volti a favorire le famiglie affittuarie a discapito
dell'azienda, hanno spianato il terreno per lucrare approfittando degli
incentivi offerti dall'Unione europea e per consumare, senza alcun controllo,
truffe ai danni dell'AGEA;
da quanto
esposto si evince che il cuore pulsante degli interessi economici del sodalizio
criminale sia la gestione diretta del ricco patrimonio boschivo (circa 4.200
ettari) di proprietà del Comune di Troina, che sarebbe esercitata anche
attraverso il controllo del territorio e la perpetrazione di una serie di
reati, per lo più estorsioni, furti e danneggiamenti, volti ad affermare la
supremazia criminale ed a scoraggiare altri, eventuali, allevatori locali e/o
aziende agricole concorrenti nella gestione dei terreni dell'azienda;
risulta
sintomatica l'azione criminosa della famiglia Conti Taguali (Batanesi di
Tortorici), poiché sembra abbia stipulato un contratto d'affitto con l'azienda
di circa 1.200 ettari. Tra i firmatari dei contratti d'affitto compaiono
diversi esponenti legati alla cosca tortoriciana dei Bontempo Scavo, il cui
capo, Cesare Bontempo Scavo, attualmente detenuto in carcere, intrattiene
legami parentali con Giuseppe Conti Taguali detto "u zzu Pippinu",
firmatario dei contratti. Lo stesso Conti Taguali è cognato del pluripregiudicato
Sebastiano Pruiti, già personalità di spicco del clan dei Batanesi di
Tortorici, ucciso in un agguato mafioso nel territorio di Troina nel 1995;
Gaetano
Conti Taguali, figlio di Giuseppe, anch'egli pregiudicato e firmatario dei
contratti di affitto relativi a terreni dell'azienda, in passato si è reso
protagonista di estorsioni e furti nelle campagne troinesi. In particolare, nel
giugno 2012 ha tentato un'estorsione ad un'impresa edile che stava realizzando
lavori nella strada statale 575;
firmataria
del contratto è anche Melissa Miracolo, anch'ella appartenente ad un'altra
famiglia legata alla mafia tortoriciana dei Batanesi, moglie di Signorino Conti
Taguali, primogenito di Giuseppe, affiliato al clan Bontempo Scavo e arrestato
per associazione a delinquere di stampo mafioso finalizzata alle estorsioni
nell'ambito dell'operazione "Rinascita";
con
l'elezione dell'amministrazione comunale, guidata dal sindaco Fabio Venezia, si
è aperta una nuova stagione di legalità. Così sono venuti a mancare gli
"appoggi" politici che garantivano, attraverso un'attenta ed oculata
copertura, il perseguimento dei lucrosi interessi economici e, inoltre, sono
stati spezzati i legami con l'apparato istituzionale dell'ente. Uno dei primi
atti del nuovo sindaco è stato la rimozione immediata del vecchio consiglio
d'amministrazione dell'azienda ed il licenziamento del direttore tecnico
Militello che era colluso con i suddetti ambienti criminosi e risultava
incompatibile, poiché destinatario di un decreto di rinvio a giudizio, con il
ruolo ricoperto. L'attività successiva ha acceso i riflettori sui contratti di
affitto e sui numerosi atti illegittimi consumati all'interno dell'ente allo
scopo di favorire gli interessi economici degli affittuari;
il
tentativo, da parte del sindaco Venezia, di far luce su questi aspetti, di
avviare la procedura di evidenza pubblica nella stipula dei contratti e la
volontà di aumentare il canone di affitto per i contratti in scadenza ha messo
in fibrillazione il sodalizio criminale che ha mostrato una certa insofferenza
per questo nuovo corso, manifestando "avvertimenti" e chiari segnali
intimidatori nei confronti dell'azienda ed in particolare verso il sindaco
stesso, particolarmente esposto sul fronte dell'antiracket e della legalità, a cui
è stata assegnata dall'agosto 2013, in seguito alla segnalazione della Polizia
di Stato, la misura protettiva della vigilanza dinamica;
tutto gira
intorno ai 4.200 ettari di territori boschivi dell'azienda silvo-pastorale, che
permettono agli allevatori di guadagnare circa 500 euro netti all'anno, ogni
ettaro detenuto in affitto, a fronte di un canone di 50 euro, garantendo così
guadagni che spesso competono con i più redditizi affari di droga. Basti
pensare che ben 1.200 ettari di terreni boschivi sono in affitto a Giuseppe
Foti Belligami, noto pregiudicato cesarese, che controlla il territorio dei
pascoli e del bestiame da Cesarò a San Fratello, Sant'Agata di Militello,
Alcara Li Fusi, Militello Rosmarino, Acquedolci e Caronia; quest'ultimo è
l'astro nascente di una nuova organizzazione criminale che ha di recente chiuso
un accordo con i Batanesi, ormai considerata la nuova famiglia tortoriciana,
per il controllo del territorio, previa corresponsione di un corrispettivo;
Foti
Belligami è colui che ha messo gli occhi sui 400 ettari boschivi del parco dei
Nebrodi, che a breve dovrebbero andare a bando. Si tratta di un soggetto
spregiudicato che si avvale della manovalanza di San Fratello,
si chiede di
sapere:
quali forme
di protezione intenda intraprendere per salvaguardare l'azione del dottor
Antoci alla guida del parco dei Nebrodi e metterlo nelle condizioni di
continuare il suo prezioso operato;
se ritenga
opportuno dispiegare sulla zona dei Nebrodi una presenza stabile di tipo
militare attraverso i reparti speciali già sperimentati in luoghi dalle
medesime caratteristiche dei Nebrodi, al fine di garantire un efficace presidio
del territorio;
se ritenga
opportuno istituire una task force per effettuare uno screening
patrimoniale delle famiglie mafiose con l'obiettivo di aggredire e
sequestrare i loro beni;
quali misure
il Ministro in indirizzo intenda adottare per combattere la criminalità rurale
legata ad un controllo capillare della gestione del territorio boschivo di
Troina da parte del clan dei Batanesi di Tortorici;
come intenda
rafforzare i presidi delle forze di polizia soprattutto nella componente
investigativa al fine di stroncare affari, corruzione, intimidazioni e
collusioni esercitate su un territorio storicamente lasciato, spesso, in ombra
dallo Stato.
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