Com’è fatto un mafioso? Come funziona la sua psiche? Ne abbiamo parlato con Girolamo
Lo Verso, professore di psicoterapia all’Università di Palermo e con Giusy
Cannizzaro, dottore di ricerca presso lo stesso ateneo, in occasione della
ricerca-intervento in provincia di Trapani, dal titolo “Lo psichismo mafioso”,
svoltosi il 21 e il 22 maggio scorsi.
Dottoressa Cannizzaro, in che modo lo studio dello psichismo mafioso può aiutare
la lotta alla mafia?
“Ci siamo molto interrogati su quale possa essere il contributo della
psicologia all’accrescimento della comprensione dall’affrancamento dal fenomeno
mafioso. Prima però occorre conoscerlo. Conoscerne la cultura, come questa si intreccia,
influenza ed è influenzata dalla cultura siciliana. Una sorta di deformazione
dei valori che fondano la cultura siciliana.
La d.ssa Giusy Cannizzaro |
“E’ un mondo più spietato e spersonalizzato di quello che possa essere il
mondo dei terroristi islamici, quindi dobbiamo avere chiaro a che livello ci
muoviamo. E’ un mondo che va capito nella sua specificità. L’aveva già capito
Giovanni Falcone, con cui di fatto avevamo iniziato queste cose quando eravamo
entrambi a Trapani. Lui infatti riuscì a fare parlare Buscetta, proprio perché
capì che era un “uomo d’onore” e un generale di un esercito. I mafiosi non
hanno l’io, uccidono con indifferenza e hanno come unico obiettivo il potere.
Studiare lo psichismo mafioso serve anche a capire come possiamo aiutare le vittime di mafia, che sono tante, figli, nipoti… Siamo noi stessi quando non abbiamo il coraggio di intraprendere un’attività commerciale perché ci chiederanno il pizzo. Le vittime di mafia in Sicilia probabilmente siamo tutti. Paradossalmente lo sono persino i mafiosi, gente che di fatto non ha una vita umana.
Quando fu degli attentati terroristici, i francesi sono stati meravigliosi, perché cantando la Marsigliese hanno confermato che la vera forza sta nei nostri valori: uguaglianza, fratellanza, democrazia, libertà. Valori da mantenere nonostante gli attentati. Ecco, dobbiamo mantenerli anche nonostante i mafiosi, ma non è facile.”
Studiare lo psichismo mafioso serve anche a capire come possiamo aiutare le vittime di mafia, che sono tante, figli, nipoti… Siamo noi stessi quando non abbiamo il coraggio di intraprendere un’attività commerciale perché ci chiederanno il pizzo. Le vittime di mafia in Sicilia probabilmente siamo tutti. Paradossalmente lo sono persino i mafiosi, gente che di fatto non ha una vita umana.
Quando fu degli attentati terroristici, i francesi sono stati meravigliosi, perché cantando la Marsigliese hanno confermato che la vera forza sta nei nostri valori: uguaglianza, fratellanza, democrazia, libertà. Valori da mantenere nonostante gli attentati. Ecco, dobbiamo mantenerli anche nonostante i mafiosi, ma non è facile.”
C’è però anche la differenza tra il terrorismo islamico, che è estraneo al
nostro contesto, e la mafia che invece si intreccia con la nostra cultura.
“Certo, la mafia fa parte di noi, della nostra storia, delle nostre
collusioni. Qui ha colluso un’intera popolazione. Non dobbiamo dimenticare che
durante le passate elezioni regionali c’erano due candidati: uno poi finì in
galera per associazione mafiosa, l’altro invece era il sindaco di Palermo, da
sempre impegnato contro la mafia. Il primo vinse col 52,84%. Anche per un
equivoco che la cultura mafiosa, prima ancora della mafia, ha saputo sfruttare.
Il suddetto galeotto andava dagli abusivi dell’agrigentino, la provincia più
“felix” insieme a quella di Trapani, dal punto di vista mafiologico,
promettendo loro che avrebbe salvato le loro case abusive. Noi, cultura della
legalità, dicevamo loro che dovevamo abbattere le case, senza spiegar loro però
che abbattere la casa poteva anche voler dire fare un bar per i turisti e fare
campare i nipoti. Insomma, quello ha vinto anche per la nostra limitazione di
analisi.”
Come si fa a svincolare lo studio del comportamento mafioso dal contesto
politico istituzionale? Se ci si concentra sull’individuo, non si rischia di
perdere l’aggancio collettivo?
“Proprio in provincia di Trapani, con la storia che c’è stata e che c’è
ancora adesso, svincolare lo studio del comportamento mafioso dal contesto
politico istituzionale sarebbe un paradosso. Non esiste il mafioso come
singolo, come individuo, per cui tutto il contesto si tiene eccome.”
Che ne pensa del caso Despar di Castelvetrano? Una catena di supermercati
confiscati che poi falliscono producendo nuova disoccupazione. Che cosa si può
dire a coloro che hanno perso il lavoro e magari sono arrivati alla conclusione
che con la mafia si lavorava e con lo Stato no?
“Legalità e onestà non bastano, senza l’intelligenza e la capacità.
Diversamente rischiano di essere dei concetti perdenti, controproducenti. La
prima cosa cui bisogna pensare è lo sviluppo imprenditoriale.”
Al termine delle due giornate di studio, il Professore Lo Verso ha ricordato
Giovanni Falcone. “Era un giudice, un uomo. Amava il mare, il whisky e persino
le ignobili battute delle barzellette inglesi. E quindi, ricordiamolo così.”
Egidio Morici
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