di SALVO
PALAZZOLO
Nelle
intercettazioni sul clan di Corleone le richieste di assunzioni dei mafiosi
Il capomafia
di Corleone, Antonino Di Marco, parlava direttamente con l'assessore comunale
ai Lavori pubblici Ciro Schirò. E gli chiedeva di assumere alcune persone:
innanzitutto, un ex detenuto davvero particolare, il boss Carmelo Gariffo, il
nipote prediletto di Bernardo Provenzano. Poi, un altro parente eccellente
della grande famiglia dei corleonesi. Il boss Di Marco, ufficialmente solo il
custode dello stadio comunale, parlava chiaro con l'assessore: «Ciro, ce li
giochiamo tutti questi voti, vedi che là abbiamo una marea di voti... perché là
sono tutti legati, cosa fa uno fanno tutti». Parole pesanti, che impensierivano
l'assessore Schirò: «Tutti allo stesso posto non è possibile Nino, capiscimi».
Ma non era un «no» assoluto alle assunzioni. Bisogna solo trovare il sistema
per assumere tutti i raccomandati di Cosa nostra nei vari cantieri aperti a
Corleone. E l'assessore, che qualche tempo dopo si è dimesso, spiegava: «Ora
c'è via Bentivegna che deve partire, poi c'è il costone roccioso».
Eccole, le
intercettazioni che raccontano delle pesanti infiltrazioni mafiose all'interno
del Comune di Corleone. Sono agli atti dell'inchiesta del sostituto procuratore
Sergio Demontis che venerdì ha portato a sei fermi. Il 14 maggio dell'anno
scorso, i carabinieri di Monreale e di Corleone ascoltavano in diretta le
pressioni di Antonino Di Marco: «Per quel discorso che avete fatto?». E
l'assessore rispondeva: «No, a Lea per questa cosa e mi ha detto: "Devo
parlare con l'assistente sociale", gli ho detto vedi che la pratica ce
l'hai tu sul tavolino perché l'assistente sociale ha fatto tutte cose».
"Lea" è Lea Savona, il sindaco di Corleone. Le pressioni nei suoi
confronti andavano avanti già da settimane, da quando Gariffo era tornato in
libertà. E il 29 marzo il primo cittadino si era rivolto al comandante della
stazione dei carabinieri. Ma Gariffo continuava a contare sull'assessore Schirò
e sui suoi buoni consigli per trovare un imprenditore disponibile all'assunzione.
Così, Di Marco rassicurava Gariffo: «Siccome con Ciro siamo rimasti che in
questi giorni ci dovremmo sentire e vediamo qual è questo lavoro che dice».
I boss
tenevano parecchio alle assunzioni. E se la prendevano col sindaco. «Il
problema - diceva Gariffo - è che questa all'apparenza sembra tutta
disponibile, però si spaventa. Ora quando tu trovi a qualcuno che non ha la
spina dorsale per poter fare certe cose. Tu capo dell'amministrazione sei... io
non ti dico che non lo vuoi fare, tu acchiappa un tecnico, acchiappa un
consigliere, senti spirugliami queste cose, e invece non fa neanche questo». In
un altro dialogo, Gariffo diceva: «Quante persone ci sono che dicono... a
disposizione, a disposizione, abbiamo un esempio, il sindaco, a disposizione, a
disposizione. Fallo».
La Repubblica, 24 novembre 2015
Nessun commento:
Posta un commento