Juncker e Renzi |
Le scaramucce fra Renzi e il presidente della commissione UE, Juncker, e prima le più aspre polemiche e i diktat imposti ai Paesi del sud e dell’est Europa, credo siano spie allarmanti di un diffuso disagio politico derivato dall'incapacità manifesta di governare la crisi che investe le istituzioni, l’economia e le stesse società europee. Da un certo tempo, infatti, l’Unione continua ad avvitarsi su stessa, sulle proprie contraddizioni senza più riuscire a esprimere un ruolo primario nel mondo, ormai neanche nelle regioni vicine, di sua più diretta pertinenza politica e commerciale. Al disagio politico fanno da contraltare una crescente crisi di fiducia verso le istituzioni comunitarie e lo stesso progetto di Unione e una serie di preoccupazioni di ordine morale che deprimono lo spirito pubblico europeo. Questi e altri fattori, in assenza di riforme democratiche e di progetti di sviluppo propulsivo, rischiano di disgregare quel tanto di Europa che si è riusciti, faticosamente, a costruire, a unire; di far saltare perfino il processo unitario.
A cominciare dagli accordi di Schengen sottoposti a un’eccessiva, lunga pressione migratoria clandestina proveniente da varie regioni del pianeta. Per le dimensioni assunte, tale fenomeno, di là del dramma umano dei singoli da affrontare con la solidarietà nella legalità, non può essere più considerato una “emergenza umanitaria”, ma si configura agli occhi della stragrande maggioranza degli europei come una sorta di “invasione pacifica” ben mirata, sfruttata da una miriade di organizzazioni criminali, schiavistiche. (vedi in http://www.cittafutura.al.it/web/_pages/detail.aspx?GID=20&DOCID=17918)
La gravità del fenomeno richiama la delicata questione delle frontiere di Schengen e dei singoli Stati le quali, fino a quando esistono, vanno rispettate e, se del caso, difese.
2… Una situazione che bisogna affrontare con riforme
incisive e con scelte conseguenti, prima che il populismo razzista delle destre
dilaghi, anche sul terreno elettorale, e assesti un colpo mortale a ogni
politica di accoglienza, all’idea stessa di un’Europa solidale, laica, fondata
sull’inclusione sociale e sull’equa distribuzione della ricchezza e dei
servizi.
Poiché questo è
il vero problema irrisolto, questa è l’Europa che non si vuol costruire!
Insomma, invece di beccarsi con battutine per nulla spiritose, qualcosa bisogna
fare, e subito, per fermare la deriva e tentare di uscire dalla crisi più
forti e più giusti. Ma che fare? La risposta dovrebbero darla le forze
politiche che rappresentano la volontà popolare nelle istituzioni europee.
Quello che assolutamente non si può più fare è continuare con politiche ispirate (dettate?) da interessi forti (anche extracomunitari) basate su una lista di tagli e di divieti, di sacrifici senza compensazioni sociali, senza un paniere di riforme capaci di rilanciare il ruolo di pace e di cooperazione dell’Europa nel mondo.
3… Di fronte a così evidente declino, le grandi borghesie nazionali hanno abbandonato l’idea primigenia
dell’Europa, consentendo la penetrazione d’interessi economici e strategici
esterni e la crescita di un populismo demagogico, nazionalistico che
richiama quello degli anni ’20 e ’30 del secolo scorso.
Purtroppo, nemmeno la sinistra (variamente connotata)
si è dimostrata all’altezza della gravità della situazione, tant’è che è stata
relegata all’opposizione quasi dappertutto.
Dov’è “l’Europa
socialista? Socialdemocratica?
Quella che
resta (a parte il tentativo difficile di Tsipras in Grecia) non sembra volersi
armonizzare con i bisogni reali dei lavoratori, dei giovani, dei poveri (che
sono tanti!), ma perseguire, in termini subalterni, gli interessi dei grandi
trust industriali e finanziari, europei e nordamericani.
Questo, a me
sembra, il punto centrale della crisi profonda della sinistra europea. Da qui è
necessario partire per costruire uno
schieramento politico, sociale e culturale, nel quale confluiscano tutte le
forze di sinistra, progressiste e pacifiste, per salvare l’Europa e rilanciare
il progetto d’unione, su idee e programmi nuovi, ampliando gli orizzonti della
visione strategica a paesi importanti come la Russia e altri di prevalente cultura europea.
Se la borghesia
ha abbandonato l’idea di un’Europa coesa e solidale, spetta alla sinistra, alle
forze progressiste riprendere la via, e
la lotta, per realizzarla.
*Quelli che seguono sono spunti di
riflessione inseriti nel mio“I giardini della nobile brigata” http://www.amazon.com/dp/B00JLD0AAW
). Se volete, date un’occhiata.
Europei, verso l’estinzione?
Parafrasando Empedocle, quando parla dei suoi dissennati concittadini akragantini, si potrebbe dire che gli europei costruiscono ponti e palazzi come se dovessero vivere in eterno e s’ingozzano come se dovessero morire il giorno dopo. In realtà, vivono nel presente e si crogiolano nel loro favoloso, talvolta tragico, passato. L’Europa sta andando alla deriva, ma nessuno si preoccupa di fermare il disegno distruttore. Simili a uccelli suicidi, gli europei volano incontro all’inesorabile sciagura, come razza rassegnata all’estinzione. Generano pochi figli e allevano cani e gatti come se volessero affidare la loro posterità a queste specie zoologiche. Il futuro non li riguarda. Forse, lo temono perché non riescono a immaginarlo migliore di questo ridondante (anche se non per tutti) presente.
Vecchia
Europa un corno!
È vero. Da
un certo tempo, l’Europa appare fiacca,
stanca, incerta, spaventata. Mostra, evidenti, i segni del declino economico,
morale e soprattutto demografico. Rischia di perdere il suo ruolo primario (non
sempre positivo) nel mondo.
Ironia della
storia, l’Europa, fautrice del colonialismo “civilizzatore”, potrebbe divenire
preda dell’espansionismo strisciante di varia provenienza.
Qualche
avvisaglia si ebbe in passato quando i grandi imperi del Sud (specie islamici)
si espansero verso il cuore dell’Europa e per poco non la conquistarono.
Oggi, tale
pericolo non è all’ordine del giorno. Tuttavia, sono in corso azioni mirate a
fiaccare il morale dei popoli europei scaricando su di loro misure antisociali,
conseguenze di una crisi, in gran parte, “importata” e di una guerra infinita
portata nei territori vicini.
Anche sul piano psicologico si tende a
indebolire l’immagine dell’Europa mediante una campagna basata sull’uso eccessivo della vulgata della
“vecchia Europa” che un po’ deprime lo spirito pubblico.
A forza di ripeterla, qualcuno si sarà
convinto che vecchia lo è davvero. E siccome dopo la vecchiaia viene la morte,
l’Europa è una regione morente.
Una vulgata
da sfatare, poiché l’Europa, essendo un’appendice geografica dell’Asia, non è
un territorio più vecchio di altri, ma coevo come si può desumere dalle teorie
più accreditate sulla formazione geologica dei continenti.
Se, poi, si
vuol fare derivare la “vecchiezza” dalla durata della sua civiltà, c’è da
osservare che quella asiatica (dal medio all’estremo oriente) è molto più
vetusta di quella europea e, oggi, sta perfino risorgendo. Quindi, vecchia
Europa un corno!
Eurorussia:
unire Europa e Russia
Per taluni
l’Europa non è un continente, ma solo una propaggine dell’Asia verso
l’Atlantico e il Mediterraneo. Fisicamente, così è.
Tuttavia,
da tremila anni, l’Europa è fonte e sede di una delle più grandi civiltà umane.
Purtroppo, oggi, è in affanno, in evidente declino e molti, amici e concorrenti,
cercano di condizionarla, d’invaderla “pacifica-mente”, di anticiparne la
caduta, per spolparsi le sue enormi ricchezze materiali e immateriali.
Più che una speranza ben riposta, il
futuro dell’Europa è un problema mal posto, poiché resta incerto e succube di
forze e interessi ostili e contrapposti. L’Europa ha smarrito il senso della
sua dignità storica, della sua autonomia culturale e politica.
La
soluzione? La risposta non è facile. Abbozzò un’ipotesi, così di getto, che
forse un po’ risente della contingenza.
La crisi è
tale che l’U.E. potrebbe, perfino, disgregarsi. Per evitare tale pericolo,
bisogna cambiare registro politico e strategico e puntare a un’Europa dei
popoli e non più delle consorterie multinazionali. Per essere credibile, il
progetto europeo dovrà conquistare un largo consenso democratico, popolare e
aggregare una nuova classe dirigente coerentemente europea.
Sulla base
di tali correzioni e innovazioni, dovrà proseguire l’allargamento fin dove è
possibile nell’ambito dei popoli di cultura europea, abbandonando la politica
di provocazione e delle tensioni svolta, per conto terzi, in ambito Nato.
In tale prospettiva, diventa
auspicabile, possibile il progetto di unire l’Europa con la Russia o, se preferite, di
associare la Russia
all’Unione europea. Sì, avete letto bene, la sterminata Russia che ci viene
presentata come l’eterno nemico.
Oggi, un’idea siffatta può apparire paradossale, fuori da ogni ragionevole
previsione. Tuttavia, un senso lo ha, una logica pure specie se immaginata nel
medio/ lungo termine e alla luce delle nuove ri-aggregazioni (spartizioni?)
mondiali che stanno avvenendo su basi continentali e non più ideologiche.
Purtroppo,
in questo nuovo scenario (in formazione) l’U.E., barcollante e squilibrata al
suo interno, rischia di apparire un “continente” in bilico, alla deriva.
L’Europa, da
sola, difficilmente potrà uscire da tale, precaria condizione; dovrà aggregarsi
per creare un nuovo polo dello sviluppo mondiale.
Con chi? Gli
Usa sono lontani e i loro interessi non sempre combaciano con quelli europei;
l’ipotesi euro-mediterranea è stata fatta fallire per volere degli Usa e per
subalternità francese.
Non resta
che la Russia
ossia un Paese- continente, di prevalente cultura europea, che dispone di
territori sterminati e di enormi riserve energetiche e metallifere, di boschi,
di acque, di terre vergini, di mari pescosi, ecc.
Evito ogni
riferimento agli apparati e potenziali militari e nucleari che spero possano
essere liquidati in tutto il mondo. Che, però, esistono!
Risorse importanti, strategiche che,
unite al grande patrimonio europeo (tecnologie, saperi, scienze, professioni,
tradizioni democratiche, ecc), potrebbero costituire il punto di partenza per
dare vita a “EuroRussia” ossia a una nuova “regione” geo-economica mondiale
(dall’Atlantico al Pacifico, al Medi-terraneo) che bandisca la guerra dalle sue
prospettive e riesca a proiettare una forte iniziativa di cooperazione, di
convivenza pacifica, in primo luogo verso il mondo arabo e l’Africa con i quali
ci dobbiamo riconciliare.
Ovviamente,
questo è solo uno spunto, una “bella utopia”. I giochi di guerra, gli intrighi
per il nuovo ordine mondiale sono in corso da tempo. E sono ancora aperti. Il
problema è come vi si partecipa, se da protagonisti o da comprimari. E con
quali progetti e proposte.
All’orizzonte si profila una nuova
bipartizione del mondo, con Cina e Usa come capifila. Taluno prevede un’improbabile
tripartizione, inserendo la
Russia nel terzetto.
Nessuno
pronostica un ruolo primario dell’U.E., condannata a restare sottoposta agli
Usa.
Non sappiamo quali saranno la
collocazione, il ruolo della Russia e dell’Europa fra 30/50 anni. Una cosa
sembra sicura: divise, potranno solo sperare che uno dei due capifila le inviti
ad accodarsi.
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