Dopo le
gesta jahidiste di Parigi, le analisi socio-politiche si sprecano su tutti i
media.
Com’era da
attendersi, l’intervento russo e francese in Siria ha radicalizzato lo scontro
e rafforzato il grido Nous sommes en guerre! Nous devons faire la guerre!
Alla rappresentazione del complesso gioco delle parti, mi pare si preferisca la
versione facilitata e storicamente consolidata di un occidente custode e garante
di un modello unico di democrazia e di libertà da contrapporre alle derive
sanguinarie di Paesi in parte creati a tavolino dopo il secondo conflitto e in
crisi endemica per eccesso di risorse e derive autoritaristiche.
Il progetto sulla carta appare semplice per chi legge e per chi ascolta. Abbattere i regimi autocratici ed esportare come vincente il modello occidentale di democrazia concedendo in cambio ai nuovi satelliti una condivisione delle loro immense risorse. I cosiddetti Grandi, in crisi di economia ma soprattutto di autorità morale, si esprimono con toni muscolari dibattendo se è da preferirsi la guerra dal cielo a quella con gli scarponi.
Lontana
molte miglia un’analisi delle responsabilità e della complessità del panorama
geopolitico, l’importante è andare uniti alla guerra anche se poi si è più
fratelli-coltelli che alleati e nessun accordo vi è sul progetto postbellico
che dovrebbe uscire da trattative “fra vincitori” che si paventano
interminabili e, ancora una volta, pericolose. Il gioco è quasi infantile:
mettere il cappello sulla sedia, costi quel che costi, per poi distribuire aree
di influenza e risorse sempre indispensabili a democrazie che vogliono
mantenersi ricche e potenti.
Il teatrino
da “Opera dei Pupi” fa pensare a Carlo Magno e al Sacro Romano Impero ma gli
esempi nella storia si sprecano.
In questo gridare al vento e nel profluvio di retorica (pre-) bellica, il disorientamento delle pubbliche opinioni mi pare il tratto veramente ”global” di questo tristissimo periodo. Giudico preoccupante il fatto che una debole opinione pubblica transnazionale è pericolosamente manovrabile sia all’interno in chiave razzista e fondamentalista sia a livello internazionale per sostenere “l’Invincibile Armata”.
In questo gridare al vento e nel profluvio di retorica (pre-) bellica, il disorientamento delle pubbliche opinioni mi pare il tratto veramente ”global” di questo tristissimo periodo. Giudico preoccupante il fatto che una debole opinione pubblica transnazionale è pericolosamente manovrabile sia all’interno in chiave razzista e fondamentalista sia a livello internazionale per sostenere “l’Invincibile Armata”.
Nel nostro
Paese, lungi dal contribuire a una pacata analisi della complessità, non mi
pare vi sia la dovuta consapevolezza di questo delicato inizio del millennio
e si aspetta il Natale con il suo immancabile Presepe in un clima familiare da
“facimm’ammuina”.
Giovanni
Perrino
Dal sito: http://www.altritaliani.net/
Nessun commento:
Posta un commento