domenica, dicembre 20, 2015

NO A UN CUFFARO BIS

Totò Cuffaro
di NICOLA CIPOLLA
C’è un proverbio siciliano che dice: “A carzara nun mancia li cristiani” nel senso  di persone di rispetto a cui  persino la  “Madonna” in processione si inchina. La stampa sta utilizzando il materiale elaborato da Cuffaro e dai suoi collaboratori e avvocati, non certo a titolo gratuito, per presentare in una veste buonista l’ex detenuto nel momento della sua liberazione. 
Due frasi di Cuffaro: “Non posso negare di avere sbagliato ma ho pagato solo io …” e poi: “Dove sono finiti i cuffariani? Io credo che l’area moderata si possa riunire e sono prono, se me lo chiedono, a dare dei consigli”, ipotizzano Cuffaro bis, invito raccolto dal redivivo Miccichè (quello del 61 a 0) fino a Renato Schifani e Saverio Romano e così via.
Queste dichiarazioni annunciano  il  pericoloso   reingresso nella scena politica del Cuffaro, con  un ricatto di stile mafioso nei confronti dei suoi complici e sostenitori a Palermo, in Sicilia e a Roma.  Il suo percorso politico lo ha portato, prima a rompere con il centro destra  vittorioso, che lo aveva sistemato all’Ass. all’Agricoltura, per favorire l’ascesa dell’esponente “migliorista” Capodicasa alla Presidenza regionale (sempre restando padrone dell’Assessorato), e poi, dopo pochi mesi, a utilizzare il ritiro del sostegno al Capodicasa in cambio della promessa, poi realizzata, della Presidenza della Regione da parte di Berlusconi e compagni.

Negli Stati Uniti Al Capone,  responsabile di centinaia di omicidi e di reati di mafia, fu condannato, finalmente, soltanto per “evasione fiscale”, l’unico reato per il quale i tribunali americani poterono, sulla base di indagini particolari, incastrarlo. Analogamente  Totò Cuffaro, con un  processo svoltosi attraverso lunghi anni nelle varie istanze di giurisdizione, è stato condannato “soltanto” per avere avvertito alcuni capi mafiosi di indagini a loro carico,  notizie che aveva ricevuto per la sua carica e documentate attraverso intercettazioni telefoniche. Di tutto il resto delle attività del Cuffaro il Tribunale non lo ha potuto giudicare e assumere i provvedimenti del caso perché, pur essendo conclamata dalla stampa e dall’opinione pubblica la sua responsabilità in atti che pesano ancora oggi, e potrebbero pesare per lunghi anni ancora sulla vita e sull’economia del popolo siciliano, non c’erano al momento dell’inizio del processo riscontri  altrettanto validi.
Voglio portare un esempio che riguarda le energie rinnovabili e l’acqua pubblica, proprio nel momento in cui, dopo la conferenza di Parigi, questi temi sono all’ordine del giorno dell’umanità intera per evitare il rischio del disastro ecologico irreversibile.
E’ stato condannato con sentenza passata in giudicato e sottoposto a confisca di oltre un miliardo di euro un capomastro alcamese Vito Nicastri, che ha ottenuto, prima da Cuffaro e poi da Lombardo, concessioni eoliche e solari fotovoltaiche che poi ha ceduto a sua volta a grossi complessi oligopolistici italiani e stranieri.
Nicastri è stato condannato in quanto prestanome di Matteo Messina Denaro latitante da decenni e successore, come capo riconosciuto dalla mafia, di Riina e di Provenzano.
Per quanto riguarda l’acqua pubblica   Cuffaro e  Lombardo,  luogotenenti dell’ex ministro Calogero Mannino, hanno concesso, in modo truffaldino per pochi spiccioli, alla società Veolia, multinazionale francese dell’acqua, la maggioranza della società pubblica regionale, “Siciliacque”. Veolia attraverso questa società impone un prezzo di monopolio agli acquedotti comunali.
Ultimamente  ha destato  clamore il caso della crisi idrica che ha subito il  Comune di Messina. Il sindaco Accorinti,  del Movimento NoPonte ed ambientalista,  si è visto costretto a rinunziare all’uso dell’acqua del maggiore acquedotto che poteva garantire la piena e totale sufficienza idrica del Comune, per non sottostare al prezzo imposto da Veolia superiore di oltre il 50% a quello richiesto in bolletta dall’amministrazione comunale. La frana dell'acquedotto pubblico di Fiumefreddo, all'altezza di Calatabiano, frana indotta dal mutamento climatico che ha travolto anche abitazioni che erano state costruite e abitate da decenni sul costone sovrastante, ha provocato una lunga interruzione idrica  con grandi disagi per la popolazione.
E si potrebbe continuare con la gestione dell’azienda forestale, delle altre aziende pubbliche come l’ERAS, dell’assunzione di personale e così via.
Se Cuffaro, invece di lanciare avvertimenti ricattatori, confessasse questi suoi crimini ottenendo i benefici riservati  ai pentiti,  si potrebbe facilitare la revisione e l’annullamento delle concessioni eoliche e fotovoltaiche e l’eliminazione di Veolia dalla gestione di “Siciliacque”. Ciò naturalmente non avverrà e allora per la magistratura, per tutte le forze ambientaliste, per il Parlamento siciliano  (in questi ultimi due anni di legislatura) e per lo stesso Crocetta, (che ha, ad esempio, tuonato contro Veolia in occasione dell’approvazione parziale del Progetto di legge di iniziativa popolare promosso dal “Forum per l’acqua pubblica e dei beni comuni”) si delinea  una fase che può sconfiggere il disegno di Cuffaro e dei suoi complici e creare la prospettiva per  un rilancio dell’Autonomia siciliana che nei suoi inizi, bisogna ricordarlo, fu capace di realizzare l’unica Riforma Agraria della Repubblica e soprattutto, attraverso l’Ente Siciliano dell’Elettricità,  il primo Ente pubblico della storia d’Italia del settore dell’utilizzazione idroelettrica, d’irrigazione e ora del consumo civile con oltre un miliardi di mc invasati nelle dighe.
Un ruolo decisivo, in questo processo,  potrà avere il “Comitato per la conversione ecologica della Sicilia” se saprà mobilitare, sotto la  guida dell’ANCI, la stragrande maggioranza dei Comuni siciliani che hanno adottato Piani Energetici Comunali, capaci di superare il 100% dei consumi di elettricità, gas e carburanti e, d’accordo con i sindacati, realizzare la trasformazione, come è avvenuto a Gela, delle raffinerie e delle centrali elettriche di energie fossili in aziende che producono biofuel e un domani anche biocherosene con l’aumento dell’occupazione. La Sicilia diventerebbe così  un esempio per tutta l’area del Mediterraneo per utilizzare le poche aperture contenute nei deludenti, per altro verso,  accordi di Parigi per salvare il pianeta dal disastro ambientale irreversibile.


Nicola Cipolla

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