domenica, dicembre 06, 2015

Una riflessione sull’attuale crisi internazionale. Il diluvio retorico della “guerra”

di GIOVANNI PERRINO
Dopo le gesta jahidiste di Parigi, le analisi socio-politiche si sprecano su tutti i media.
Com’era da attendersi, l’intervento russo e francese in Siria ha radicalizzato lo scontro e rafforzato il grido Nous sommes en guerre! Nous devons faire la guerre! Alla rappresentazione del complesso gioco delle parti, mi pare si preferisca la versione facilitata e storicamente consolidata di un occidente custode e garante di un modello unico di democrazia e di libertà da contrapporre alle derive sanguinarie di Paesi in parte creati a tavolino dopo il secondo conflitto e in crisi endemica per eccesso di risorse e derive autoritaristiche.

Il progetto sulla carta appare semplice per chi legge e per chi ascolta. Abbattere i regimi autocratici ed esportare come vincente il modello occidentale di democrazia concedendo in cambio ai nuovi satelliti una condivisione delle loro immense risorse. I cosiddetti Grandi, in crisi di economia ma soprattutto di autorità morale, si esprimono con toni muscolari dibattendo se è da preferirsi la guerra dal cielo a quella con gli scarponi.
Lontana molte miglia un’analisi delle responsabilità e della complessità del panorama geopolitico, l’importante è andare uniti alla guerra anche se poi si è più fratelli-coltelli che alleati e nessun accordo vi è sul progetto postbellico che dovrebbe uscire da trattative “fra vincitori” che si paventano interminabili e, ancora una volta, pericolose. Il gioco è quasi infantile: mettere il cappello sulla sedia, costi quel che costi, per poi distribuire aree di influenza e risorse sempre indispensabili a democrazie che vogliono mantenersi ricche e potenti.
Il teatrino da “Opera dei Pupi” fa pensare a Carlo Magno e al Sacro Romano Impero ma gli esempi nella storia si sprecano.
In questo gridare al vento e nel profluvio di retorica (pre-) bellica, il disorientamento delle pubbliche opinioni mi pare il tratto veramente ”global” di questo tristissimo periodo. Giudico preoccupante il fatto che una debole opinione pubblica transnazionale è pericolosamente manovrabile sia all’interno in chiave razzista e fondamentalista sia a livello internazionale per sostenere “l’Invincibile Armata”.
Nel nostro Paese, lungi dal contribuire a una pacata analisi della complessità, non mi pare vi sia la dovuta consapevolezza di questo delicato inizio del millennio e si aspetta il Natale con il suo immancabile Presepe in un clima familiare da “facimm’ammuina”.
Giovanni Perrino

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