Nella mattinata odierna in Palermo e
provincia i Carabinieri del R.O.S. e del Gruppo di Monreale nel corso di
un’operazione congiunta hanno dato esecuzione a due distinte ordinanze di
custodia cautelare, emesse dal G.I.P. del Tribunale di Palermo - dott.
Guglielmo Ferdinando NICASTRO, su richiesta della locale Procura Distrettuale
diretta dal dott. Francesco LO VOI, complessivamente nei confronti di 62
soggetti[1], accusati a vario titolo dei delitti di
partecipazione ad associazione mafiosa, estorsione, danneggiamento ed incendio,
ricettazione, favoreggiamento, trasferimento fraudolento di valori e reati in
materia di armi, tutti aggravati dal metodo e dalla finalità mafiosa.
Contestualmente sono stati posti sotto sequestro beni, imprese e società
riconducibili in parte all’associazione mafiosa ed in parte ai singoli
indagati. GUARDA LE FOTO
L’operazione è frutto di due parallele
manovre investigative sviluppate nel tempo in direzione dei mandamenti di
Villagrazia - Santa Maria di Gesù (ROS) e San Giuseppe Jato (Gruppo di
Monreale) che hanno avuto significative tangenze in occasione delle dinamiche
inerenti la riorganizzazione di quest’ultima struttura e della dipendente famiglia
di Altofonte.
Le indagini coordinate dai Proc. Agg. dott.
Leonardo AGUECI e Vittorio TERESI nonché dai Sost. Proc. dott. Sergio DEMONTIS,
Francesca MAZZOCCO, Francesco DEL BENE, Amelia LUISE e Siro DEFLAMMINEIS sono
state avviate su obiettivi strategici individuati sulla scorta della pregressa
attività di indagine denominata “Nuovo Mandamento” che nell’aprile 2013
aveva impedito la ricostruzione territoriale di Cosa Nostra nell’area
occidentale della provincia di Palermo.
LE INDAGINI SUL MANDAMENTO DI
VILLAGRAZIA-SANTA MARIA DI GESU’
La Famiglia di Villagrazia
L’indagine condotta dal ROS, denominata
“BRASCA” come l’area rurale posta alle pendici del monte Grifone, ha
interessato inizialmente la famiglia di Villagrazia per poi estendersi
anche a quella di Santa Maria di Gesù, registrando inoltre rilevanti
interlocuzioni con esponenti apicali dei mandamenti di Corleone,
Pagliarelli, San Giuseppe Jato nonché delle famiglie di Altofonte,
Monreale, Piana degli Albanesi e Belmonte Mezzagno.
L’attività investigativa, avviata sin dal
novembre 2012 a seguito dell’indagine denominata “Nuovo Mandamento” che
aveva fotografato la ricostruzione territoriale di Cosa Nostra nell’area
occidentale della provincia di Palermo, ha documentato il ruolo di MARCHESE
Mario inteso Mariano quale vertice del mandamento di Villagrazia
- Santa Maria di Gesù e della famiglia di Villagrazia; questi, storico uomo
d’onore e da sempre legatissimo a CAPIZZI Benedetto, si è avvalso
prevalentemente di PIPITONE Antonino, anch’egli affiliato dalla lunga
militanza, e ADELFIO Vincenzo, incensurato ma esponente dell’omonimo e noto
gruppo familiare, cui sono rispettivamente demandati il coordinamento operativo
della famiglia di Villagrazia, con le connesse problematiche interne al mandamento,
ed il controllo del territorio.
E’ stato inoltre ricostruito l’organigramma
della famiglia di Villagrazia con l’individuazione degli appartenenti,
taluni dei quali mai emersi in attività investigative pur essendo affiliati da
lungo tempo, e/o degli avvicinati: ADELFIO Antonio, ADELFIO Filippo, il
detenuto CAPIZZI Benedetto (già condannato per associazione mafiosa), CAPIZZI
Antonino (già condannato per associazione mafiosa), CAPIZZI Pietro, CAPIZZI
Salvatore Maria, DI BLASI Salvatore, DI BLASI Pietro, GAMBINO Fabrizio, MESSINA
Giovanni, RIBAUDO Gregorio e TUSA Giovanni.
Le acquisizioni hanno consentito
di avere cognizione del ferreo ed ortodosso rispetto delle regole di Cosa
Nostra da parte degli esponenti della famiglia di Villagrazia
secondo il paradigma evidenziato dai primi collaboratori di Giustizia (in
particolare BUSCETTA Tommaso e CONTORNO Salvatore) ed enucleato negli atti
dello storico maxi processo.
In particolare, è stata
accertata:
-
la
rigida osservanza del divieto di rivelare l’appartenenza all’organizzazione
o di affrontare argomenti ad essa inerenti con soggetti che, pur in
rappresentanza di altri mandamenti, non erano stati introdotti secondo
modalità e canali appropriati; la mancanza di riservatezza nella gestione delle
informazioni e/o comunicazioni da parte di membri di altri mandamenti è
stata fortemente stigmatizzata da alcuni degli indagati per le possibili
conseguenze giudiziarie (Vossia è lo zio Mariano?... si...
con chi ho il piacere di parlare... ci manda … lo zio Gregorio...
abbiamo il mandamento nelle mani noi altri.... fermati là... non
lo voglio sapere);
-
l’attuale
vigenza della presentazione rituale sia sotto il profilo della
necessaria presenza di un terzo che possa garantire la qualità di uomo
d’onore degli intervenuti, sia del mai abrogato uso della formula “questo
è la stessa cosa” per introdurre un altro affiliato; lo scopo è di evitare
che nei contatti fra soggetti combinati si possano inserire estranei,
apprendendo notizie la cui conoscenza è riservata ai soli uomini d’onore
(… mi ha detto che era “la stissa cuosa”);
-
il dovere
di sostegno imprescindibile sia nei confronti dei reclusi della propria famiglia
e, talvolta per motivi di opportunità e/o legami peculiari, anche verso i
membri di altre articolazioni mafiose; il supporto economico è ovviamente
assicurato mediante il ricorso ad attività illegali e si intensifica
soprattutto in occasione delle festività ovvero a seguito di particolari
condizioni (es. una infermità come nel caso di CAPIZZI Benedetto, già capo
commissione in pectore ai tempi del tentativo di ricostituzione
dell’organismo collegiale di vertice nel 2008) (… e perchè c’è qualche
carceratieddu ed è giusto che uno ci deve pensare...);
-
l’assoluto
divieto di ricorso alla giustizia statuale, sostituita da una sorta di
autotutela mafiosa da attuare attraverso l’interessamento degli altri referenti
mafiosi;
-
il
rispetto dell’obbligo di protezione dei ricercati, documentato nelle
prime fasi successive all’omicidio di TUSA Giovanni Battista, già indicato come
uomo d’onore, ucciso il 19.03.13 dal cognato GAMBINO Vincenzo, poi
invitato a consegnarsi per evitare la presenza di organismi investigativi sul
territorio di riferimento;
-
il
permanere dei requisiti morali richiesti ai candidati all’ingresso in Cosa
Nostra, già sintetizzato nell’”assoluta mancanza di vincoli
di parentela con «sbirri»”; in tal senso è stata
stigmatizzata la scelta del capo del mandamento di San Giuseppe Jato di
aver appoggiato in posizione di rilievo della famiglia di Altofonte la
nomina di un esponente che, benchè cognato dell’ex latitante RACCUGLIA
Domenico, è Sottufficiale dell’Esercito; il medesimo netto rifiuto era
manifestato anche nei confronti di soggetti legati con congiunti di magistrati
(… là nel portone gli abbiamo fatto la croce! ha fatto a sua figlia
fidanzata con... un magistrato ma prima ci si teneva a tutte queste cose...
minchia ora si sposano con gli
sbirri!... Con i carabinieri…). Altra dote indispensabile per i futuri
affiliati è la totale dedizione all’organizzazione che prevale sempre anche
sulle esigenze della famiglia di sangue (lasciavo la qualsiasi cosa...
tutto...pure a mia moglie al momento che partoriva lasciavo io!).
Un aspetto sconosciuto attestato
dalle attività è rappresentato invece dalla consuetudine che le spese funebri
in occasione della morte degli affiliati siano sostenute dall’organizzazione (Zu
Vicè mi dica una cosa...so ... che quando muore uno un amico nostro... che... è
cosi... gli fate il ...il funerale); se tale pratica poteva essere
intuita, soprattutto per gli esponenti di maggior prestigio, in realtà mai
prima d’ora se ne era ottenuta conferma.
Altro dato significativo nell’ottica
dell’approfondimento della conoscenza del fenomeno mafioso è l’aver individuato
l’esatta demarcazione territoriale della famiglia di Villagrazia che
consente, da un lato, di comprendere appieno le diatribe sulla competenza dei
sodalizi contermini nelle attività estorsive e, dall’altra, di precisare di
conseguenza i confini delle altre articolazioni mafiose. In particolare, oltre
all’omonima borgata palermitana, il territorio della menzionata articolazione
mafiosa comprende anche la frazione Villaciambra, inserita nel comune di
Monreale, e alcune aree ricadenti nel comune di Altofonte.
La Famiglia di Santa Maria di Gesù
Le emergenze operative hanno poi
consentito di certificare l’appartenenza di taluni soggetti alla famiglia
di Santa Maria di Gesù, facente parte del medesimo mandamento unitamente
alla famiglia di Villagrazia, il cui esponente apicale è stato
individuato in GRECO Giuseppe (già condannato per associazione mafiosa e dal
dicembre u.s. detenuto a seguito dell’operazione TORRE DEI DIAVOLI condotta
sempre dal ROS) che, nello svolgimento di detto incarico, si è avvalso della
collaborazione di TAORMINA Mario (in passato destinatario di altra misura
cautelare per associazione mafiosa).
All’interno dell’articolazione
mafiosa in argomento si è individuata una fazione legata al detenuto PULLARA’
Ignazio, già reggente, e costituita dal figlio PULLARA’ Santi nonché da
DI MARCO Gaetano (già condannato per associazione mafiosa), DI MARCO Francesco
e GIORDANO Alfredo (insospettabile direttore di sala al noto Teatro Massimo del
capoluogo). Questi ultimi, distinguendosi dal gruppo operante sul quartiere Guadagna
ed oggetto del menzionato intervento repressivo, si riunivano prevalentemente
presso una marmeria già indicata negli anni ’90 quale luogo di appuntamenti
degli appartenenti al sodalizio mafioso e punto di smistamento dei messaggi e/o
pizzini tra BAGARELLA Leoluca e
BRUSCA Giovanni. Tra i soggetti inseriti nella famiglia di Santa Maria
di Gesù sono stati inoltre identificati MONDINO Girolamo (già condannato per
associazione mafiosa) e MACALUSO Antonino, soggetto questo ultimo a cui era
delegata la gestione di beni della famiglia PULLARA’.
Sono stati inoltre acquisiti
elementi inediti circa la causale dell’omicidio di CALASCIBETTA Giuseppe inteso
faccia di umma, ucciso a colpi di pistola il 19.09.11 mentre ricopriva
verosimilmente la carica di reggente del mandamento di Santa
Maria di Gesù. Secondo quanto captato, prima di morire, il soggetto avrebbe
trattenuto per sé 30.000,00 euro raccolti da ADELFIO Vincenzo il quale, alla
successiva richiesta di GRECO Giuseppe, avrebbe confermato l’avvenuta consegna.
Tale fatto, unitamente ad altri episodi non specificati, era considerato da
parte degli appartenenti alla famiglia di Villagrazia il movente
dell’eliminazione di CALASCIBETTA Giuseppe.
I Rapporti Intermandamentali
Oltre ad essere il vertice della
propria articolazione, MARCHESE Mario è stato un sicuro riferimento per le
organizzazioni mafiose confinanti quali i mandamenti di Corleone,
Pagliarelli e San Giuseppe Jato (relazionandosi con esponenti delle famiglie
di Altofonte, Monreale e Piana degli Albanesi, tutte inserite in quest’ultimo mandamento)
nonché con la famiglia di Belmonte Mezzagno.
Dalle indagini è emerso che
AGRIGENTO Gregorio (storico uomo d’onore già condannato per associazione
mafiosa) aveva tentato di accreditarsi presso MARCHESE Mario quale vertice del mandamento
di San Giuseppe Jato (all’interno del quale era in atto una ristrutturazione) e
che, in sostituzione di MARFIA Giuseppe inteso Lupiddu (già reggente
della famiglia di Altofonte, arrestato nell’indagine “Nuovo
Mandamento” e legato a MARCHESE Mario), aveva designato i nuovi
rappresentanti della famiglia di Altofonte (DI MATTEO Andrea, TERRASI
Salvatore e SERBINO Giuseppe). I precedenti contatti tra MARCHESE Mario e
MARFIA Giuseppe erano peraltro assicurati da SEGRETO Enrico, deceduto alcuni
mesi fa per cause naturali; pare interessante evidenziare che, con l’arresto di
MARFIA, il suo imprenditore di riferimento INCHIAPPA Giovanni Battista (in
passato segnalato per associazione mafiosa ed intestazione fittizia di beni) si
sia avvicinato a MARCHESE Mario pur essendo questi inserito in un diverso mandamento.
Le interlocuzioni tra AGRIGENTO
Gregorio e MARCHESE Mario erano assicurate da RIOLO Giuseppe (capo della
famiglia di Piana degli Albanesi) che, in quella fase, agiva anche quale
emissario del mandamento di Corleone. Per quanto concerne i rapporti tra
la famiglia di Villagrazia e quella di Monreale, è stato
accertato il legame esistente tra MARCHESE Mario, LA CIURA Carmelo e BILLECI
Domenico (anche questi ultimi due tratti in arresto con la citata indagine “Nuovo
Mandamento”).
Sono stati inoltre documentati i
rapporti degli esponenti principali della famiglia di Villagrazia con taluni
soggetti paritetici che, nelle more dell’emissione della misura cautelare, sono
stati progressivamente attinti da altri provvedimenti restrittivi:
-
LEONFORTE
Atanasio Ugo, reggente della famiglia di Ficarazzi, arrestato nel
giugno 2014 nel quadro dell’operazione RESET del Nucleo Investigativo CC di
Palermo;
-
PERRONE
Giuseppe inteso Massimo, esponente apicale del mandamento di
Pagliarelli poi destinatario di misura cautelare nel maggio 2015 a seguito
dell’operazione VERBERO del Nucleo Investigativo CC di Palermo;
-
LO BUE
Rosario, capo del mandamento di Corleone destinatario di o.c.c.
in carcere a seguito dell’operazione GRANDE PASSO 3 del Nucleo Investigativo CC
di Monreale;
-
BISCONTI
Filippo Salvatore, uomo d’onore della famiglia di Belmonte
Mezzagno, sottoposto a fermo nell’ambito dell’operazione JAFAR del Nucleo
Investigativo CC di Palermo.
I Reati Fine
Grazie alla complessiva manovra
investigativa svolta è stato acclarato il sinergico agire delle due
articolazioni del mandamento di Villagrazia - Santa Maria di Gesù nella
riscossione dei proventi estorsivi e, per quanto concerne il territorio di
Villagrazia, un controllo puntuale e diffuso nei confronti delle imprese o
esercizi commerciali da sottoporre a messa a posto o a richiesta di pizzo;
nel complesso, esclusivamente grazie alle attività tecniche, sono stati infatti
acclarati 11 episodi estorsivi consumati da alcuni degli indagati nei confronti
di imprenditori e commercianti.
Proprio l’esigenza di provvedere
a tali prelievi forzosi ha confermato il perdurante legame tra gli affiliati in
libertà e quelli detenuti che dai primi ricevono il sostegno economico; in
particolare è stata accertata una serie di c.d. messe a posto, anche di
rilevante entità, nei confronti di imprese impegnate nella realizzazione di
complessi edilizi sia in città che nella frazione Villaciambra,
amministrativamente facente parte del comune di Monreale ma storicamente
“annessa” al territorio della famiglia di Villagrazia.
Nell’ambito della indagine è
stato altresì documentato che ADELFIO Vincenzo, ritenendo di non essere stato
trattato con il dovuto rispetto dal direttore di un ufficio postale sito nel
capoluogo, aveva chiesto a MARCHESE Mariano l’autorizzazione per realizzare una
azione intimidatoria che veniva successivamente perfezionata con la commissione
del danneggiamento della autovettura della vittima designata.
I Sequestri
Sotto il profilo del contrasto
al circuito economico illegale ed alle fonti di illecito arricchimento si
segnala il sequestro preventivo dei seguenti beni, intestati in parte a
prestanome, il cui valore ammonta a non meno di 3 milioni di euro:
-
terreni
e locali commerciali riconducibili alla famiglia PULLARA’ e gestiti da MACALUSO
Antonino;
-
conto
corrente intestato a MACALUSO Antonio;
-
impresa
individuale DI MARCO MARMI di DI MARCO Francesco, impiegata dagli indagati per
incontri e riunioni;
-
macelleria
DI MAGGIO Antonina, gestita da CAPIZZI Salvatore Maria e luogo di incontro
degli indagati;
-
quote,
rapporti finanziari e complesso aziendale della BINGO.IT s.r.l. controllata
dalla BINGO & GAMES s.r.l., proprietaria di una sala bingo riconducibile
alla famiglia ADELFIO e capace di generare un fatturato annuo di quasi due
milioni di euro;
-
quote
del 20% della ERREGI s.r.l., riconducibile alla famiglia ADELFIO;
-
impresa
individuale LOMBARDO Giuseppina, riconducibile a PULLARA’ Santi.
LE INDAGINI SUL MANDAMENTO DI SAN
GIUSEPPE JATO
La Famiglia di San Giuseppe Jato
Dopo l’azzeramento del mandamento di
San Giuseppe Jato a seguito dell'operazione
condotta nell’aprile 2013, il nuovo schieramento approfittava del
temporaneo vuoto di potere venutosi a creare per imporsi, come nuova forza
emergente, mediante una lunga serie di danneggiamenti ed atti intimidatori nei
confronti di quei soggetti che fino a quel momento si erano dimostrati vicini
al vecchio potere mafioso. La situazione venutasi a determinare creava una
grande tensione tra le due fazioni, l’una rappresentata da AGRIGENTO e dalle persone
a lui vicine - su tutti, BRUNO Ignazio, già sorvegliato speciale, e ALAMIA
Antonino, barbiere - e l’altra da DI LORENZO Giovanni, inteso la morte, operaio
edile, pregiudicato, il quale cercava nel marasma di gestire gli interessi dei
vecchi, legati a MULE’ Salvatore, vecchio capo mandamento, condannato a
19 anni di carcere e recluso al regime del 41 bis OP. Infatti, tra il giugno
2013 ed i primi mesi del 2014, si potevano contare otto atti intimidatori ed
incendi in danno di persone che erano considerate vicine a MULE’.
Al fine di fronteggiare la fazione
avversaria, DI LORENZO Giovanni cominciava ad approvvigionare armi
preoccupandosi non solo di tutelare la propria incolumità da atti violenti, ma
anche di porre in essere una serie di atti intimidatori.
Così, ad esempio, la notte tra il 18 ed il
19 gennaio del 2014, venivano uccisi numerosi bovini a LONGO Giovanni - un
allevatore già tratto in arresto nell’operazione “Nuovo Mandamento”, vicino
a MULE’ Salvatore - in quanto accusato di avere trattenuto per sé una ingente
somma di denaro destinata alla famiglia del detenuto MULE’ Salvatore,
con la quale aveva acquistato un’autovettura, incendiata il 31 dicembre 2013, e
gli stessi bovini, poi uccisi. Il 31 gennaio successivo, a seguito di mirata
perquisizione eseguita presso un’area agricola ubicata alla periferia di San
Giuseppe Jato, di proprietà di TARTARONE BUSCEMI Giuseppe, venivano rinvenute,
all’interno della stalla, occultate tra le balle di fieno, due pistole calibro
7.65, un fucile a canne mozze calibro 12, numerose munizioni e due
passamontagna. Le armi erano tutte perfettamente funzionanti, pronte all’uso e
con il colpo in canna.
Privato dell’arsenale di cui la fazione
legata a MULE’ Salvatore aveva la disponibilità, il DI LORENZO iniziava così una
nuova spasmodica ricerca di armi e relative munizioni. L’attività investigativa
consentiva infatti di documentare la compravendita di una pistola ad opera di
GIORLANDO Antonino, imprenditore edile di Monreale, e la consegna di altra
arma, calibro 32, da parte di FERRARA Vincenzo di San Cipirello al DI LORENZO.
Nel frattempo, la tensione venutasi a creare
tra le due fazioni si risolveva solo formalmente con due riunioni tenutesi il
23 febbraio ed il 9 marzo 2014, tra i due schieramenti, ed in particolare tra
il capo della famiglia mafiosa di San Giuseppe Jato, BRUNO Ignazio,
ALAMIA Antonino, il cassiere, e D’ANNA Giuseppe, capo decina, da un lato, e DI
LORENZO Giovanni e LICARI Vincenzo, locale imprenditore edile, dall’altro. Nel
corso degli incontri veniva stabilita una pax mafiosa nel mandamento
della valle dello Jato. Al riguardo, il DI LORENZO così si esprimeva: “Eh,
io sono stato chiamato da un paio (di persone, ndt) per fare appaciare (per
fare la pace, ndt)…..facciamo l’appaciata (la pace, ndt) e poi si
vede!....Domenica ho avuto una riunione, gliel’ho detto, le cose quando sono
rapportate, di qua che arrivano da te…omissis…gli ho detto, triplicano le
cose!...omissis…Gli ho detto, e poi succedono le male
lingue!......Minchia,!.... Minchia, ieri
parole pesanti!....Io non mi spavento di te, tu non ti spaventi di me! Pitipum
pitipam …Nca tirami (sparami, ndt), vediamo! Tirami! Se hai l’abilità mi
tiri!....Ci deve essere un altro incontro per fare un’appaciata con tutti!”.
Invero le acquisizioni investigative
dimostravano che, nonostante i chiarimenti avvenuti in più occasioni, non si
giungeva mai ad una comunione di intenti tra le due fazioni, anzi il contrasto
tra le stesse si riacutizzava, tanto che lo schieramento riconducibile a MULE’
Salvatore, nella persona di DI LORENZO Giovanni, si adoperava per reperire
ulteriori armi. Il 4 novembre 2014, lo stesso DI LORENZO veniva tratto in
arresto in quanto sorpreso in possesso di una pistola replica a salve, mod. 92
Beretta, modificata e perfettamente funzionante per camerare ed esplodere
cartucce calibro 7,65. Nel corso dell’attività veniva anche identificato e
tratto in arresto anche BISICCE’ Raffele, della zona Bonagia di Palermo,
soggetto che aveva modificato e fornito l’arma al DI LORENZO. La successiva perquisizione eseguita presso
la abitazione del BISICCE’ consentiva di rinvenire una pistola calibro 10,35
perfettamente funzionante, centinaia di munizioni di diverso calibro, oltre che
l’attrezzatura per produrle.
L’insediamento del nuovo potere mafioso si
accompagnava ad una recrudescenza di episodi delittuosi, nella fattispecie
estorsioni e danneggiamenti anche di ingente entità economica, che inducevano,
segnando un incontrovertibile cambio di tendenza, taluni operatori economici ad
abbandonare l’atteggiamento omertoso ed a rivolgersi ai Carabinieri per
denunciare le richieste estorsive subite, permettendo, con le loro rivelazioni,
di individuare ed accertare la responsabilità penale degli indagati.
Più in generale, nell’azione di prevenzione
e contrasto al fenomeno estorsivo i Carabinieri
si sono altresì avvalsi sul territorio del rapporto consolidato nel
tempo con l’associazione antiracket Addiopizzo.
Nel corso dell’attività di indagine si
acquisivano elementi di prova a carico di una serie di soggetti dediti al furto
ed alla ricettazione di mezzi d’opera ed autovetture nelle province di Palermo,
Agrigento e Reggio Calabria, tra cui ZINNA Saverio, della zona Borgonuovo di
Palermo, venditore ambulante nel settore ortofrutticolo, pregiudicato per reati
contro il patrimonio e la persona, al quale i mafiosi di San Giuseppe Jato si
erano rivolti per organizzare incontri al fine di recuperare mezzi da
reimpiegare nelle loro illecite attività. In tale contesto venivano rinvenuti e
restituiti ai legittimi proprietari i mezzi provento di furto.
La
Famiglia di Monreale
Nell’ambito delle indagini sono stati
condotti mirati approfondimenti sulla famiglia mafiosa di Monreale, una
delle articolazioni più rilevanti del mandamento di San Giuseppe Jato,
anche in considerazione della posizione strategica per la vicinanza alla città
di Palermo. Nell’aprile del 2013 l’operazione “Nuovo Mandamento” aveva
disvelato il nuovo organigramma del sodalizio mafioso diretto da MADONIA
Vincenzo e LA CIURA Carmelo (già condannati per associazione mafiosa), che si
erano avvalsi della collaborazione nel territorio di Pioppo di LIBRANTI LUCIDO
Giuseppe (imputato per le stesse indagini innanzi alla Corte d’Assise di
Palermo), nonché aveva fatto emergere una violenta contrapposizione interna fra
i predetti e il gruppo dei soggetti detenuti, culminata con l’episodio della
scomparsa, nel marzo 2012, con il metodo della lupara bianca, di BILLITTERI
Giuseppe.
Le indagini consentivano di appurare che la
riorganizzazione della famiglia era avvenuta sotto la direzione di
CIULLA Giovan Battista, fisioterapista a domicilio, privo di precedenti penali,
ma addentrato nelle dinamiche mafiose per via dei legami con LA CIURA Carmelo,
in quanto “figlioccio” del genero; sulla base di tali presupposti il giovane
era stato elevato da semplice soldato a generale, così come esplicitamente
asserito nel corso di una intercettazione ambientale, allorquando, affrontando
la questione della sua nomina a reggente della famiglia mafiosa,
riconducendo il discorso in un ambiente paragonato a quello militare, il
CIULLA, appunto, affermava: “A me … mi ha stranizzato allora, quando mi
hanno detto … dice … che a te avevano fatto questo vestitino … ho detto: “mah!”
… Però ora … quando uno non lo sa portare il vestito …”“Ma nemmeno prima me ne
potevo uscire! … Perché purtroppo non è che è una cosa di ora! … E’ una cosa di
sempre! …”“… solo che prima io ero solo … che … “ ”Un soldato eri!…” ”… partivo
… nel momento di bisogno! …” “Il soldato … ora è diventato generale! …”.
Gli approfondimenti investigativi
permettevano di ricostruire l’organigramma della famiglia mafiosa,
individuando quale rappresentante CIULLA Giovan Battista, nonché BUZZETTA
Onofrio, imprenditore edile, nella qualità di capo decina di Pioppo, e
GIORLANDO Giuseppe (già arrestato nel corso dell’operazione “Apocalisse”
per estorsione) e RINICELLA Nicola, incensurato, pure loro imprenditori edili,
quali sodali.
In particolare, si accertava che CIULLA
Giovan Battista era stato voluto dai vertici del mandamento di San
Giuseppe Jato, che avevano imposto la supervisione del loro capo decina, D’ANNA
Giuseppe. Il rapporto tra i due si era poi consolidato in occasione delle nozze
di D’ANNA, il quale sceglieva CIULLA quale “compare di anello”.
Anche in questo caso è risultato che
l’insediamento del nuovo potere mafioso nel territorio Monrealese si è
accompagnato ad una recrudescenza di episodi delittuosi, in particolare
danneggiamenti e tentativi di estorsioni che vedeva coinvolta la famiglia
mafiosa di Monreale.
Il più eclatante di questi, in paese,
risultava essere sicuramente l’incendio dell’autovettura in uso a MADONIA
Veronica, figlia di MADONIA Vincenzo, avvenuto il 21 maggio 2014 proprio di fronte l’abitazione
del vecchio rappresentante della famiglia mafiosa di Monreale, tratto in
arresto nell’operazione “Nuovo Mandamento” e condannato in primo grado,
il 19 dicembre 2014, a 12 anni di reclusione. L’evento era prova dell’incisiva
manifestazione di forza dell’insediamento nel territorio di Monreale del nuovo
assetto mafioso che aveva ormai scalzato il vecchio.
All’affermazione della nuova articolazione
della compagine mafiosa corrispondeva altresì – come dimostrato nel corso
dell’indagine – la volontà di CIULLA Giovan Battista di esercitare un ferreo
controllo sui lavori edilizi in corso sul territorio monrealese. Significativa,
in tal senso, era l’intercettazione di una conversazione nel corso della quale
CIULLA palesava il suo progetto di voler controllare almeno il 60% dei lavori
sul territorio nel settore edile: “eh…og…oggi, stasera c’è rompimento di
coglioni...dico voglio fare io ora, che almeno il sessanta per cento dei lavori
che riguarda scavatori e tutto”,“me la sfrutto io, tutto, io devo riuscire in
un anno…”.
In tale contesto si inquadravano alcuni
danneggiamenti a scopo intimidatorio avvenuti nei territori di Monreale e
Pioppo. Alcuni di questi venivano denunciati dai titolari delle imprese
interessate e le indagini comprovavano il diretto coinvolgimento di CIULLA
Giovan Battista, BUZZETTA Onofrio e GIORLANDO Giuseppe, sotto la supervisione
di D’ANNA Giuseppe.
Il comportamento talvolta spregiudicato di
CIULLA faceva emergere profondi contrasti con gli esponenti della famiglia
mafiosa di San Giuseppe Jato, a seguito dei quali si rendeva necessario anche
il diretto interessamento da parte del capo mandamento Gregorio
AGRIGENTO. In particolare, alla base di tali contese, si ponevano le
contestazioni mosse al CIULLA il quale deliberatamente non aderiva alle convocazioni
dei vertici mafiosi (disertando le riunioni), non gestiva “correttamente” il
denaro provento delle attività illecite (in un caso anche impossessandosi di
una somma di denaro destinata alla cassa del mandamento) ed
infine intratteneva una relazione extraconiugale con la moglie di un detenuto,
in violazione delle tradizionali regole di Cosa Nostra.
La
Famiglia di Altofonte
Le indagini sono state,
parallelamente, condotte anche sulla famiglia mafiosa di Altofonte, che
è storicamente considerato territorio nevralgico per il dislocamento del
controllo di Cosa Nostra nell’ambito della provincia palermitana.
L’attività svolta permetteva di documentare
il cambiamento della reggenza dell’articolazione mafiosa di Altofonte
dopo l’esecuzione delle ordinanze cautelari emesse nell’ambito dell’operazione
“Nuovo Mandamento”. Fino a quella data, il vertice della famiglia
era infatti rappresentato da MARFIA Giuseppe, inteso Lupiddu, il quale
si avvaleva, in particolare, dell’opera di MARFIA Andrea, inteso Inferno,
già custode cimiteriale, per acquisire l’esclusiva dell’esecuzione dei lavori
all’interno del cimitero comunale, nonché della collaborazione dei fratelli
VASSALLO Giuseppe, detto Pinuzzu, e Girolamo, detto Mommo, ai
quali era stata affidata la gestione di tutti i movimenti terra, scavi e
trasporto di materiali, e non ultimo il compito di minacciare gli altri
imprenditori, inseriti nello specifico settore, al fine di estorcere loro la
cosiddetta messa a posto.
A tal riguardo, risultano
emblematici i discorsi captati nel corso di una riunione tenutasi tra lo stesso
MARFIA, DI BLASI Salvatore, della famiglia di Piana degli Albanesi, e il
più volte citato MULE’ Salvatore, all’epoca reggente del mandamento
di San Giuseppe Jato; nella circostanza veniva decisa l’estorsione a carico di
un allevatore/macellaio, reo di non aver pagato la così detta messa a posto,
stimata nella somma di 10.000 euro, per aver attivato un allevamento di bovini
a Santa Cristina Gela. Per definire la questione si rendeva addirittura
necessaria un’ulteriore riunione tra MARFIA e DI BLASI Salvatore, espressamente
delegato da MARCHESE Mario, per mitigare la richiesta estorsiva ai danni del
predetto macellaio, atteso che quest’ultimo, essendo proprietario
dell’esercizio commerciale sito in Villaciambra di Monreale, risultava tra quei
commercianti che pagavano regolarmente il pizzo all’articolazione capeggiata da
MARCHESE Mario.
Con l’arresto nel 2013 di
MARFIA nell’operazione “Nuovo Mandamento”, venuta a mancare tale figura
carismatica, le redini della famiglia mafiosa erano state assegnate transitoriamente
a TERRASI Salvatore, cognato dell’ex latitante RACCUGLIA Domenico. Il TERRASI
veniva coadiuvato da DI MATTEO Andrea, inteso faccia di porco,
imprenditore edile, che in breve tempo avrebbe assunto il ruolo di capo famiglia.
Questo cambio al vertice della famiglia
di Altofonte veniva commentato nel corso di una conversazione tra MARCHESE
Mario, DI MARCO Gaetano e DI MARCO Francesco all’interno della marmeria di
quest’ultimo. Nell’occasione MARCHESE Mario confidava agli interlocutori che DI
MATTEO Andrea era il rappresentante della famiglia mafiosa di Altofonte.
Anche a seguito dell’avvicendamento, le indagini consentivano di documentare
come la famiglia mafiosa continuasse a concentrare la propria attenzione
principalmente sul settore degli appalti pubblici e sulla commissione di lavori
edili privati, non tralasciando - anche per ragioni di controllo del territorio
- l’attività estorsiva nei confronti di commercianti e piccoli imprenditori del
luogo.
Nel corso delle indagini si acquisivano
anche elementi comprovanti il rientro della famiglia di Altofonte sotto
l’influenza del mandamento mafioso di San Giuseppe Jato in cui
tradizionalmente era inserita e dal quale si sarebbe allontanata per alcuni
anni, entrando di fatto nell’orbita della famiglia di Villagrazia, più
precisamente nel periodo di reggenza del MARFIA, fedelissimo di MARCHESE
Mario, inteso Mariano, rappresentante di Villagrazia.
I Sequestri
Nel complesso dell’indagine
si confermava come ancora oggi l’edilizia, sia privata che pubblica, rimane una
delle attività su cui maggiormente si rivolge l’attenzione di cosa nostra,
che nel tempo ha creato, finanziato e accresciuto imprese compiacenti ovvero
direttamente gestite ed utilizzate per monopolizzare lo specifico settore sul
territorio di competenza. In particolare, venivano individuate quattro imprese
operanti nel settore dei lavori edili, espressione economica delle famiglie
mafiose di Altofonte e Monreale, riconducibili nello specifico agli indagati
BUZZETTA Onofrio, RINICELLA Nicola, GIORLANDO Giuseppe e INCHIAPPA Giovan
Battista. Le cointeressenze documentate nel corso dell’attività investigativa
consentivano di addivenire al sequestro delle stesse per un valore
complessivo di circa 600.000 €, oltre a due locali di proprietà di ALAMIA
Antonino, adibiti a barberia e centro estetico, all’interno dei quali venivano
realizzati riservati incontri con i vertici di cosa nostra.
[1] di
cui 51 destinatari di custodia cautelare in carcere, 10 agli arresti
domiciliari ed 1 sottoposto all’obbligo di dimora; di questi, a 46 indagati è
contestata la partecipazione, a vario titolo, a Cosa Nostra.
DESTINATARI DELLA PRIMA ORDINANZA DI APPLICAZIONE DI MISURE CAUTELARI
CUSTODIA IN CARCERE
1.
ADELFIO Antonio,
nato a Palermo il 12.04.53, ivi residente in via Tevere nr.5, indagato per trasferimento
fraudolento di valori;
2.
ADELFIO Filippo,
nato a Palermo il 14.04.64, ivi residente in via Altofonte nr.447, indagato per
associazione mafiosa;
3.
CAPIZZI Antonino,
nato a Palermo il 04.09.73, ivi residente in via Dufourny nr.15, indagato per
associazione mafiosa;
4.
CAPIZZI Benedetto,
nato a Palermo il 28.06.44, ivi residente in via Valenza nr.6, in atto detenuto
presso la casa circondariale di Opera (MI), indagato per associazione mafiosa;
5.
CAPIZZI Pietro,
nato a Palermo il 10.07.64, ivi residente in via Villagrazia nr.184/E, indagato
per associazione mafiosa;
6.
CAPIZZI Salvatore Maria,
nato a Palermo il 23.01.79, ivi residente in via Mulino Vittoria nr.1, indagato
per associazione mafiosa;
7.
CARLETTO Antonio, nato ad Agrigento il 09.01.50,
residente a Mohammedia (Marocco), indagato per trasferimento
fraudolento di valori;
8.
DI BLASI Pietro,
nato a Palermo il 23.07.68, ivi residente in p.le Bell’Alba nr.6, indagato per
associazione mafiosa ed estorsione aggravata dal metodo mafioso;
9.
DI BLASI Stefano,
nato a Palermo il 14.07.47, ivi residente in via della Mimosa nr.20, indagato
per detenzione e porto illegale di armi;
10. DI COSTANZO
Fabrizio, nato a Palermo il 06.06.69, ivi
residente in via Pietro Calandra nr.12, indagato per trasferimento
fraudolento di valori;
11.
DI MARCO Francesco,
nato a Palermo il 17.12.84, ivi residente in via Belmonte Chiavelli nr.164/A, indagato
per associazione mafiosa, estorsione, porto e detenzione illegale di armi;
12.
DI MARCO Gaetano,
nato a Palermo il nato a Palermo il 28.07.50, ivi residente in via Belmonte
Chiavelli nr. 164/A, indagato per associazione mafiosa ed estorsione aggravata
dal metodo mafioso;
13.
DI MATTEO Andrea,
nato ad Altofonte (PA) il 17.10.67, ivi residente in c.so Piano di Renda
nr.54/A, indagato per estorsione aggravata dal metodo mafioso;
14.
GAMBINO Fabrizio,
nato a Palermo il 11.07.68, residente a Monreale (PA) in via Gambino nr.5, indagato
per associazione mafiosa;
15.
GIORDANO Alfredo,
nato a Palermo il 26.09.51, ivi residente in p.le Ungheria nr.58, indagato per associazione
mafiosa;
16.
GRECO Giuseppe,
nato a Palermo il 06.04.62, ivi residente in Fondo Bagnara nr.19, di fatto
domiciliato in via Aloi - Baglio Bonta’ nr.10, indagato per associazione
mafiosa ed estorsione aggravata dal metodo mafioso;
17.
INCHIAPPA Giovanni Battista,
nato a Altofonte (PA) il 20.02.51, ivi residente in via Salvatore Davì
nr.27/A, indagato per associazione mafiosa e tentata estorsione aggravata dal
metodo mafioso;
18.
MACALUSO Antonino,
nato a Palermo in data 01.11.60, ivi residente in via Belmonte Chiavelli nr.174,
indagato per associazione mafiosa;
19.
MARCHESE Mario,
nato a Monreale (PA) in data 01.01.39, residente a Palermo in via Piana degli
Albanesi nr.41, indagato per associazione mafiosa, estorsione, porto e
detenzione illegale di armi;
20.
MESSINA Giovanni,
nato a Palermo il 30.01.56, ivi residente in c.le Mollo nr.19, indagato per
associazione mafiosa ed estorsione aggravata dal metodo mafioso;
21.
PIPITONE Antonino,
nato a Palermo il 14.05.52, ivi residente in via Altofonte nr.320/B, indagato
per associazione mafiosa ed estorsione aggravata dal metodo mafioso;
22.
PULLARA’ Santi,
nato a Palermo il 03.07.79, ivi residente in via Belmonte Chiavelli nr.270,
indagato per associazione mafiosa, estorsione e trasferimento fraudolento di
valori;
23.
RIBAUDO Gregorio,
nato a Palermo il 14.01.66, ivi residente in via Valenza nr.16, indagato per
associazione mafiosa ed estorsione aggravata dal metodo mafioso;
24. TAORMINA
Mario, nato a Palermo il 14.01.64, ivi residente in vicolo
Graffeo nr.5, indagato per associazione mafiosa ed estorsione aggravata dal
metodo mafioso;
25. TUSA
Giovanni, nato a Palermo il 28.09.75, ivi residente in via
Altofonte nr.320, indagato per associazione mafiosa;
ARRESTI
DOMICILIARI
26.
ADELFIO Vincenzo,
nato a Palermo il 02.01.32, ivi residente in via Villagrazia nr. 455/D,
responsabile di associazione mafiosa, estorsione, porto e detenzione illegale
di armi;
27.
DI BLASI Salvatore,
nato a Palermo il 03.01.1934, ivi residente via p.le Bell’Alba nr.11, indagato
per associazione mafiosa ed estorsione aggravata dal metodo mafioso;
28. LA
MANTIA Gaspare, nato a
Palermo il 19.05.75, ivi
residente in largo Giuliana nr.2, indagato per trasferimento
fraudolento di valori e favoreggiamento reale;
29. MONDINO
Girolamo, nato a Palermo il 13.02.34, ivi residente in via
Villagrazia nr.215/C, indagato per associazione mafiosa e tentata estorsione
aggravata dal metodo mafioso;
30. SALERNO
Nicolò, nato a Ficarazzi (PA) il 26.11.54, residente a Palermo
in via Piana degli Albanesi nr.23, indagato per detenzione e porto illegale di
armi.
DESTINATARI DELLA SECONDA ORDINANZA DI APPLICAZIONE DI MISURE CAUTELARI
CUSTODIA IN CARCERE
1.
AGRIGENTO Gregorio, nato a San Cipirello (PA) in data
08.02.35, ivi residente in via Sanfilippo nr.66, indagato per associazione
mafiosa e tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso;
2.
ALAMIA Antonino, nato a San Giuseppe Jato (PA) il 19.02.64, residente a San Cipirello
(PA) in via Crimaudo nr.65, indagato per associazione mafiosa ed estorsione
aggravata dal metodo mafioso;
3.
BRUNO Ignazio, nato a San Giuseppe Jato (PA) il
21.11.1973, ivi residente in via Jato nr.24, indagato per associazione mafiosa
e violazione della sorveglianza speciale di p.s.;
4.
BUZZETTA Onofrio,
nato a Palermo il 02.01.74, residente a Pioppo frazione di Monreale (PA),
in via Valle Tajo nr.40, indagato per associazione mafiosa, tentata estorsione,
danneggiamento ed incendio aggravati dal metodo mafioso;
5.
CANESTRO Pietro, nato a Palermo il 16.01.82,
residente a San Cipirello (PA) in via Berlinguer CC.PP. snc, indagato per danneggiamento
aggravato dal metodo mafioso;
6.
CIULLA Giovan Battista,
nato a Palermo il 16.12.81, residente a Pioppo frazione di Monreale (PA) in
via M36 nr.6, indagato per associazione mafiosa, tentata estorsione, danneggiamento
ed incendio aggravati dal metodo mafioso;
7.
D’ANNA Giuseppe, nato a Palermo il 12.03.82,
residente a San Giuseppe Jato (PA) in via Grotte nr.20, indagato per
associazione mafiosa, estorsione, danneggiamento, incendio aggravati dal metodo
mafioso e ricettazione, in atto agli arresti domiciliari;
8.
DENARO DI LIBERTO Sergio, nato a San Giuseppe Jato (PA) il
12.03.74, ivi residente in via Grotte nr.32, indagato per associazione mafiosa
e danneggiamento aggravato dal metodo mafioso;
9.
DI LORENZO Giovanni, nato a San Giuseppe Jato (PA) il
23.09.61, ivi residente in via degli Ulivi nr. 69, indagato per associazione
mafiosa, danneggiamento aggravato dal metodo mafioso, detenzione e porto
illegale di armi, in atto agli arresti domiciliari;
10. DI MATTEO Andrea, nato ad Altofonte (PA) il 17.10.67,
ivi residente in Corso Piano Renda nr. 56, indagato per associazione mafiosa,
trasferimento fraudolento di valori ed estorsione aggravata dal metodo mafioso,
destinatario anche della misura cautelare di cui
all’Allegato A;
11. GIORLANDO
Antonino, nato a
Palermo il 28.09.53, ivi residente in via Francesco de Pinedo nr.22, indagato
per associazione mafiosa, tentata estorsione, danneggiamento ed incendio
aggravati dal metodo mafioso, detenzione e porto illegale di armi;
12. GIORLANDO
Giuseppe, nato a
Palermo il 27.10.81, residente a San Martino delle Scale frazione di Monreale
(PA) in Via SM13 nr.13, indagato per associazione mafiosa, danneggiamento e
incendio aggravati dal metodo mafioso, tentata estorsione aggravata dal metodo
mafioso, violazione di domicilio, in atto agli arresti domiciliari;
13. INCHIAPPA Giovanni Battista, nato ad Altofonte (PA) il 20.02.51,
ivi residente in via Davi Salvatore nr.27 bis, piano 3, indagato per
associazione mafiosa, destinatario anche della misura cautelare di cui
all’Allegato A;
14. LA
BARBERA Umberto, nato
a Partinico (PA) il 23.05.84, residente a San Giuseppe Jato (PA) in via Puleion
nr.5, indagato per danneggiamento aggravato dal metodo mafioso;
15. LICARI
Giovanni Battista,
nato a Palermo in data 11.12.78, residente a San Giuseppe Jato (PA) in via
Mazzini nr.29, indagato per associazione mafiosa;
16. LICARI
Tommaso, nato a
Palermo il 17.04.83, residente a San Giuseppe Jato (PA) in via Mazzini nr.29,
indagato per associazione mafiosa, detenzione e porto illegale di armi;
17. LO
BIONDO Domenico, nato
a San Cipirello (PA) il 22.10.61, ivi residente in via Migliore nr.14, indagato
per danneggiamento aggravato dal metodo mafioso, detenzione e porto illegale di
arma;
18. MARFIA Andrea, nato ad Altofonte (PA) il 10.02.54,
ivi residente via Giovanni Paolo II (già via Ficiligno Traversa “A”) nr.5,
piano I°, indagato per associazione mafiosa;
19. MULE’
Pietro, nato a
Camporeale (PA) il 31.08.66, ed ivi residente in via Delle Rose nr.11, indagato
per detenzione e porto illegale di armi;
20. PIPITONE Tommaso, nato ad Altofonte (PA) il 02.02.48,
ivi residente in corso Piano Renda nr.19, piano 1° e 2, indagato per
associazione mafiosa;
21. PRENDI
Erjon, nato in
Albania il 27.11.1989 e residente in San Cipirello (PA) alla via Roma nr.144,
indagato per favoreggiamento aggravato dal metodo mafioso;
22. RINICELLA
Nicola, nato ad
Altofonte (PA) il 16.08.73 e residente in Monreale (PA) alla via C.P.2 nr.3,
indagato per associazione mafiosa ed incendio aggravato dal metodo mafioso;
23. RIOLO
Giuseppe, nato a
Piana degli Albanesi (PA) il 18.03.46, ivi residente in via Reres nr.14,
indagato per associazione mafiosa;
24. SERBINO Giuseppe, nato ad Altofonte (PA) in data 01.04.65,
ivi residente via Alcide De Gasperi nr.10, indagato per associazione mafiosa,
trasferimento fraudolento di valori ed estorsione aggravata dal metodo mafioso;
25. SPINA
Girolamo, nato a San
Cipirello (PA) il 14.07.66, ivi residente in via Stazzone nr.19, indagato per
associazione mafiosa;
26. TARTARONE
BUSCEMI Giuseppe,
nato a San Giuseppe Jato (PA) il 03.02.58, ivi residente in via Trappeto nr.12,
indagato per associazione mafiosa e danneggiamento aggravato dal metodo mafioso,
in atto agli arresti domiciliari;
27. TERRASI Salvatore, nato ad Altofonte (PA) il 18.07.70, ivi
residente in via L. Pirandello nr. 13, indagato per associazione mafiosa;
28. VASSALLO Girolamo, nato ad Altofonte (PA) il 27.03.66,
ivi residente viale Europa nr.13, indagato per associazione mafiosa;
ARRESTI
DOMICILIARI
29. CORSALE Giuseppe, nato ad Altofonte (PA) in data 11.06.1944,
ivi residente via Delle Scuole nr.19, indagato per associazione mafiosa;
30. FERRARA
Vincenzo, nato a San
Cipirello (PA) il 18.02.75, ivi
residente in via Lombardo nr.70, presso CC.PP., indagato detenzione illegale di
armi;
31. LA VARDERA Marco, nato a
Palermo il 27.06.80, ivi residente in via Nello Rosselli nr.16, indagato per
ricettazione e riciclaggio, detenuto;
32. MARCHESE Sebastiano Andrea inteso Totò, nato a Palermo il 06.11.63, ivi
residente in via Hazon Azolino 18, indagato per ricettazione;
33. ZINNA Saverio, nato a
Palermo il 25.11.74, ivi residente in via Pietro dell’Aquila nr.2, indagato per
ricettazione e riciclaggio;
OBBLIGO
DI DIMORA
34. RACCUGLIA Ettore, nato a
Palermo il 25.12.77, ivi residente in Corso dei Mille 226, indagato per
ricettazione.
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