Palermo, l'operazione "Torre dei diavoli" |
Giuseppe Greco |
A questi ultimi due storici esponenti
dell’organizzazione, scarcerati nell’ottobre 2011 a seguito della richiesta di
revisione del processo per la strage di via d’Amelio, secondo le risultanze
acquisite si sarebbero aggiunti il genero di PROFETA Salvatore, PEDALINO
Francesco, con il ruolo di capodecina, ed il figlio, PROFETA Antonino,
scelto direttamente da GRECO Giuseppe come proprio rappresentante. Tale
incarico, non previsto formalmente nella gerarchia mafiosa, avrebbe consentito
al giovane uomo d’onore di interloquire con altri appartenenti al
sodalizio svincolato dagli obblighi e dalle limitazioni tipiche derivanti dalla
posizione di soldato e con la dipendenza esclusiva dal capo della
famiglia ovvero, nella sola ipotesi di temporanea assenza del vertice,
dal sottocapo.
Domenico Ilardi |
Dopo l’omicidio di CALASCIBETTA Giuseppe, ucciso il 19.09.11,
la reggenza della famiglia sarebbe stata saldamente assunta
proprio da GRECO Giuseppe la cui posizione apicale, in ossequio alla tradizione
di quel sodalizio, avrebbe richiesto però una legittimazione rituale da parte
degli altri uomini d’onore.
In tale ambito, dato assolutamente inedito nel panorama investigativo
degli ultimi trent’anni, si è rivelata la capacità di documentare le fasi della
elezione del capofamiglia (definito dagli indagati il principale).
Di tale rituale si aveva avuto finora contezza solo attraverso le
dichiarazioni dei primi collaboratori di giustizia degli anni ’80
(BUSCETTA Tommaso, MARSALA Vincenzo, CONTORNO Salvatore e MARINO MANNOIA
Francesco).
Le procedure di elezione, ad imitazione delle vere
competizioni politiche, sarebbero tuttora basate su una preliminare attività di
propaganda a favore dei candidati, anche se in realtà non vi sarebbe stato nella
circostanza un vero e proprio antagonista alla figura di GRECO Giuseppe che, in
funzione della carica di reggente già assunta, avrebbe ottenuto da
subito il consenso degli affiliati più autorevoli, tra i quali lo stesso
PROFETA Salvatore il quale si è offerto di appoggiare GRECO Giuseppe
probabilmente per la sua parentela con il collaboratore Vincenzo SCARANTINO,
certamente ingombrante, e per via dell’età avanzata.
Gabriele Pedalino |
Dopo l’attività di propaganda e stata disvelata la
vera e propria elezione. In sintesi essa è avvenuta attraverso il voto di tutti
gli affiliati che esprimerebbero la preferenza a scrutinio palese (“ad
alzata di mano... per vedere l’amico”) anche se nel passato si ricorreva ad
urne consegnate ai capodecina per la raccolta tra i soldati (un
tempo indicati nell’ordine delle 120 unità). La procedura elettiva avverrebbe
oggi solo per le cariche di capofamiglia e consigliere, mentre le
nomine per i ruoli di sottocapo e capodecina sarebbero riservate
allo stesso Capo famiglia - Principale in precedenza eletto.
Se la base dell’organizzazione esprimerebbe i vertici,
il capofamiglia designerebbe a suo insindacabile giudizio i propri
collaboratori. Secondo tale principio si inquadra l’assegnazione a PROFETA
Antonino di un incarico fiduciario al di fuori delle funzioni tradizionali ed
alle dirette dipendenze del vertice che l’avrebbe autorizzato ad eludere le
rigide regole della gerarchia mafiosa e l’obbligo di informazione dei quadri
immediatamente superiori.
Lorenzo Scarantino |
Il quadro investigativo si è arricchito di interessanti
riferimenti al periodo precedente la 2a guerra di mafia allorquando
le elezioni costituivano un mero fatto formale, essendo la carica di capofamiglia
(e capomandamento) di pertinenza esclusiva dello storico esponente
BONTATE Stefano inteso il principe di Villagrazia e/o il Falco,
poi ucciso il 23.04.81. Il ricordo della assoluta autorità di BONTADE, benché
vittima del tradimento dei suoi stessi collaboratori schieratisi con i
corleonesi, si è rivelata circostanza ancora presente a distanza di molti anni
tra gli attuali indagati che hanno stigmatizzato come “il generale non ne ha
vinto mai guerra senza soldati”, esaltando la forza della famiglia
come entità (tutti siamo utili e nessuno è... indispensabile!) in grado
di imporsi all’interno ed all’esterno (l’unica legge che conosci tu... è
quella del più forte!).
Le elezioni del capo famiglia hanno determinato
il riordino dell’organizzazione che, oltre a ratificare i rapporti di forza
interni, avrebbe riaffermato l’esigenza del controllo sul territorio di
influenza anche nei confronti di iniziative non autorizzate da parte di
soggetti legati alla medesima compagine mafiosa.
In tal senso i convergenti dati di indagine hanno
fatto emergere il coinvolgimento dell’articolazione mafiosa nell’agguato
mortale a SCIACCHITANO Salvatore, ucciso nella serata del 3 ottobre scorso
all’incrocio tra via della Conciliazione e via della Concordia, dall’azione
repentina di un commando formato da tre sicari giunti a bordo di una vettura
condotta da un complice; nella circostanza veniva attinto dai colpi esplosi dai
sicari anche ARIZZI Antonino.
Francesco Urso |
Le attività investigative hanno evidenziato che il
defunto è stato brutalmente punito in quanto reo di aver partecipato, solo
poche ore prima ed in compagnia di URSO Francesco, al ferimento di CONA Luigi,
soggetto legato ad esponenti della famiglia di Santa Maria di Gesù pur
non essendone organico.
Il complesso delle operazioni ha consentito di
ricostruire le fasi precedenti e concomitanti all’agguato mortale durante le
quali si è assistito ad una frenetica organizzazione allo scopo di compiere
un’esecuzione che fosse di monito non solo per i responsabili della precedente
sparatoria ma anche per chiunque altro avesse intenzione di assumere iniziative
autonome rispetto alla linea dettata dai vertici della famiglia. Il
coinvolgimento dei principali soggetti della compagine mafiosa è emerso in
maniera esemplare sia dalle precise istruzioni fornite agli esecutori materiali
sulle modalità con le quali condurre l’azione omicidiaria (sparare prima agli
arti inferiori per impedire ogni tentativo di fuga prima del colpo di grazia e
non portare al seguito telefoni durante l’agguato), sia dalla captazione
investigativa - a breve distanza dell’agguato - dei numerosi colpi di arma da
fuoco esplosi all’indirizzo delle vittime.
Natale Giuseppe Gambino |
Il lavoro di integrazione delle varie risultanze ha
così permesso di individuare le responsabilità dei mandanti dell’omicidio
(GAMBINO Natale Giuseppe e PROFETA Salvatore), degli esecutori materiali
(PEDALINO Francesco, PROFETA Antonino, PEDALINO Gabriele ed ILARDI Domenico) e
del soggetto impiegato a supporto al gruppo di fuoco (SCARANTINO Lorenzo).
Successivamente al delitto è stata documentata la fuga
di URSO Francesco al nord Italia ed il suo programmato allontanamento dal
territorio nazionale anche per sfuggire alla rappresaglia della famiglia
che, già alcuni mesi fa, lo aveva pesantemente redarguito per taluni suoi
comportamenti giudicati incompatibili per un soggetto imparentato con soggetti
vicini all’organizzazione.
Le acquisizioni investigative hanno in conclusione
chiaramente posto in evidenza l’operatività della famiglia di Santa
Maria di Gesù che si caratterizza non solo per la capacità intimidatoria tipica
di ogni associazione mafiosa, ma anche per l’ostinata aderenza alle antiche
regole di funzionamento di Cosa Nostra: il legame con la tradizione,
culminato nella nomina delle cariche interne alla famiglia, rappresenta
l’elemento imprescindibile che alimenta il vincolo tra i sodali.
Nessun commento:
Posta un commento