Burocrati e un sacerdote Gli
insospettabili vicini al clan dei corleonesi
I nuovi
padrini di Corleone potevano contare su un gruppo di fidati insospettabili. Un
sacerdote, qualche impiegato del Comune, alcuni imprenditori, e addirittura il
fratello del sindaco Lea Savona. L'inchiesta dei carabinieri di Monreale
coordinata dal pm Sergio Demontis sta svelando le ultime complicità di Cosa
nostra. Innanzitutto, «un prete di Altavilla Milicia», ha svelato il pentito
Sergio Flamia, ex capomafia di Bagheria: «Rosario Lo Bue, il capo mandamento di
Corleone, mi disse nel 2009 in carcere che quando saremmo tornati liberi avrei
potuto contattarlo attraverso quel prete per le cose urgenti. "Lui
sa", aggiunse. "Ti dirà come incontrarci" ». Chi è il misterioso
prete? Il nome è coperto dal rigido segreto delle indagini, gli inquirenti
stanno cercando di scoprire i rapporti con il capomafia di Corleone, al punto
da fargli da filtro degli appuntamenti. Di certo, Lo Bue faceva di tutto per
apparire un buon cattolico, fra continue citazioni della Bibbia e santo
rosario. Ha invece un nome uno dei contatti più importanti che i boss avevano per tentare buoni affari all'interno dell'amministrazione comunale. E' Giovanni Savona, il fratello di Leoluchina, il primo cittadino di Corleone.
Nel fermo
scattato venerdì, Savona viene definito «soggetto intraneo all'organizzazione
mafiosa». Secondo i pm, Pellitteri parlava liberamente con il fratello del
sindaco anche di questioni relative a Cosa nostra: «Pellitteri confidava al suo
interlocutore di essere molto infastidito nel doversi costantemente rapportare
al capo mandamento per ogni questione». Di certo, Savona ha organizzato per
Pellitteri un incontro al caseificio del Comune di Corleone che interessava
alcuni manager romani. Il 3 settembre dell'anno scorso, in contrada Noce,
c'erano il boss Pellitteri, Giovanni Savona, la sorella sindaco e due
imprenditori. Il sindaco si difende: «Non avrei fatto nulla senza il bando e il
passaggio in consiglio comunale». E sul fratello dice: «Ha un laboratorio caseario,
ed è stato raggiunto da un socio della Coldiretti, Pellitteri». L'indagine
prosegue, dalle intercettazioni emergono diversi contatti dei boss con alcuni
dipendenti del Comune.
Erano i
lavori pubblici a far gola ai mafiosi. Ma anche alcuni imprenditori cercavano
il sostegno dei mafiosi. Non solo per gli appalti. Dice il provvedimento di
fermo che Gaspare Gebbia e suo figlio Pietro avrebbero chiesto a Pellitteri e
Masaracchia di commettere un omicidio per togliere di mezzo una persona «ancora
non ben identificata scrivono i pm – al fine di escluderla da una cospicua
eredità».
La Repubblica, 22 nov 2015
La Repubblica, 22 nov 2015
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