Sarà piantumato un albero nel giardino della memoria a
Ciaculli, poi si terrà un’iniziativa a Sciara
Palermo 11 maggio 2016 – Lunedì la Cgil commemora il
sindacalista Salvatore Carnevale, ucciso dalla mafia il 16 maggio del 1955.
Alle ore 9 sarà piantato un albero in ricordo di
Carnevale al Giardino della Memoria di Ciaculli su iniziativa di Unci e Anm,
con la partecipazione dei familiari, del segretario nazionale Cgil Susanna
Camusso, dei segretari provinciali e regionali di Cgil Cisl e Uil, dei
segretari delle categorie della Cgil. Alle ore 10 la giornata commemorativa
prosegue a Sciara dove nella chiesa madre di S.Anna, in piazza Castelreale, i
ragazzi delle scuole si esibiranno in delle performance, leggeranno poesie e
testi sulla vita del sindacalista, dialogheranno con il segretario generale
Cgil Palermo Enzo Campo e il segretario Cgil Susanna Camusso. L'iniziativa sarà
introdotta dal sindaco Salvatore Rini. A conclusione, la Cgil si recherà sul
luogo dove è stato ucciso Carnevale, al cippo in contrada Cozzi Secchi, dove sarà
deposta una corona.
“Al Giardino della Memoria sono ricordati tutti
coloro che hanno combattuto contro la mafia e perso la vita, anche i nostri
sindacalisti uccisi. E' questa stessa – afferma il segretario generale Cgil
Palermo Enzo Campo - l'impostazione che abbiamo deciso di dare al nostro
calendario della memoria, per strappare dall'oblio tutti i nostri sindacalisti
assassinati e far sì che la memoria di parte del movimento sindacale, che fu il
primo movimento antimafia, diventi memoria di tutti. Il nostro intento è
condividere con la collettività l'eredità lasciata dal movimento sindacale, da
quel movimento contadino e operaio che subì gravi perdite lottando a testa alta
e a mani nude contro la mafia e il blocco sociale agrario mafioso costituito in
quegli anni, che avanzava contro i contadini alla conquista delle terre”.
“In questa direzione va anche l'iniziativa
dell'amministrazione comunale di riconoscere – continua Campo - la memoria di
tutti i cittadini che si sono spesi nella lotta alla mafia dedicando una strada
ai sindacalisti Salvatore Carnevale e Placido Rizzotto e a Felicia Impastato,
tre esempi concreti e brillanti dell'impegno contro Cosa Nostra”. Intervenendo
sul dibattito in corso sull'antimafia, Enzo Campo spiega il senso dell'antimafia
dei lavoratori: “Come ha detto Franco La Torre “per noi è ogni giorno 30
aprile”, così per la Cgil la lotta alla mafia è quella che facciamo ogni giorno
nelle fabbriche e nei posti di lavoro, chiedendo il rispetto delle leggi e dei
contratti. La lotta per il lavoro come elemento di emancipazione delle persone
e di libertà. E' questa la nostra antimafia”. “La lezione di Salvatore
Carnevale per la lotta per i diritti, le 8 ore, il salario contrattuale, la
sicurezza è quanto mai attuale - aggiunge Dino Paternostro, responsabile
Legalità per la Cgil - Salvatore Carnevale è uno dei tanti caduti del movimento
contadino siciliano che, a partire dai Fasci di fine 800 e fino al secondo
dopoguerra, si è battuto per liberare l’isola dall’oppressione della mafia e dei
grossi latifondisti e per creare migliori condizioni di vita e di lavoro per le
masse popolari. Fino a qualche decennio fa, i contadini e i loro dirigenti
sembravano sconfitti e dimenticati. Invece a partire dalla metà degli anni 90
c’è stata un recupero della memoria di quelle lotte e dei suoi caduti,
fondamentale per l’avvio di una nuova e concreta antimafia sociale, nata sulla
spinta della legge Rognoni-La Torre e della legge 109/96, che ha reso possibile
la riutilizzazione sociale dei beni confiscati”.
SCHEDA SU SALVATORE CARNEVALE di Dino Paternostro
Salvatore Carnevale fu assassinato dalla mafia
il 16 maggio 1955. Quando cadde sulla trazzera, crivellato da sei colpi di
lupara, il sindacalista non aveva ancora compiuto trent’anni. Era nato a Galati
Mamertino, in provincia di Messina, il 25 settembre 1925, da Giacomo Carnevale
e Francesca Serio. A Sciara si trasferì piccolissimo insieme alla madre,
separata dal marito. Nel 1951, con un gruppo di contadini, aveva fondato la
sezione socialista e la Camera del lavoro del paese. E subito cominciò a
battersi per l’applicazione della riforma agraria e la divisione dei prodotti
della terra a 60 e 40 (60% al contadino e 40% al padrone), ottenendo i primi
risultati positivi. Una cosa inaudita per i gabelloti e i campieri della
principessa Notarbartolo, che fino ad allora erano riusciti a tenere Sciara
fuori dalle lotte contadine della Sicilia centro-occidentale. E, sull’onda dei
primi successi, ad ottobre organizzò l’occupazione simbolica del feudo della
principessa, ma fu arrestato insieme a tre suoi compagni. Scarcerato dopo dieci
giorni, ma rinviato a giudizio, dovette aspettare l’estate del 1954 per essere
assolto.
Nel frattempo il movimento contadino era
cresciuto, fino a ottenere due decreti di scorporo delle terre del feudo
eccedenti i 200 ettari: il primo del 21 luglio 1952, l’altro il 16 marzo 1954.
Dai primi di agosto del 1952, però, il giovane sindacalista fu costretto ad
andar via da Sciara, per “rifugiarsi” a Montevarchi, in provincia di Arezzo.
Probabilmente, per sfuggire alla feroce mafia di Caccamo che il 7 agosto aveva
assassinato Filippo Intili, sindacalista caccamese. Oppure perché temeva una
dura condanna al processo per l’occupazione del feudo Notarbartolo. Tornò a
Sciara due anni dopo, e subito diede impulso a nuove lotte per chiedere
l’assegnazione della terra ai contadini (dei 704 ettari scorporati, infatti, ne
erano stati assegnati appena 202), occupando nuovamente il feudo Notarbartolo.
Ancora una volta fu minacciato dai mafiosi,
denunciato dalle autorità e condannato a due mesi di carcere con la sospensione
condizionale della pena. Rimasto disoccupato, inaspettatamente, gli fu offerto
un posto di lavoro nella cava Lambertini. Carnevale accettò e il 29 aprile 1955
cominciò a lavorare. Ma anche qui continuò la sua attività sindacale,
organizzando gli operai per rivendicare il diritto alle otto ore lavorative.
“Se ammazzano me ammazzano Cristo!” La sera del 10 o dell’11 maggio, un
emissario della mafia gli disse: “Lascia stare tutto e avrai di che vivere senza
lavorare. Non ti illudere, perché se insisti, finisci per riempire una fossa”.
“Se ammazzano me, ammazzano Cristo!”, rispose Carnevale, che, a scanso
d’equivoci, il 12 maggio proclamò lo sciopero dei cavatori per il rispetto
dell’orario di lavoro e il pagamento del salario di aprile. All’iniziativa
aderirono trenta dei sessantadue operai: un successo. Allora piombarono alla
cava il maresciallo dei carabinieri Dante Pierangeli e il mafioso Nino Mangiafridda.
“Tu sei il veleno dei lavoratori!”, gli disse il maresciallo. E il mafioso:
“Picca nn’hai di sta malantrinaria!”.
Salvatore Carnevale fu assassinato la mattina
del 16 maggio mentre si stava recando a piedi sul posto di lavoro. Qualche ora
dopo, di corsa e col cuore in gola, mamma Francesca si recò sul luogo del
delitto, abbraccio il figlio e gridò: “Me l’hanno ammazzato perché difendeva
tutti i lavoratori, il figlio mio, il sangue mio! Gli assassini bisogna cercarli
tra gli amici e i dipendenti della principessa Notarbartolo!”. Il processo di
primo grado si svolse a S. Maria Capua Vetere e si concluse con la condanna
all’ergastolo dei quattro imputati: Giorgio Panzeca, Luigi Tardibuono, Antonino
Mangiafridda e Giovanni Di Bella. Ma il processo d’appello e quello in
Cassazione avrebbero ribaltato la sentenza di primo grado, assolvendo tutti gli
imputati per insufficienza di prove. Il commento della mamma Carnevale: “Me
l’hanno ammazzato una seconda volta!”.
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